Famiglia
Le carriere degli insegnanti
Nel mio primo contributo su Gli Stati Generali, “Il tempo della scuola, una replica”, ho argomentato, in risposta ad un articolo di Antonio Vigilante (che, peraltro, mi ha onorato con una replica), in merito alla mia opinione sulla professionalità insegnante, sulla percezione della stessa nel mondo extra-scolastico, e ho concluso proponendo alcune linee di indirizzo per migliorare l’immagine della professione per la quale mi sono speso in quel ruolo e per la quale è mio interesse spendermi anche in quello di dirigente scolastico.
Nella logica dell’ “amico Plato, sed magis amica veritas”, col presente contributo provo a dettagliare una di quelle proposte: le carriere degli insegnanti.
Innanzi tutto uso il plurale perché esistono almeno due filoni entro i quali tali evoluzioni possono svilupparsi: quello didattico/pedagogico e quello organizzativo. Entro il primo vedo, ad una prima analisi, le seguenti opzioni: didattica CLIL, cattedra mista, tutor/supervisore dei/lle collegh* e degli/lle student*. Nel secondo ambito si collocano le figure di staff (vice preside, fiduciari di plesso e funzioni strumentali, ma anche direttori di dipartimento, coordinatori di classe, referenti di rete o di progetto).
Per passare ad una scuola pedagogica, temo che occorra un certo pragmatismo e sia conseguentemente necessario accettare che la transizione non possa che essere lunga perché occorre superare visioni culturali obsolete, ma persistenti nella percezione odierna della professione. La proposta, quindi, è abbastanza semplice: occorre che il 30% del corpo insegnante di una singola scuola faccia parte di questo “staff allargato” e che tale status sia legato alla scuola. Tale status deve essere reversibile secondo due modalità: il trasferimento ad altra scuola o la rinuncia. A titolo di esempio, invecchiando si potrebbe passare al doppio lavoro di “badante di suoceri”, cosa che potrebbe risultare incompatibile per scelta personale con un certo tipo di incarico, come testimoniato dai molti contratti part time che sono diffusissimi nel mondo della scuola.
Sul fronte del trasferimento, oggigiorno esistono di due principali motivazioni: avvicinamento a casa o migrazione verso “scuole migliori”. Queste rimarrebbero intatte, ma se ne potrebbe generare una terza: trasferimento verso scuole dove l’insegnante è ricercato per il profilo professionale necessario alla scuola medesima. Quindi un trasferimento verso un avanzamento di carriera. Faccio notare come tra i dirigenti scolastici esistono diverse fasce stipendiali legate alla complessità della scuola stessa. Nessun dirigente che lavori in una scuola di prima fascia, complessa quindi per un motivo o per l’altro, chiede il trasferimento al liceo bene per il semplice motivo che guadagnerebbe di meno. Con le carriere degli insegnanti, come provo ad illustrare, introdurremmo questo meccanismo anche per loro.
Naturalmente questo tipo di trasferimento dovrebbe essere garantito a scavalco e, persino, a sostituzione, giacché un(’)insegnante che davvero serve a quella scuola, non può mettersi in coda secondo il principio dell’anzianità. Si tratterebbe, quindi, di una “chiamata reciproca”.
Gran parte dell’investimento per introdurre le carriere potrebbe essere reperito nel FIS (Fondo di Integrazione Salariale, detto anche Fondo d’Istituto), il fondo che ogni anno viene erogato alle scuole per finanziare le attività aggiuntive di cui si fa carico il personale della scuola (quello che nel mio primo articolo ho chiamato “cottimo”). Un benefico effetto collaterale di questa riforma sarebbe quello di limitare gli inevitabili attriti che nascono nella contrattazione interna dove occorre spartire la torta tra tutto il personale. Gli incarichi potrebbero essere categorizzati a monte e retribuiti in maniera forfettaria, direttamente nello stipendio. Beninteso, a tali incarichi non deve corrispondere un mansionario rigido, perché la realtà è cangiante e varia, come questa pandemia ci ha dimostrato.
Mi produco ora in brevissime descrizioni di ciascuna carriera, consapevole del fatto che i diversi ordini di scuola possono produrre idee aggiuntive da sviluppare.
- Supervisore/tutor dei collegh*: è una figura che attualmente manca, tranne che per l’anno di prova dove occorre individuare un tutor. La figura dovrebbe invece diventare sistemica perché il confronto con un pari, formato ed esperto in didattica, rompe l’isolamento del docente, previene dal burnout e aiuta ad evolvere verso didattiche efficaci. Naturalmente la formazione pedagogica dei supervisori dovrebbe essere solida e programmata.
- Tutor degli/lle student*: gli studi “evidence based” mostrano una cosa che è tanto semplice quanto importante. Nell’apprendimento il feedback è importantissimo. Per questo non bastano le lezioni, ma occorrono didattiche partecipate (per questo la professionalità insegnante si deve evolvere), ma anche attenzione alla persona. Un docente può essere tutor dei propri studenti (o di quelli degli altri) se sono previsti tempi e modi deputati. Oggi sono quelli pagati a cottimo coi corsi di recupero. Sono quindi sporadici, volontaristici e poco pedagogici. Occorre invece che oltre al bisogno materiale (recuperare un compito in classe, ad esempio) ci sia una presa in carico che faccia sentire lo studente una persona e non un numero.
- Insegnante CLIL: si tratta di una tipologia entro la quale difficilmente è immaginabile una retrocessione. Un avanzamento stipendiale garantito, supporterebbe gli sforzi di chi ha raggiunto livelli linguistici e metodologici adeguati, ma oggi non si spende perché non ne ha vantaggio alcuno. Lo scrivente è di livello B2 e se mi avessero promesso 200 euro al mese in più, di certo mi sarei impegnato per raggiungere il livello C1 necessario per corrispondere appieno ai requisiti. Ho sempre insegnato anche in modalità CLIL col mio livello linguistico perché lo ritenevo utile (nella mia modesta esperienza, ero già “tanta roba”), ma ho regalato e quindi ce n’era d’avanzo.
- Cattedra mista: con questa modalità si potrebbero riportare moltissimi insegnanti specializzati sul sostegno, passati su posto comune, all’insegnamento su sostegno che, per il titolo aggiuntivo, dovrebbe essere considerato un avanzamento di carriera e non uno strumento per accedervi. Il passaggio alla materia è causato da diversi motivi, tra questi quello di non subire angherie da parte di collegh* in una relazione asimmetrica dove spesso l’insegnante più giovane soccombe. Occorre quindi avere insegnanti di sostegno mediamente più anziani perché abbiano più potere negoziale in aula. Necessario, quindi, è l’incentivo economico che trasformi le cattedre di 18 ore in 16+4 o 12+10 o in 9+15 (rispettivamente di materia e di sostegno) riverserebbe consistenti vantaggi per gli studenti disabili, trovandosi ad avere insegnanti specializzati a partire dal primo giorno di scuola. Gli stessi insegnati, di fronte alle angherie potrebbero serenamente ribattere: ora guadagno di più.
- Figure di staff: la scuola ha bisogno di figure di questo tipo e la loro funzione è varia quanto, spesso, autoevidente. Alcune di queste sono già state elencate più sopra e non sembra utile scendere nel dettaglio di ciascuna di esse per questo motivo. Le si articola a questo punto in un elenco più ricco: vice preside, fiduciari di plesso, funzioni strumentali, animatore digitale, direttori di dipartimento, coordinatori di classe, referenti di rete o di progetto, membri di commissioni (orario, registro elettronico, sicurezza, viaggi d’istruzione, internazionalizzazione/Erasmu, PON…) e chi più ne ha, più ne metta. Risulta evidente il fatto che fin a quando queste figure saranno a cottimo, più difficile sarà che piantino radici e meno caratteristica sarà l’immagine e il profilo di una scuola che resterà anonima perché c’è differenza tra matrimonio e flirt.
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