La fase due

La montagna ha partorito il topolino.

Due mesi dove scienza, etica e buon governo si chiudono nella stanza dei bottoni per uscirne con una soluzione pasticciata e confusa che vola nell’aria ruffiana e leggera dell’ultimo sabato sera di lock down.

Una vigilia un pochino inquietante questa a metà tra Notte prima degli esami e I Visitors, dove pare ormai chiaro che il vero nome della fase due è F@se 2 CØgL1Øn1.

Che le cose fossero confuse già affiorava dalle indicazioni ballerine di questa settimana: “quando corri la distanza deve essere di  due metri, no tre, anzi facciamo cinque, puoi andare a trovare la mamma ma anche la zia acquisita purché tu abbia con il/la di lei nipote un matrimonio o unione civile e mentre l’amico? No, l’amico deve essere vero e  allora l’affetto deve essere stabile…..”

Una qualsiasi riunione preliminare del fantacalcio brilla per intelligenza e scaltrezza rispetto ai percorsi  oscuri che sembrano aver guidato la fantomatica quanto imbarazzante “cabina di regia”.

Nessuno mette in dubbio la difficoltà di organizzare una macchina relazionale che renda i contatti tra le persone più sicuri, ma non condividere il criterio che sta alla base di queste scelte significa pensare che il cervello dei cittadini non esista.

Se il criterio di chi si può incontrare è, come tutti noi immaginiamo, basato sul numero di contatti allora per quanto pesante e antipatico, che ci facciano fare un elenco di persone stabilito.

Sicuramente i contatti famigliari si chiudono in un cerchio ma anche le famiglie amicali conoscono la stessa regola, sostanzialmente sono nuclei che si chiudono in relazioni intrecciate.

Questa fase non ha nessun numero poiché questo è un cambiamento epocale e indipendentemente da quanto durerà è già durato abbastanza per cambiarci.

E adesso ognuno di noi ha bisogno di quelli che ha scelto (lui/lei e non il governo) come famiglia e sarebbe utile far sapere a Conte e ai suoi che, se ci chiederanno altri sacrifici, dovranno spiegarci il perché.