Famiglia
La democrazia e i bambini
I bambini. “Il nostro futuro”, come li chiama qualcuno. “Piccoli mostri” per qualcun altro. Esseri umani di pochi mesi o anni di vita, incapaci di intendere e di volere per la legge, è difficile capire cosa vogliono, di cosa hanno bisogno. Non hanno diritto di voto e quindi alla politica interessano fino a un certo punto.
In Italia ce ne sono sempre meno, non trovano le condizioni giuste per nascere e crescere. È un bene? È un male? I sostenitori della prima tesi ricordano che viviamo in un mondo sovrappopolato: tra poco saremo 8 miliardi di persone e non c’è cibo e acqua per tutti. E questo mondo è già giovane, già pieno di bambini che non hanno di che sopravvivere, figuriamoci se riescono a studiare: perché aggiungerne altri? E poi mille altre prove seguono a sostegno di questa tesi, che abbiamo già sentito. Ad esempio fare figli non è più un obbligo, lo scopo della vita, e non dà alcuna superiorità morale, anzi è egoista mettere al mondo qualcuno senza essere in condizioni di dargli tutte le opportunità. E possiamo continuare.
Chi pensa che sia un male il crollo delle nascite, afferma che l’Italia non crede più in sé stessa, nel proprio futuro, non ama la vita, non riesce a immaginarsi domani. Da queste affermazioni ne derivano altre che conosciamo: siamo fatti per vivere e generare, o almeno in natura funziona così e, almeno per la scienza, l’uomo è ancora classificato come animale. Non volere figli è anche da egoisti, perché procreare è un atto di generosità e di amore. Se siamo troppi? Ci pensano scienza e tecnologia, che stanno facendo passi da gigante.
È una storia già vecchia, una diatriba lunga. In Italia tutto deve essere sempre in discussione, nulla può essere scontato, pacifico, condiviso. Ma una cosa è certa: in questi tempi di estremismi, in cui riscopriamo i valori e le gioie del vivere in una democrazia, imperfetta ma funzionante, è giusto, è democratico che ciascuno scelga come vuole ma soprattutto che lo Stato metta ognuno in condizione di comportarsi conseguentemente alla propria scelta. E siccome lo Stato siamo noi, proprio noi dobbiamo partecipare in questo senso. In altre parole una democrazia e i suoi cittadini consentono di fare figli a chi li desidera e di non farli a chi sceglie diversamente. Ma occorre preoccuparsi anche del dopo: lo Stato e i responsabili, come datori di lavoro, medici, insegnanti e così via fino agli albergatori e a tutti i gestori di locali pubblici, hanno il dovere di condividere con i genitori il peso della crescita dei bambini, i nuovi cittadini, consentendone lo sviluppo.
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