Famiglia

Il punto sulle adozioni consentite in Italia

31 Gennaio 2017

Meglio soli in orfanotrofio? Oppure accompagnati da coppie omosessuali o single? L’Italia non sembra avere il coraggio di decidere davvero sulle adozioni di bambini. Alessandra Aragno, giudice per i minori a Torino, spiega perché siamo in mezzo al guado e cosa è o non è consentito fare e perché.

Partiamo dalle cosiddette adozioni gay: in Italia sono consentite?

Se per adozioni gay intende la possibilità da parte di coppie omosessuali di dare la loro disponibilità per procedere all’adozione di un bambino, no, questo non è consentito. Perché a questo tipo di adozione, cosiddetta legittimante, possono accedere solo le persone unite in matrimonio da almeno tre anni.

Si tratta, questa del matrimonio, di una scelta fatta dal legislatore, ovviamente in aderenza alla storia e cultura cattolica del nostro Paese, sempre reputata legittima anche dalla giurisprudenza internazionale in quanto ritenuta non sindacabile nella sua discrezionalità.

E invece un partner di una coppia omosessuale può adottare il figlio dell’altro partner?

Si potrebbe attraverso l’istituto della adozione in casi particolari, disciplinata dall’art. 44 lett. D del Codice civile e quindi adozione di un bambino specifico con il quale l’adottante ha già instaurato un rapporto. Questo è ammesso da alcuni giudici e negato da altri a seconda dell’interpretazione che viene data alla formulazione letterale e alla ratio della norma. Certamente il fatto che una recente sentenza della Cassazione (giugno 2016) abbia accolto un tale tipo di domanda può mutare il quadro giurisprudenziale ma, anche in considerazione del fatto che non si tratta di una pronuncia a sezioni unite, si è ancora lontani da una uniformità di giudizi.

I single in Italia possono adottare?

Vale quanto detto prima: non è consentita l’adozione legittimante.

È invece permessa in casi particolari: lo dice espressamente la norma. Quindi il single non può dare la sua disponibilità ad adottare un qualunque minore ma solo quel minore con il quale abbia già instaurato un rapporto di fatto, ad esempio perché il bimbo è stato a lui/lei affidato da anni.

Perché adottare è difficile pur essendoci tanti bambini nel bisogno?

I bambini dichiarati adottabili con sentenza emessa da giudice italiano, la cui adozione è portata avanti dai Tribunali minorenni e dai servizi sociali, vengono tutti dati in adozione, salvo che si tratti di bambino per il quale non si riesca a trovare una famiglia disponibile a causa della sua età avanzata (intendo dai 12 anni in su) o di suoi handicap o ritardi.

Ma allora dove sta la difficoltà?

È l’essere ammessi all’adozione, cioè essere dichiarata coppia idonea all’adozione. Ma una severa e rigorosa valutazione, ovviamente del tutto discrezionale, per quanto fatta da professionisti, con tutte le enormi implicazioni che ciò comporta, è assolutamente necessaria poiché il percorso adottivo è, quasi sempre, un cammino irto di difficoltà che richiede che i genitori adottivi abbiano una struttura di personalità molto solida.

È vero che le case famiglia ostacolano le adozioni perché più bambini trattengono più incassano dallo Stato?

Si tratta di affermazione assolutamente falsa, anche perché chi gestisce la casa famiglia non è il servizio sociale che redige le relazioni su come sta il bambino e così via. Io lavoro a Torino che sicuramente è una isola felice, ma escluderei che fenomeni del genere possano accadere in altri luoghi.

L’adozione da parte dei single presenterebbe dei rischi per i bambini?

Se con questo intende possibili rischi sulla psiche del minore, le più recenti teorie psicologiche affermano che oggigiorno la “genitorialità” è una nozione aperta e dinamica. Non si può affermare che una certa forma famigliare, come quella “tradizionale”, sia, per definizione, garante della qualità dello sviluppo di un minore. Quello che conta è la qualità delle relazioni che si instaurano fra genitore/genitori e il minore e non la forma della famiglia entro la quale il minore vive. Queste teorie evidenziano anche che gli studi di settore fatti per dimostrare, invece, il contrario, presentano dei limiti di ordine metodologico e contenutistico e, pertanto, non sono attendibili.

Ciò che invece è rilevante è il contesto socio-ambientale in cui si sviluppa il minore. In altre parole, quello che può danneggiare lo sviluppo psicofisico di un bambino non è essere parte di una famiglia gay, ma se l’ambiente circostante giudica negativamente il suo essere parte di questa famiglia.

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