Famiglia
Domenica di un paterno Novembre
Dove ti trovo adesso?
Io lo so che mi sei sempre accanto
Nella sciagura
O mentre insegno.
A volte mi chiedo come l’avresti spiegata
Questa cosa al posto mio
E ricordi quando per un anno ti trovasti
A spiegarmi economia?
Non ci capivo nulla
Eppure alla fine ci sono riuscita.
Franco a bordo
Nella mia vita mi sei accanto
Ovunque io mi gira non mi sembra mai
Di averti visto tanto.
Novembre, giornata autunnale, il cielo rimesta umori mai spenti e io mi sono recata al cimitero, ciascuno portava con sé il suo carico di dolore, c’era chi mostrava un dolore più acceso poiché il defunto era trapassato da poco, chi con serenità e mestizia recitava preghiere, chi ancora scambiava con un parente un ricordo particolare o una peculiarità di chi non c’è più. Tutti condividevamo lo stesso dolore, quello della perdita, quella che difficilmente si scorda, che sebbene lo custodisci ogni giorno silentemente, si rinnova quando fai visita alle anime trapassate.
Quest’atmosfera di Covid, di morte incipiente non facilita certo a scacciare via l’idea della morte, mi sono interrogata allora su come la folla che popolava il cimitero riusciva a convivere con la restrizione e i divieti impongono alle loro vite quotidiane. Mi fermo a parlare con un papà di due bambine che lamentava il fatto che tenerle in casa è una situazione davvero pesante e lui stesso era preoccupato per il suo lavoro, diceva che temeva fortemente la diffusione di questo virus e cercava di limitare quasi del tutto le uscite, consentendo solo quelle strettamente necessarie.
Si è avvicinata poi un’altra famiglia, anche questa aveva due figli di età più grande, il papà è un fornitore di supermercati di prodotti agricoli, si muove sul territorio, esponendosi a rischio e, come consapevolmente ammette, teme di essere un potenziale veicolo di virus. La didattica a distanza è un problema, riescono a seguire con maggior fatica, mi dicono, lamentano la difficoltà di seguirli, dovendo spesso supplire a una figura per la quale non erano preparati. L’esposizione prolungata agli strumenti tecnologici, l’impossibilità di recarsi fuori per passeggiare o incontrare amici, rende i ragazzi più inquieti, più stressati, più lagnosi.
In quest’atmosfera che evoca tristezza, in questa Domenica buia dove anche il sole sembra stanco di splendere, c’è un angoscia perenne che aleggia nell’aria, un pessimismo generalizzato. Quanto più progressivamente aumentano le chiusure, tanto più l’animo umano abbassa le sue luci.
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