Famiglia
Cari papà separati, evitiamo di farci del male anche con le parole
Come molti nella mia condizione (divorziato), sono iscritto a uno dei gruppi su Facebook di padri separati. Come è facile intuire, sono gruppi nati per confrontare le esperienze, scambiarsi consigli, a volte farsi forza a vicenda. Dove i papà “guerrieri”, come alcuni amano definirsi, trovano a volte nei percorsi altrui la strada da seguire per non perdere l’affetto dei figli dopo che il matrimonio è andato a monte.
Purtroppo, anche questi gruppi non sono immuni da quanti praticano una violenza verbale che a volte trascende il buon senso.
Una violenza che, statisticamente, raggiunge il suo picco massimo sempre il 25 novembre, nella giornata dedicata alla donne vittime di violenza di genere.
Oggi uno degli iscritti ha postato l’articolo di un blog dove si legge:
Secondo l’autore del blog (il post risale a due anni fa), la “calunnia femminista” nasconderebbe le vere cifre del fenomeno, che lui riporterebbe correttamente nella maniera seguente:
I commenti più numerosi all’articolo sulla pagina del gruppo usano toni verbali abbastanza sopra le righe.
La separazione e il divorzio, come tutti i distacchi, possono essere paragonati a un lutto. Si riesce ad accettare e ad elaborare la fine del matrimonio, più difficile (quasi impossibile) accettare il distacco dai figli. Soprattutto se questo è avvenuto con modalità che hanno visto uno dei genitori dover soccombere di fronte ad accuse che poi, nel corso degli anni, magari si sono rivelate false. Nel frattempo, però, il danno è fatto: basta la parola di un’assistente sociale, di una neuropsichiatra infantile che non sappiano fare il proprio lavoro (e purtroppo accade più spesso di quanto si creda) che l’uomo (in questi percorsi generalmente è lui l’accusato) è “condannato” a priori.
Se si va fuori da qualsiasi mensa della Caritas, non è difficile vedere, ormai, in fila anche padri separati. I giornali non è vero che non ne parlino e alcune Regioni stanno predisponendo misure a loro favore, visto che la nuova condizione li catapulta in una condizione di povertà che sicuramente non avevano mai considerato in precedenza.
Reclamare però una giornata contro la violenza (psicologica) sugli uomini, istigare a “prendere a ceffoni” una persona solo perché dello stesso sesso di chi si ritiene abbia provocato tanta sofferenza, non è la strada da seguire.
Il rischio è che un giorno i nostri figli leggendo quei post possano pensare all’equazione “padri separati uguali padri violenti”. Uomini che odiano le donne, insomma. Ne andreste orgogliosi, cari papà separati?
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