Famiglia
Amor di mamma
Leggo che una signora finlandese, Elin Mattsson, pittrice, da poco trasferitasi con tutta la famiglia in Sicilia, precisamente a Siracusa, sia rimasta assai scontenta della scuola dove aveva iscritto il suo bambino di 6 anni e di quella dove andava invece il più grande di 14 anni. Ha così scritto una lettera aperta al giornale Siracusa News, sentendosi in dovere di motivare la propria scelta. Tutto risale allo scorso ottobre ma è diventata pubblica solo da poco, quando il giornale ha pubblicato la sua lettera, non scritta in italiano.
Una delle ragioni della scontentezza generale era che, secondo la sua idea di scuola per l’infanzia, che rispecchiava il modello finlandese, i bambini non passassero abbastanza tempo fuori a giocare ma troppo tempo sui banchi. Non solo, ovviamente. Un altro punto su cui era abbastanza stupita era il traffico urbano da scavalcare per arrivare a scuola. “Ci sono bastati due mesi per renderci conto che non ne valeva la pena” parole sue. Per questa ragione, dice lei a nome della famiglia, ha pensato di trasferirsi in Spagna, precisamente in Galizia, dove starebbero meglio tutti quanti. La signora dice che ha viaggiato molto, vivendo in Gran Bretagna e in Spagna, ma sono bastati due mesi per capire che vivere in Sicilia non era roba per loro, trovando il sistema scolastico inadeguato. Non si capisce perché abbia scelto la Sicilia, visto che si è trovata bene da altre parti. Della famiglia farebbe parte anche il marito di lei, che viaggia al seguito e non si è espresso. Ma dev’essere d’accordo, evidentemente.
Ora, siamo noi i primi a riconoscere che il sistema scolastico italiano andrebbe rivisto, dopo gli infami risultati degli studenti al concorso per magistrati, che significa tante cose insieme, visto che tutti quei laureati, provenienti dall’intera Italia, avranno avuto un percorso a ostacoli comune, a partire proprio dall’asilo, magari, ponendo un problema di istruzione generazionale. E siamo noi i primi a scandalizzarci di come tutti i ministri della pubblica distruzione abbiano contribuito a dare ognuno la propria mazzata a un sistema che, storicamente (e direi per fortuna), ha spesso privilegiato il contenuto alla forma e che ancora si regge su quello, sebbene molto annacquato da una gimkana burokratika che lo sta annientando.
E riconosciamo pure che ci sia poco spazio per la natura e per l’aria aperta. C’è anche stato un servizio su Report sulla scuola finlandese e i suoi benefici, dove si accentuava la facilità di mobilità su due ruote che ci sarebbe lì. Bello sforzo, in Finlandia tutto è piatto e quindi è più facile muoversi in bicicletta, in Italia il terreno è parecchio più mosso e non tutte le città sono in piano e attrezzabili per le piste ciclabili. Inoltre in Finlandia la densità abitativa è di 18 abitanti per km2, mentre in Italia è 200. Qualcosa vorrà dire rispetto al traffico e all’urbanizzazione.
La lettera continuava dicendo che “In Finlandia i bambini, dai 7 ai 12 anni, vanno a scuola da soli, usano la biciletta o vanno a piedi, e se abitano a più di 5 km prendono il taxi/bus della scuola”.
In effetti fare del movimento può far bene, se ci sono piste pedonali e ciclabili, ma dove non ce n’è il bambino deve fare molta attenzione e non è sempre facile responsabilizzare i bambini se non sono abituati. I nostri sicuramente sì, ma i finlandesi, davanti al traffico di Siracusa si saranno spaventati, così come si è spaventata la mamma premurosa. E, anziché dir loro “adattiamoci perché la realtà qui è questa” ha preferito fare le valige dando un segnale di rinuncia alla prole, ossia quando si incontra un ostacolo, anziché affrontarlo, si fugge. Non è una bella cosa. I poveri bambini non devono essere stressati, perché qualsiasi esperienza stressante li condanna. Piuttosto che insegnar loro a riconoscere lo stress e combatterlo, si fugge lo stress in modo da evitare il problema. ’Sti figli non cresceranno mai con una madre, e sicuramente anche un padre, così. Io tornavo a scuola da solo, a piedi, ma solo dalla seconda media, e la scuola stava a quasi tre km da casa. Immagino che lo facciano ancora parecchi ragazzini, e non intravedo alcuna difficoltà. Non c’erano né piste pedonali né piste ciclabili, solo strisce pedonali, ogni tanto, e il traffico di Palermo, lo diceva anche Benigni in Johnny Stecchino, è il problema di questa città.
La mamma finlandese, che viaggia colla famiglia al seguito, pensando di stare in un paese unico da Helsinki fino alle Canarie, ha un’idea assai personale del viaggiare e del conoscere il mondo. Mi chiedo come si faccia a decidere di stabilirsi in Sicilia senza conoscerla, cosa che significa capire un po’ meglio la sua storia, il suo clima, il suo territorio, la sua gente, la lingua ufficiale, i vari contesti urbani, e così via. Soprattutto il rapporto della gente col territorio, che per un artista come lei forse è fondamentale. E tutte queste cose si acquisiscono nel tempo, giorno dopo giorno, non bastano due mesi (due mesi!) per capire. Ma questo vale per qualsiasi posto nel mondo. L’Europa non è un paese come gli Stati Uniti o il Brasile, dove si parla la stessa lingua e ci sono le stesse leggi e lo stesso sistema scolastico, pur nella diversità territoriale. L’Europa è una cosa del tutto diversa.
La signora confonde la forma colla sostanza perché la sua lamentela non si è rivolta al cosa e al come veniva insegnato qualcosa ai suoi figli ma a dove si svolgevano le “lezioni”. Non solo. La forma e il contenuto con cui la signora si esprime in quella lettera denota un approccio alla realtà estremamente epidermico, e con superficialità lei affronta un sistema complesso in un altro sistema complesso, ossia il sistema educativo in un paese diverso dal suo, dove si parla un’altra lingua e si ha un’altra cultura. La semplificazione che, in questo caso, significa banalizzazione. Lei crede, da figlia superficiale dei nostri tempi, che tutto si risolva andando da un paese all’altro senza capire una beneamata. E così fan tutti quelli e quelle che hanno elogiato la sua critica senza un minimo di analisi del contesto e dei contenuti. Ha ragione e basta.
Sono certo che in Finlandia i bambini li lascino liberi di giocare nel fango in giardino anziché stare in un’aula a fare delle cose, e sono certo che la signora è informatissima sui metodi all’avanguardia della pedagogia infantile, ma non ha fornito una sola informazione sui contenuti di ciò che imparano. È bastato solamente il fatto che i bambini non passassero abbastanza tempo all’aperto, secondo il suo metro personale, per decidere di cambiare addirittura paese e screditare il sistema scolastico italiano.
Ora, se colei ha scelto l’Italia, e in particolare la Sicilia, e ha deciso che tutte le scuole (gli asili?) d’Italia agiscono nello stesso modo, senza informarsi, senza capire, soprattutto, un bel niente della realtà, quella signora è una poveraccia che non ha compreso nulla del mondo che la circonda.
Non è andata a cercare un altro asilo (ricordiamo che i bambini che giocano stanno all’asilo non alle elementari) che la soddisfacesse, magari lo avrebbe trovato, e magari non a Siracusa ma a Catania, città più grande e con maggiori probabilità di trovare qualcosa di più idoneo al suo pupo, visto che era la sua priorità. Così come si è trasferita in Galizia poteva trasferirsi da Siracusa a Catania, più facile, se la priorità era l’istruzione dei figli.
Ciò che mi fa rimanere di sasso è la necessità di colei di rivelare al mondo come abbia dovuto scegliere di trasferirsi armi e bagagli in Spagna, paese che io adoro e dove mi sarei trasferito se non stessi già abbastanza bene in Sicilia – al contrario di colei, pur con tutte le difficoltà del caso, perché di difficoltà ce n’è – unicamente motivandolo colla mancanza dell’esperienza dell’aria aperta a scuola per il suo pargoletto.
Chissà che capisce del mondo una così. Chissà come viaggia e che cosa significa viaggio per una così. Ci si fa l’idea che dev’essere una talmente accecata dalla sua visione finlandese che non si cura se il suo piccolo avesse iniziato a comunicare cogli altri piccoli locali per scoprire un mondo diverso o comune, come sicuramente non lo ha fatto lei, e catapultarlo improvvisamente in un’altra realtà come se fosse un pacco al seguito. E, soprattutto, da una che non comprende il mondo intorno a sé non si può accettare una visione così superficiale e anche ingiusta di un sistema che lei non può capire perché non ci arriva. Ma non ci arriva perché non ha né la preparazione per arrivarci né la disponibilità ad aspettare se il metodo diverso può funzionare, chissà, anche meglio. Due mesi e ha capito tutto.
E poi, in che mesi ha iscritto i figli a scuola, quanto ce li ha tenuti, come ha fatto a impedir loro di frequentare senza che gli assistenti sociali si interessassero di lei e della sua famiglia, cos’era? Una turista, forse.
O, forse, ha preferito non rivelare che magari ha avuto improvvisamente un’offerta di lavoro più conveniente in Spagna e quindi ha dovuto trasferirsi lì, perché è la prima cosa che si pensa leggendo simili banalità, recitando il ruolo della mamma scontenta per non passare da mamma egoista e così, a senso suo, far figura, soprattutto raccontandolo a sé stessa.
Può anche darsi che abbia visto che la calura estiva a Siracusa è abbastanza pronunciata e anche per questo magari stare fuori a giocare sotto il sole e con quel caldo può far più male che bene se non hai una piscina a disposizione o, meglio, il mare. Sicuramente in Galizia, col clima oceanico, è più fresco. Ma è solamente un pensiero, visto che la famiglia proviene da climi glaciali e può non essere abituata alla calura mediterranea.
Facciamo presente che, negli asili finlandesi, secondo la legge vigente, i bambini fino a 7 anni giocano e basta. Dai 7 anni in poi è consentito imparare a leggere e scrivere. Gli insegnanti finlandesi credono che, giocando, i bambini imparino meglio le cose anziché costretti su un banco a imparare “A segno di ape maiuscolo”, eccetera, peggio mi sento colle astine. Secondo quegli insegnanti col vecchio metodo non si sviluppa la passione. Questo è il metodo didattico oggi. Abbiamo da imparare dalla Finlandia? Forse no. Se il risultato della scuola finlandese è l’approccio alla realtà di codesta signora e mamma, qualche dubbio viene.
Bisognerebbe far notare alla signora finlandese che in Spagna, di cui la Galizia fa parte, la scuola primaria, che corrisponde in parte alla scuola elementare italiana, inizia a 6 anni, e anche lì credo che comincino presto a insegnare ai bambini a leggere e scrivere. Ma contenta lei, contenti tutti.
Io, nella mia ormai antidiluviana esperienza, ricordo che alla scuola elementare – che io iniziai senza ancora aver compiuto i 6 anni perché nato in dicembre – sapevo già leggere e scrivere qualcosa perché la nonna mi aveva preso da parte e con pazienza si metteva lì a insegnarmi A segno di ape maiuscolo, oltre a raccontarmi tante storie su Cola Pesce, Giufà e le opere liriche. E avevo pure fatto l’asilo due anni prima, dove giocavo perfino un po’ nel giardino, ma imparavo anche a disegnare sul banco, non una volta alla settimana ma ogni giorno, alternandosi il banco al gioco, e poi cantavamo, tutti stonati, le canzoni dello zecchino d’oro. Dove, comunque, la maestra ci faceva vedere come si piantavano i semi, e ci leggeva delle storie. Io mi ricordo quell’asilo. Mi ricordo anche che facevamo un casino micidiale, trenta bambini scatenati. Non mi sembra di essere venuto su poi così male, e, soprattutto, abbastanza informato fin dall’infanzia. Certo, io sono un privilegiato perché ho avuto una famiglia che mi è stata dietro. E avevo i miei spazi e la conoscenza della natura alla fine della settimana, quando papà ci portava fuori, giardini, orti botanici, foreste. Non tutti sono così fortunati e le famiglie più disagiate, oggi, hanno diversi problemi ai quali nessun ministro della pubblica distruzione ha messo mano. Ma non si risolve col gioco e col tempo passato all’aperto il problema, è molto più radicato e con varie sfaccettature, impossibili da vedere a una che viaggia solo sulla superfcie del mondo.
Ad ogni modo, secondo il sistema finlandese, i bambini fino a 7 anni devono giocare e basta e la suddetta mamma è tanto convinta della bontà di quel sistema che vorrebbe estenderlo al mondo intero. Povera cara. Chissà se in Spagna avrà trovato il metodo finlandese. Dubito.
Tante sono le cose irritanti di questa storia. La più irritante è questo atteggiamento svaporato da social I LIKE I DON’T LIKE con pollice su o giù ormai sdoganato, come se colei dovesse mettere le stelline a un ristorante o a un albergo. Tanto poi riparte e se ne va, nomade per scelta e forse influencer per i suoi dipinti. Invece attacca una cosa così seria e importante come il sistema scolastico senza capirne nulla. Inqualificabile. Equivale al commento di una qualsiasi influencer che dice di preferire la “lettura” di un libro colle figure (come fanno i bambini fino a 7 anni in Finlandia) a un romanzo di Tolstoj o Saramago. Noi, a 7 anni, conoscevamo già le imprese di Ulisse, semplificate, certo, e non in esametri dattilici, ma raccontate come qualcosa di avventuroso e nei libri di lettura (sì, c’erano già anche i libri di lettura, in seconda elementare, semplici e con molte figure ma c’erano) c’erano accenni su Polifemo e Scilla e Cariddi, che ai bambini accendono la fantasia. Dubito che in Finlandia parlino di Kalevala (pur semplificata), che è la loro saga, a 7 anni se non sanno ancora tenere una penna in mano. Come inquietante è l’atteggiamento di chi la difende prendendola sul serio, codesta mamma. Analfabeti della vita, oltre che tasci. Io i suoi dipinti non li ho voluti nemmeno vedere perché farsi pubblicità con questi mezzucci lo trovo veramente e fortissimamente tascio. Family Thunberg’s Scandinavian Style, si mettono ipocritamente in prima fila sempre i bambini.
Come dice una canzone dello Stato Sociale: una vita in vacanza, niente nuovo che avanza.
E, come dice un’altra canzone di Carmen Consoli: confusa e felice.
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