Partiti e politici
Enrico Letta sta con gli italiani che soffrono, o con Matteo Renzi?
Ma come può il Partito Democratico tener viva – mi si perdoni il gioco di parole – l’idea di un’alleanza con Italia Viva? È una domanda legittima, che nasce non tanto da considerazioni di tipo elettoralistico (Italia Viva, secondo tutti i sondaggi, vale circa il 2% delle intenzioni di voto), quanto per motivi politici, culturali e – se ci è ancora concessa questa parola in un’epoca di profondo edonismo – morali.
Qualche giorno fa, ad Assisi, Matteo Renzi ha dichiarato “io voglio mandare a casa il reddito di cittadinanza perché voglio riaffermare l’idea che la gente deve soffrire”. Forse Matteo Renzi ignora che decine di milioni di italiani già soffrono. E soffrono anche tanto. Partiamo dai 5,6 milioni di cittadini in condizioni di povertà assoluta, persone che hanno difficoltà persino a fare un po’ di spesa per se stesse e i loro figli. Renzi ha mai avuto difficoltà a fare la spesa? Ha mai dovuto rinunciare, per settimane, a mangiare un etto di prosciutto o una fettina di carne?
Ma soprattutto: il PD, erede del PCI e dell’ala progressista della DC, è interessato a difendere questi 5,6 milioni di italiani (che, forse vale la pena ricordarglielo, sono anche elettori), o no? E se la risposta è sì, in che modo questo può conciliarsi con l’idea di un’alleanza con Italia Viva?
Mi domando anche: Matteo Renzi sa che oggi la disoccupazione in Italia è intorno al 10%, che quella giovanile sfiora il 34%, e che nel 2020 è andato in fumo quasi un milione di posti di lavoro? Lo sa Matteo Renzi che senza il reddito di cittadinanza la vita già grama di milioni di disoccupati sarebbe stata ancora più drammatica? E sa Renzi che misure ben più generose del RDC sono presenti in tutti i grandi paesi dell’Europa occidentale?
Renzi si è mai ritrovato in bolletta? Ha mai avuto difficoltà a pagare l’affitto? Immagino (e spero per lui) di no. Io sì, io ci sono passata. Sa quanto soffre chi è in bolletta, chi deve fare i conti con l’irritazione della padrona di casa che vuole i suoi soldi? E con chi sta il PD? Con il senatore toscano, o con i milioni di italiani che a causa della catastrofe del Covid-19 si sono ritrovati in enormi ristrettezze economiche? La Caritas italiana, in prima linea nell’aiuto alle persone in difficoltà, due settimane fa ha auspicato un riordino del reddito di cittadinanza per includere anche coloro che oggi ne sono esclusi, i “nuovi profili della povertà che hanno risentito in misura maggiore della pandemia”. Ad esempio i “nuclei caratterizzati da un’età giovane, la presenza di figli minori, la presenza di un reddito, seppur minimo”, si legge nel rapporto. Queste persone, che per decenni il PCI ha difeso – un tempo erano il cosiddetto “proletariato” – e a cui la stessa DC guardava, non interessano più?
Renzi vuole “riaffermare l’idea che la gente deve soffrire”. Ebbene, soffrono senz’altro le decine di migliaia di laureati che ogni anno lasciano il Paese perché qui non trovano posti di lavoro all’altezza delle loro competenze. Un tempo, quando il senatore era giovane, bastava un diploma di liceo classico o scientifico per trovare un posto in banca. Oggi una laurea in ingegneria informatica, un master in relazioni internazionali, un dottorato in matematica, non sono affatto una garanzia di pieno e buon impiego in Italia. Tutt’altro. Personalmente conosco molti giovani di talento ridotti a svolgere incarichi sotto-pagati, estremamente precari, talvolta anche svilenti.
L’emigrazione di decine di migliaia di giovani italiani ogni anno non è indolore: soffrono quei ragazzi, che lasciano le loro città, i loro amici, i loro cari, i loro sogni di cambiare l’Italia; soffrono i familiari, che magari si ritrovano un figlio o una figlia a Sidney o a Perth, a 16mila chilometri di distanza; soffrono le nostre città e le nostre comunità, che perdono energie vive, competenze e talenti che potrebbero rendere il nostro Paese più forte, competitivo e dinamico.
Perdoni, segretario Letta, ma il PCI non era forse il partito più votato dai giovani? E la DC (ricordo che lei fu presidente dei Giovani democristiani europei) non era un partito che aveva come priorità le giovani coppie e le famiglie? Come si concilia allora l’attenzione che il PD dovrebbe avere per i giovani con le affermazioni di Renzi, che sono uno schiaffo a tutti quelli che pur studiando data science, machine learning e nanotecnologie qui in Italia non trovano un’opportunità reale?
Renzi vuole “riaffermare l’idea che la gente deve soffrire”. Ma senz’altro soffrono già i milioni di pensionati che dopo una vita di lavoro e sacrifici si ritrovano con pensioni basse in un’Italia in cui la vita costa cara. Basta fare un giro in un discount (di quelli tanto vituperati da certi radical chic di destra e di sinistra) per vedere soprattutto quattro categorie: giovani, famiglie numerose, immigrati e anziani. E basta recarsi in un mercato di quartiere per scorgere anziani mentre cercano qualche ortaggio o frutto ancora commestibile tra le cassette e i rifiuti ammucchiati accanto alle bancarelle. Questa è una scena che io ho visto tante volte, non in qualche quartiere povero di Palermo o Napoli, ma a Padova, Vicenza, Udine.
E quante volte leggiamo sui giornali di anziani che non hanno i soldi neanche per fare la spesa e sono costretti a chiamare la polizia e i carabinieri per un po’ di aiuto e sostegno alimentare? Il PD sta con questi anziani che oggi soffrono così tanto, o con Renzi?
Vogliamo parlare di tutti i malati cronici che non si sono potuti curare adeguatamente in questo anno e mezzo di Covid? Dei medici e infermieri costretti a turni massacranti non solo dalla violenza della pandemia, ma da anni di tagli alla sanità pubblica? Vogliamo parlare, infine, di tutte le persone che soffrono di un disagio mentale e sono state costrette a restare rinchiuse nelle loro case per mesi e mesi senza un adeguato supporto terapeutico? Queste persone, che hanno tutte incredibilmente bisogno di una sanità pubblica forte e adeguatamente finanziata, e che molto soffrono, interessano al PD? O interessa di più l’esito del voto a Siena?
In Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni. Si chiama femminicidio, e non è che la punta dell’iceberg della violenza che milioni di donne subiscono in una società profondamente maschilista e patriarcale che vede le donne, anche di successo, subire piccoli e grandi affronti e abusi quotidiani, ingiustizie che spesso umiliano, infragiliscono e demotivano. Le donne sono la metà della popolazione italiana, e stanno già soffrendo. Cosa farà il PD per loro? Per i milioni di cittadine che sono pagate meno dei colleghi maschi e vengono assunte con forme contrattuali più precarie per il solo fatto di essere nate femmine, ad esempio? O per quelle che vorrebbero avere un figlio ma vengono ostacolate nei loro propositi dai datori di lavoro, da stipendi del tutto inadeguati e dalla precarietà?
Soffrono anche, nel Mezzogiorno così come in altre parti d’Italia, tanti onesti imprenditori e cittadini che ogni giorno devono fare i conti con la criminalità organizzata e i suoi propositi estortivi. Da giornalista conosco diverse storie di imprenditori coraggiosi, che dopo aver detto no alla mafia non hanno potuto far crescere la loro ditta a causa delle minacce e delle violenze dei mafiosi. Costoro non soffrono abbastanza? E ancora, non soffrono gli studenti universitari che ogni anno devono svenarsi (e soprattutto far svenare le famiglie) per studiare fuori sede? Non soffrono gli insegnanti, che com’è noto sono fra i meno pagati d’Europa e da anni vedono la scuola come la Cenerentola delle preoccupazioni della politica italiana?
Non soffrono i ricercatori che devono confrontarsi con fondi sempre più esigui, strutture inadeguate, opportunità di carriera limitatissime? Non soffrono i giornalisti freelance che magari prendono 2 euro ad articolo e devono temere per la propria sussistenza, soprattutto quando la testata per cui lavorano non riceve finanziamenti pubblici? Non soffrono le piccole partite IVA che devono fare i salti mortali per stare in piedi? E il PD con chi intende schierarsi? Con questi lavoratori, che un tempo avevano nel PC “il partito dei lavoratori” per eccellenza, o con Renzi?
Cosa farà il PD con la classe operaia, che in queste settimane vede stabilimenti e fabbriche chiudere uno dopo l’altro, e in alcuni casi rischia addirittura la vita sul luogo di lavoro, dato che le cd “morti bianche” sono una piaga del paese? Questa classe lavoratrice non soffre già abbastanza? Deve soffrire ancora di più?
Da cittadina, prima ancora che da giornalista, penso che il PD debba fare una scelta di campo. E decidere se schierarsi con i milioni di italiani che ogni giorno soffrono, e soffrono molto, o con colui che vuole che vuole “riaffermare l’idea che la gente deve soffrire”. Se, per ragioni di miope tatticismo, il PD continuerà a voler tenere aperto il dialogo con Renzi e il suo partito, non solo non sarà compreso da milioni di italiani (e basterebbe che Letta parlasse con comuni militanti al di fuori degli appuntamenti istituzionali e lontano dai flash dei fotografi per capirlo), ma rischia di macchiare indelebilmente e definitivamente le sue credenziali di partito di sinistra.
Sappiamo tutti che la politica non è un pranzo di gala, e senz’altro a una parte degli elettori del PD piacerebbe tornare alla fallimentare vocazione maggioritaria veltroniana, rinunciando ad alleanze non sempre facili, come quella con il Movimento 5 Stelle (faticosamente guidato da uno dei politici più popolari e apprezzati d’Italia, a differenza di Renzi che è senza dubbio uno dei meno popolari). Ma a tutto c’è un limite, anche alla Realpolitik. A maggior ragione quando questa Realpolitik flirta con un partito che, alla fine della fiera, vale il 2%. Enrico Letta, quanti voti valgono la coerenza e il rispetto degli elettori che soffrono?
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