Società
Dieci anni di Black Lives Matter. Il bilancio di Alice Walker
Piú di quattro milioni di congolesi sono stati trucidati nell’interminabile guerra causata dalle ricchezze minerarie del Congo. Uno dei minerali oggetto di contesa, la columbo-tantalite, rende possibile l’uso dei telefoni cellulari. Milioni di famiglie sono senza casa e in rovina, e vivono sotto la pioggia e sotto il sole. La guerra continua, come un morbo per cui non esiste cura. Infuriano le malattie infettive. Le armi finiscono in mano ai giovani, spesso anche ai bambini. “Come farà a sorridere?” mi domandavo a proposito della mia sorella congolese appena incontrata. Ma lei sorride perché è viva, e ciò significa che il Femminile è vivo. C’è il lavoro di Madre da fare. C’è il lavoro di Figlia da fare. Questa è una fonte di gioia. Ci abbracciamo, separandoci. Imparerà come avviare un’impresa e non vede l’ora di prendere lezioni di computer (Alice Walker, Non restare muti)
Sono passati dieci anni. Abbastanza per un bilancio.
Il 13 luglio 2013 sei giurate di un tribunale della Florida deliberano la non colpevolezza per George Zimmermann che ha ucciso un ragazzo afroamericano di 17 anni, Tryvon Martin, mentre faceva una ronda di quartiere. Sui social compare l’hastag #BlackLivesMatter (le vite nere contano). Le creatrici dell’hashtag e le fondatrici del movimento che ne sarebbe venuto sono Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi. Un anno dopo sarebbe diventato un movimento di portata mondiale in seguito all’assassinio di George Floyd, il 25 maggio 2020 a Minneapolis.
Il supplemento del Corriere della Sera, La Lettura di domenica 9 luglio ha intervistato Alice Walker, scrittrice, attivista per i diritti umani e femminista, per un bilancio. E’ l’autrice del romanzo, successo mondiale, Il colore viola, che ha ispirato l’omonimo film di Steven Spielberg.
Il suo giudizio è netto: il movimento non ha portato a nessun cambiamento negli Stati Uniti.
Ecco le sue parole a partire da un confronto con il movimento dei diritti civili degli anni 50 e 60: «[Black LivesMatter] non ha la stessa purezza del movimento per i diritti civili. I fondamenti di quel movimento erano spirituali. L’onore contava più dei soldi. Da quello che vedo Black LivesMatter non ha la stessa portata spirituale. E’ un’organizzazione molto americana, forse troppo americana, con confini ben precisi.
I movimenti partiti dal sud degli Stati uniti avevano in comune la presenza di persone generose, dal cuore buono, attivisti sinceri…alla base c’era un approccio spirituale, non legato soltanto a questioni contingenti. Oggi tutto questo manca. Oggi le persone sono più disilluse, più ciniche, aspirano a conquiste diverse: anche noi volevamo e combattevamo per la libertà, ma prima di tutto era una libertà spirituale. Essere liberi non voleva dire soltanto diventare ricchi, che di per sé sarebbe un’ottima cosa. Nessuno oggi è interessato a creare un nuovo movimento per i diritti civili: è troppo tardi….serve un nuovo movimento globale, che salvi tutta l’umanità, non solo i neri».
Giovane donna, Alice Walker, incontra Martin Luther King Jr. quando studia allo Spelman College di Atlanta all’inizio degli anni sessanta. Attribuisce a King la sua decisione di tornare al Sud come attivista per il Movimento per i Diritti Civili. Ha partecipato alla famosa marcia di Washington del 1963.
Diventa naturale il suo confronto con l’eredità del leader premio Nobel per la pace.
«Prima di essere assassinato Martin Luther King disse: “Potrei non arrivare fino alla fine con voi, ma sono stato sulla cima della montagna e so che raggiungeremo la nostra meta”. Non stava parlando a un altro leader ma a ognuna delle persone che ascoltavano, stava parlando ad altri essere umani. Dobbiamo fare nostri i grandi insegnamenti. Dobbiamo essere i Buddha di noi stessi. Dobbiamo essere noi Martin Luther King. Non serve guardare al di fuori di noi stessi e cercare una guida».
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