Costume
Cronache dalla quarantena. L’estate mascherata
È comparsa sul tavolo del soggiorno la macchina da cucire secolare che si tramanda nella famiglia di mia moglie. Un corpo di ferro grigio bellico, inchiodato dal bisnonno falegname a una robusta base di legno. Ha la forma della lupa che copre e allatta i neonati Romolo e Remo.
Penelope ha convinto sua madre a riesumarla, ha ricevuto l’abc dell’uso, e adesso la sta studiando con un rispetto e un’arrapamento che nessuna materia scolastica potrebbe nemmeno sognare.
È la grande bellezza del non andare a scuola e del #restateacasa. E avere le mani che prudono. Le idee che inondano. Un fisico elastico da esaltare.
E quando finalmente la dolce mitraglia prende la sua fluida rincorsa su un pezzo di jeans, il miracolo atteso è compiuto: l’ennesima toppa ai suoi jeans preferiti, enormi e sbiaditi, che sono stati miei fino a un pugno di anni fa. Ne approfitto al volo per chiedere una rattoppo a un altro paio che non posso mettere, lacerati nel punto dove riposa il mio fedele compagno. – Adesso non posso, pà. Ho troppe cose da fare. – La risposta è identica a quella della madre. I miei Rifle dal pallore estremo restano in quarantena.
Fa un caldo estivo e abbiamo lasciato le finestre basculanti. Dondola il ramo pendente del potos come un’altalena, vibrano indolenti anche le mascherine usate che teniamo appese al portachiavi: piccoli pipistrelli catturati dal giorno e costretti al colore azzurro del cielo. Per vendetta, cazzo.
La brezza circola disinvolta e inonda la casa della dolcezza spigolosa del sugo con salsiccia e polpette, il profumo più antico che ricordo. L’ostinazione della fiamma bassa, il sottofondo del sobbollire.
Mi metto a cucire parole.
Per chi legge in ogni ricetta la nostra storia, questa è quella che si tramanda alla pari della macchina da cucire. Mettere un bel po’ di stronzetti di salsiccia a spurgare grasso in pentola, senz’olio, o giusto un filo. A questo punto la cipolla: a me esalta grattuggiata, quasi polvere. Quindi fiamma che spinge un po’, le salsicce si intostano, ancora volume al fuoco, il bicchiere di vino bianco che spirita al soffitto. Pomodori pelati, da passare con il bel movimento rotatorio antenato dei casalinghi elettrici, prima di adagiarci le polpette, piccole e compatte, plasmate con pane grattugiato, prezzemolo e un sentore d’uovo. Ok. Adesso il tempo si deve fermare. Questo è il sugo della contemplazione. Nessun tic toc di plastica dura che trilla e saltella. Quel borbottio è un mantra. E quando credi che possa bastare (senza un vero perchè: è un sentimento) spegni la fiamma. Io ci aggiungo al volo l’origano. Questa è però una mia variazione, considerata blasfema. Una bestemmia che al mio palato suona poesia. Lo metterei ovunque. L’additivo del cuore. L’origano è ‘l’estate che non c’è’. Come ogni volta, una citazione. La Crus.
Oggi però sembra estate, e Penelope è vestita come se lo fosse. Lei concentra la sua indentità nel vestito che indossa, e si cambia spesso perché deve mettere tutto quello che le piace. Deve assaggiare un po’ di tutto.
Intanto. Il soffio del sugo e il frinire del cucito. I monologhi aspri dei cani, a intermittenza. Un’ambulanza, a ricordarci.
E quando esco per qualche minuto dalla stanza della mia apnea, Penelope mi viene incontro con una sua fresca creazione: è quella che io chiamo ‘la parte sopra’ del costume, ma che la madre onora del suo vero nome: top. Mia moglie valuta l’opera con occhio clinico, tira un po’ di qui, è da stringere di qua, e Pepe, senza disquisire, lei che ha preso il soprannome di ‘avvocato’ alla scuola materna, si rituffa alla ricerca della perfezione.
Anche se il tuffo che aspetta vuole il mare. La stagione promessa. Penelope resiste allo studio se ha l’estate nel mirino. E questo primo agosto la vedrà anche compiere i sospirati 18 anni. I ‘diciottesimi’ la sua tela, sono anche loro il top, delle feste. E ha deciso che sarà una festa unica, memorabile, liberatoria.
Oso riportare le parole del virologo Clementi: andremo in spiaggia con la mascherina. E mi appare subito la nuvoletta con la scena on the beach: le donne in mascherina e perizoma. Intercambiabili. Come foglie di fico sul corpo ancestrale di Eva. Roba da consumati voyeur.
Ma niente, anzi, Penelope si incazza, neanche l’avessi deciso io. Non riesce a vederci nessuna ironia, tantomeno il mio slancio erotico. L’argomento è religioso, tabù, non si può mettere in discussione la sua estate. Nessuno la rovinerà. Tantomeno un cazzo di virus.
‘Però l’estate non è tutto’, le direi, rubando la chiusa al poeta Franco Fortini. Ma io sono quello che si fa bastare l’origano.
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