Costume
L’estate degli italiani: vacanze al risparmio, col virus in testa
Ma quali vacanze? Alla fine del mese estivo più anomalo delle nostre vite la maggioranza degli italiani non è ancora tecnicamente in vacanza e non sa se ci andrà. Certamente sono cambiate le destinazioni, tutte italiane e più vicine a casa, sfruttando il patrimonio di case famigliari disseminate in un territorio avvantaggiato da natura e cultura e tutto affacciato sul mare.
L’edonismo e riscoperta della bellezza si rivelano per molti fattori di resilienza, in un giusto mix di preoccupazione, realismo, rispetto delle regole e necessità di vivere il più possibile un momento di ricarica e rigenerazione.
Resta tuttavia irrisolto il peso del distanziamento sociale che continua a creare grosse barriere e isolare parti del paese e della società.
La crisi ha minato la coesione, i rapporti tra comunità, la base sociale comune su cui si è basata la nostra convivenza civile dal dopoguerra.
Quella base comune per cui ciascuno di noi aveva presente, nel proprio campo visivo e cognitivo, la presenza dell’altro ora si è dispersa in uno stato di frammentazione e esclusione. Non gli small word della rete ma una conformazione tribale in cui ilbisogno di mettersi in salvo, o addirittura rafforzare se stessi, sicombina con il distanziamento sociale.
Ne risulta sempre di più un divario tra una minoranza di esclusi e una maggioranza che stenta a contenere le preoccupazioni. Un fine anno che richiede tutta la lucidità della ripartenza e in cui sulla voglia di normalità si affacciano sentimenti più cupi legati all’economia e all’impoverimento.
Anche il risultato dell’accordo europeo sul Recovery Fund non ha modificato questa malattia di particolarismo né ricompattato gli italiani in un senso di appartenenza più radicato e in un contesto più ampio. Lo spirito di intraprendenza – la locomotiva tutta italiana di un sistema produttivo fondato sulla piccola media impresa – non sembra bastare a mantenere in piedi la soglia della fiducia.
Il calo di spostamenti e socialità intacca le risorse vitali e creative della popolazione e rallenta il corso della cicatrizzazione delle ferite. Stare insieme, spostandosi, costituisce un nucleo fondante della nostra civiltà e del nostro modello di sviluppo. Il persistente rinvio di spese è un campanello d’allarme. Senza questa spinta, siamo un Paese che prova soltanto a dimenticare l’accaduto, con tutte le sue conseguenze. Con il virus in testa.
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