Costume
Una via per ‘Zanza’? Si ma anche no, Rimini si divide sul ‘Re dei vitelloni’
Da bravi ‘fighetti’ da bar riccionesi, negli Anni Ottanta, ‘Zanza’, il ‘riminese’, lo si guardava con quell’aria un po’ così. Sospesa tra lo stupore – per le sue decantate millanta conquiste galanti – e il sarcasmo. Che, ‘dai, uno con la camicia aperta, il petto villoso e il catenone al collo; gli orecchini e il capello lungo, dove vuoi che vada?’. Più o meno cinque anni fa – era il 26 settembre del 2018 – Maurizio Zanfanti, per tutti ‘Zanza’, se ne era andato a 63 anni – narrarono le cronache, locali e nazionali, per un malore mentre era appartato in auto con una 23enne – e la sua Rimini e quel lembo di Romagna che confina con le Marche salutarono, concordi, il ’Re dei vitelloni’. Adesso, a un lustro di distanza, la sua città si divide sull’opportunità di dedicargli una via – ma c’è chi butta lì pure una statua a dominare una rotatoria o un busto – dopo che la madre, nei giorni scorsi, annunciando la chiusura della storica pescheria di famiglia, ha espresso l’idea di intitolargli una strada. Ad ospitare il dibattito sono le pagine dell’edizione riminese de ‘il Resto del Carlino’ che da voce a chi vedrebbe ‘benissimo’ un ricordo toponomastico del celebre play-boy e chi, invece trova la cosa anacronistica se non inadatta a una città che si candida ad essere Capitale italiana della Cultura 2026. Se c’è chi ritiene che una via ‘Zanza’ sia troppo poco e parla di un “busto o di una statua visto che stiamo parlando di un mito, una leggenda, un uomo che attraverso le sue conquiste femminili ha dato un contributo fondamentale al turismo di Rimini e della Riviera”, come spiega al ‘Carlino’, Giuliano Lanzetti, titolare di uno dei locali più noti di Rimini e figlio del patron nella cui discoteca, il ‘Blow Up’, Zanza esercitava il suo ‘magistero’ c’è chi, invece, non ne vede affatto la necessità. “Non sono d’accordo con l’intitolazione toponomastica – dice ancora al ‘Carlino’ Marco Tonti, consigliere comunale e presidente di Arcigay Rimini –. Niente contro la persona, ma è un tipo di mito dal quale Rimini deve distaccarsi. Specie oggi che è in corsa come Capitale della Cultura 2026. In quegli anni lo sciupafemmine ci poteva stare, ma non è cosa da prendere ad esempio come modello oggi”. Nelle scorse ore, racconta ancora il quotidiano locale, lo storico del turismo Ferruccio Farina, oltre a citare vari riminesi illustri privi di una dedica toponomastica, ha chiesto che “prima Rimini scopra la sua storia più antica, e anzitutto torni a volare alto e a valorizzare i suoi tesori”. Tra i quali chissà se troverebbe spazio una figura come quella di Zanfanti uno dei personaggi, a suo modo, simbolo della Riviera gaudente degli Anni Settanta e Ottanta. Quando le notti non finivano mai e le ragazze del Nord Europa – svedesi e tedesche infatuate della ‘Teutonen Grill’ come chiamavano la spiaggia romagnola – arrivavano in massa. Per la gioia dei ‘latin lover’ locali, dei cosiddetti ‘galli di Romagna’, dei ‘play-boy’ da discoteca . Dei ragazzi come ‘Zanza’ che fuori dai locali – per lui il ‘Blow Up’, come si diceva – invitavano, investiti del ruolo di ‘buttadentro’, i giovani a entrare a ballare. Un trampolino di lancio per ‘Zanza’ che, negli anni, ha raccontato di avere conquistato migliaia di turiste. Almeno centocinquanta – diceva – a stagione. Fino a planare sulle pagine dei giornali internazionali come il tedesco ‘Bild’ che, in passato, del ragazzo riminese con i pantaloni di pelle, gli stivaletti a punta e il gilet ha celebrato le gesta tanto da farne uno dei personaggi della Romagna, terra di vacanza per tantissimi germanici. Tanto che, esaltano le leggende metropolitane, persino i controllori dei documenti alla frontiera sembravano conoscere Zanfanti. Tanto che, scandiva lui a ‘il Resto del Carlino’ in una intervista nel 2015, “penso di aver fatto più promozione turistica io per Rimini di cento agenzie”. Nel settembre del 2018, la scomparsa di ‘Zanza, colto da malore mentre era appartato con una 23enne dell’Europa dell’Est, era stata subito commentata dai riminesi, in strada e – immancabilmente – sui social network. Dove era stato ricordato con affetto come una persona cordiale e gentile. Dove persino l’allora sindaco della città romagnola e attuale parlamentare del Pd, Andrea Gnassi, gli aveva dedicato un pensiero. “Rimini – aveva postato su Facebook – è anche la storia di giorni e notti di incontri, di amori e di passioni e di ‘miti’. Con ‘Zanza’ non se ne va solo un ‘mito’ delle cosiddette notti della Riviera, ma comunque un pezzo di un periodo storico del costume italiano. Riposa in pace”. Morto – scrivevano in tanti – in un modo consono per un play-boy. E considerato, da altri, come una ‘leggenda’. Soprattutto, come un simbolo di quella terra ‘godereccia’ degli Anni Settanta e Ottanta che molti oggi sembrano ricordare e rimpiangere.
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