Costume

Tiziana Cantone non l’abbiamo ammazzata noi

di
14 Settembre 2016

Questa mattina non avevo idea di chi fosse Tiziana Cantone, e ancora adesso non l’ho ben capito.

Tiziana Cantone come ce la raccontano oggi i giornali è una ragazza campana di 31 anni protagonista di quattro video pornografici amatoriali, che dopo la loro diffusione ha ricevuto migliaia di offese, è stata investita da parodie, ha lasciato il suo paese di provincia e il ristorante dei genitori dove lavorava per cercare una nuova vita e una nuova identità in Toscana.

Di Tiziana Cantone non sappiamo niente altro. Non abbiamo idea di chi fosse. Non abbiamo idea nemmeno di quella lunga sfilza di idiozie che costruiscono l’empatia: non conosciamo quale fosse il suo piatto preferito, cosa amasse guardare in televisione, se le piacesse il cinema o la musica. Sappiamo che ha fatto del sesso (e chi non lo fa?) e che è stata ripresa, sbattuta online senza il suo consenso, trattata come merce di scambio e come oggetto di irrisione.

Bullismo. Vittima. Diritto all’oblio. Privacy online. Mancanza di privacy online. Italia bigotta. Italia assassina. I killer siamo noi. No, i killer sono quegli uomini bastardi: quelli che hanno messo il video online, quelli che l’hanno guardato, quelli che l’hanno condiviso, quelli che l’hanno parodiato. Facciamo tutti sesso e video fino a quando non perdano significato. Se lo meritava. Non se lo meritava. Regaliamo più foulard alle troie.

Un fiume di parole ci ha sommerso. Abbiamo tutti cercato il video, alcuni l’hanno trovato, altri non l’hanno comunque guardato. Abbiamo tutti pensato che una cosa del genere non ci potrà mai accadere, perché noi siamo troppo per bene. E abbiamo pensato che non è giusto giudicare, giudicando.

Tiziana Cantone si è ammazzata per essere lasciata in pace. Si è ammazzata per mettere la parola fine a quel “Stai facendo un video? Bravoh!” che invece continuerà a rappresentarla per sempre. Insieme ai frame che la immortalano con gli occhi bassi, le labbra umide, l’aria eccitata. Tiziana Cantone distesa su un divano. Tiziana Cantone immortalata nella sua vita privata, che diventa pubblica per un sinistro e perverso gioco moderno. Almeno, facciamole un favore: evitiamo di scandalizzarci, smettiamo di essere ridicolmente puritani. Ipocriti.

Tiziana Cantone ha rinunciato a lottare, stremata, quando è stata ritenuta consenziente (dobbiamo ancora capire di cosa) e condannata a pagare 20mila euro per le spese processuali ai motori di ricerca che aveva portato in tribunale.

Adesso tocca a noi prendere il testimone. Fare in modo che il diritto a fare sesso con chi vogliamo, a essere protagoniste di video pornografici, a venire dimenticate e ancora a vestirci come vogliamo, a praticare fellatio a chi crediamo, a tradire e ad amare diventino una realtà anche nel nostro bigotto Paese.

Dentro questa storia c’è tutta la nostra insicurezza di persone. La nostra necessità di sentirci meglio degli altri. Il nostro bisogno di giudicare. Eppure, fino a quando non capiremo che tipo di persone vogliamo essere, che tipo di Paese vogliamo costruire, non potremo dire che Tiziana Cantone siamo noi. Fino a quando giudicheremo un video rubato, le fotografie della nostra vicina di casa in biancheria intima, una coppia che fa sesso, due uomini che si baciano, due donne che si baciano saremo soltanto la fotografia in bianco e nero di quello che l’Italia nel 2016 dovrebbe essere: un Paese libero, non giudicante, aperto all’amore e alle forme di espressione sessuale di ognuno.

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