Costume
Tempo in, di, con Facebook
Accanto alle modifiche legate all’ordine spaziale, i Social Network determinano un cambiamento anche nella considerazione della variabile temporale, sia in termini di ore passate al loro interno, sia in relazione al senso del tempo percepito quando si ha a che fare con loro.
Con riferimento specifico a Facebook, come emerso dall’Ottavo Rapporto Censis/Ucsi sulla Comunicazione, un soggetto su quattro, da quando è iscritto, dedica meno tempo ad altre attività e tale sensazione è avvertita soprattutto dalle donne.
Il dato mostra la dedizione con cui ci si occupa e preoccupa del proprio profilo e del tempo assorbito da Facebook per lo svolgimento delle operazioni al suo interno; William Nessuno, nella sua ricerca condotta a proposito della dissipazione di tempo in riferimento a Facebook, inserisce il fenomeno all’interno dell’aumento delle ore dedicate, più genericamente, alle attività in rete sebbene, per Facebook, la marcatura del dato assuma carattere rilevante.
Si accerta così il completo abbattimento della dicotomia online/offline, poiché Facebook non è avvertito come qualcosa altro dalla vita quotidiana bensì come parte integrante della quotidianità stessa e che consente di definirlo, come fatto da Chiara Giaccardi, in qualità di «luogo antropologico»; in seconda battuta l’utilizzo di Facebook avviene lontano da canoni di superficialità e leggerezza intesa come frivolezza, ma vicino invece a principi di leggerezza, in senso calviniano, e riflessività: la dinamicità richiesta dalla Rete si unisce al ritmo lento e meditativo del lavoro di analisi e di configurazione della propria pagina e della gestione delle relazioni all’interno di Facebook (Turkle 2012).
La questione non solo si correla alle discussioni relative a Facebook come causa di stress e, nelle sue forme di uso più spasmodico, come fonte di dipendenza (Bisio, Riva 2009), ma diventa il segnale del meccanismo dissimulatorio sotteso all’uso del Social Network; all’interno di Facebook si dispiega, infatti, quello che Baldassar Castglione aveva espresso diversi secoli prima in riferimento al perfetto cortigiano. Come quest’ultimo doveva mettere in atto il meccanismo della dissimulazione, cioè far passare per spontaneo e immediato un atteggiamento che, invece, era frutto di ingegnoso e machiavellico artificio (Quondam 2002), allo stesso modo gli utenti di Facebook traslitterano sul piano dell’immediatezza dell’agire ciò che, al contrario, scaturisce da un piano precedentemente congegnato.
È ciò che emerge anche in una delle numerose interviste raccolte da Sherry Turkle, in cui pure si evince come vi sia da parte degli utenti una piena consapevolezza di questo meccanismo di artificio nella gestione e nell’uso del proprio profilo in Facebook; afferma uno degli adolescenti intervistati in riferimento a questo fenomeno (Turkle 2012: 344):
è come una ragazza troppo truccata, che si sforza un po’ troppo. Invece deve sembrare che non ti importi. Solo che nessuno crede più al mito “Oh, ho solo caricato due o tre robe a caso sulla pagina”. Vedi che stanno tutto il giorno sulla loro pagina. Chi credono di prendere in giro?
La pervasività di Facebook all’interno della vita degli utenti, la sua considerazione alla stregua di altre attività quotidiane e le dinamiche di utilizzo del Social Network spiegano, quindi, l’ingente investimento, in termini cronologici, a esso riservato.
Altra cosa è, poi, la percezione del senso del tempo in Facebook.
Si tenga conto che una delle idee originarie legate all’utilità di Facebook era il mantenimento dei rapporti coi compagni universitari con cui, al termine del periodo accademico, sarebbe stato complesso tenere i contatti vista anche, come spesso accade, la diversa provenienza geografica (Beretta 2009).
La volontà di prorogare in un tempo e in uno spazio futuro ciò che le circostanze contingenti avrebbero fatto terminare è, infatti, uno degli intenti dichiarati con cui Mark Zuckerberg dà origine a questo Social Network; se, però, l’estensione della dimensione spaziale appare familiare, poiché già la rete nel suo complesso e con le sue strumentazioni ha consentito un superamento dei confini geografici, ritenere che l’estensione agisca anche sul piano del tempo è più inusuale.
Con Facebook è possibile comunicare con persone distanti non solo fisicamente ma che risultano anche distanti temporalmente. Situazioni che sarebbero rimaste imprigionate in un tempo altro e remoto possono essere traslitterate, in maniera apparentemente spontanea, su quello presente (Ivi).
A tal proposito Matteo Tarantino riconosce a Facebook la capacità di recuperare il tempo, affiancando a una eterotopia oramai accreditata una portata eterocronica (Tarantino 2010) in cui il recupero del passato nel presente apre nuovi possibili orizzonti nel futuro.
Assume, allora, un ruolo centrale il concetto di nostalgia, su cui insiste particolarmente Emiliano Morreale; sebbene le nostalgie personali continuino a permanere con forza, esiste, poi, una nostalgia comune, condivisa, alimentata e costruita quotidianamente dai media (Morreale 2009), i quali portano a concepire il passato, seguendo l’espressione di Antonella Tarpino, «come se non fosse mai stato a sua volta un presente» (Tarpino 2009: 129).
Il tempo ripreso è quello normalmente circoscrivibile ai vent’anni prima, momento che non deve essere stato necessariamente vissuto in prima persona, ma che sicuramente deve avere avuto una trasfigurazione mediatica.
Emiliano Morreale parla di una nostalgia mediale che si manifesta con più forza in quegli scorci di storia caratterizzati da un’incertezza sociale maggiore (Morreale 2009).
La mediatizzazione, di cui Facebook è uno degli attori protagonisti, agisce come un amplificatore potente che, se da una parte si fonda su un sostrato di manifesta condivisione, dall’altra non fa che mettere in rilievo quella situazione di solitudine interconnessa che coinvolge tutti gli utenti del Social Network.
Questo perché, come ricorda Emiliano Morreale, ci troviamo oggigiorno ad assistere ad un’ipertrofia dell’oggettivazione delle cosiddette false reliquie, a un processo di individualizzazione del passato collettivo, a una progressiva infantilizzazione con cui ci si approccia al passato e a una rottura della continuità temporale, poiché il tempo che fu è visto come assolutamente sconnesso rispetto a quello in cui viviamo (Morreale 2009).
La portata eterocronica di Facebook si colloca nell’allargamento del campo del possibile offerto all’utente, che può creare o ri-creare legami ma si distanzia da un concreto intervento sulle effettive dinamiche cronologiche e sul senso di nostalgia avvertito, che continua a essere «uno stato d’animo incurabile» (Morreale 2009: 19).
Il recupero del passato è, allora, soltanto apparente poiché quello a cui ci troviamo di fronte è, in realtà, un iper-presente, una dimensione attuale che fagocita il prima e anche il dopo.
Nell’era del multitasking, come mette correttamente in luce Mauro Ferraresi, la sincronia percettiva e fattuale rappresenta la consuetudine e trova, in Facebook, un’ulteriore conferma; quella ripresa di ciò che è stato, di ciò che appartiene a un universo temporale antecedente rispetto a quello in cui viviamo è, di conseguenza, il riporto «a un presente privo di qualsiasi altra alternativa temporale» (Ferraresi 2009: 88).
Facebook, nell’implicita promessa fattaci di allargare nel tempo e nello spazio la possibilità di affermazione della nostra presenza e di estendere la nostra sfera di contatti, finisce, invece, col restringere e semplificare le relazioni e, nei casi più estremi, di farcele trascurare completamente (Turkle 2012).
Vanno valutate, inoltre, le dinamiche dei tempi comunicativi in Facebook; Facebook consente contemporaneamente una comunicazione sincrona, quella che avviene tramite la chat, e una comunicazione asincrona, data dalla possibilità di taggare foto, scrivere commenti in bacheca e condividere link.
A ciò si deve aggiungere che il passaggio di informazioni si verifica in modo asimmetrico, poiché la risposta all’elemento emesso può essere data in un istante differente rispetto a quello in cui è stato prodotto il messaggio di partenza, senza nessun vincolo di galateo o di tempo.
Questo ha come dirette conseguenze quelle che Francesca Pasquali riconosce in semplificazione e lentezza della comunicazione, turni comunicativi non funzionali, spamming e lurking (Pasquali 2010).
Quella che viene definita come lentezza comunicativa è, sostanzialmente, la mancanza di un botta e risposta tra gli utenti, il quale può sì avvenire ma non è né obbligatorio né necessario; se ciò amplia notevolmente il campo della libertà comunicativa e pare estendere i limiti di dominio temporale dei soggetti, spalanca, al contempo, le porte a misunderstanding, già di per sé sempre in agguato.
Tutto questo è accompagnato da un processo di semplificazione del paradigma comunicativo, in termini sia quantitativi (espressione brachilogiche preferite a proposizione estese), sia qualitativi (slang e termini quotidiani al posto di locuzioni edotte).
A ciò si correla l’assenza di un’alternanza dei turni comunicativi, perché l’interconnessione dialogica che viene instaurata dagli utenti può essere interrotta in qualsiasi momento per essere ripresa successivamente o per non essere ripresa affatto, e nella quale possono inserirsi soggetti altri rispetto a quelli che hanno avviato la conversazione.
Ne discende un rischio di spamming, ovvero di ricezione di messaggi indesiderati, applicazioni o inviti non graditi, non necessariamente di carattere commerciale.
Infine, l’ulteriore possibilità di assistere invisibilmente a una discussione, senza, in concreto, prendervene parte; il fenomeno dei lurker, coloro che osservano senza partecipare, trova in Facebook ampio raggio d’azione poiché, in particolar modo laddove le impostazioni di privacy sono gestite superficialmente, consente, una volta ottenuta l’amicizia, di esplorare in tutte le sue componenti la pagina del nuovo compagno di rete (Ivi).
Anche dal punto di vista della dimensione cronologica bisogna, quindi, essere in grado di riconoscere a Facebook un valore e una funzionalità che non travalichino le sue affordance e la sua natura di strumento tecnologico e mediale. La robotica sociale, a cui anche Facebook appartiene, foriera certamente di ispirazione e potenzialità non deve, infatti, diventare una macchina programmata per ridurre le nostre capacità umane di essere e fare, non deve appiattirci sull’orizzonte della limitatezza e della prevedibilità.
Devi fare login per commentare
Accedi