Costume

Sulla visibilità e sull’apparire…

22 Febbraio 2024

Su un vecchio muro di una struttura fatiscente di Pontedera, vicina alla biblioteca comunale, un tempo si trovava scritto: “La visibilità è il cancro del secolo”. Tralasciando il fatto che quella strada l’hanno chiusa ormai, perchè quell’area è pericolosa, e  che chi l’ha scritto non sa veramente cos’è il cancro, ebbene la cosa mi ha fatto riflettere, al di là dell’espressione cruda: un fondo di verità c’è. Anzi molto più di un fondo.

Questa frase rozza picchettava nella mia mente. Cercavo di scacciarla dai pensieri, ma ritornava a disturbarmi. Era diventata un tarlo nella testa, un piccolo pensiero fastidioso. Oggi c’è una spettacolarizzazione totalizzante. Già negli anni ‘90 i processi giudiziari erano mediatici. Durante il Covid gli infettivologi sono diventati delle star.  Tutti sono a caccia di visibilità mediatica. D’altronde oggi siamo nel villaggio globale, più precisamente nel mondo della comunicazione globale. Oggi è un must avere impatto sulla pubblica opinione, essere rappresentativi di una certa realtà o di un dato gruppo di persone, diventare riconoscibili. L’apparire viene prima dell’essere o meglio solo chi appare esiste. Oggi sono sempre più importanti il personal branding, la web reputation, diventare di tendenza, occupare la mente delle persone,  far parlare di sé.

Negli anni Settanta buona parte dei giovani volevano cambiare il mondo insieme e non volevano diventare famosi ad esempio. Negli anni Ottanta indicativamente una fetta dei giovani cercavano una raccomandazione per avere un posto fisso, magari nello Stato o comunque perseguivano le tre m (mestiere, macchina, moglie).  Oggi il posto fisso è un miraggio, la rivoluzione è considerata impossibile e il lavoro comune è visto come un ripiego. Un tempo buona parte dei giovani contestava il sistema e con esso anche il mondo dello spettacolo. Esistevano dei contestatori,  una generazione, un movimento collettivo, dei momenti e dei luoghi di aggregazione. Esisteva una realtà antagonista di pensiero e d’azione, che oggi non esiste più. Fino ai primi anni Duemila restava intatto uno zoccolo duro di scettici e critici nei confronti del mondo dello spettacolo.

Oggi lo show-business regna incontrastato e l’unico dissenso rimasto è patologico oppure fatto passare per patologico dal potere. Oggi il pubblico tollera qualsiasi spettacolo spazzatura e le persone sono più suggestionabili di un tempo, non essendoci più forze contro il sistema a fare da contrappeso, a controbilanciare tutto: esiste solo una narrazione egemone, difficilissima da contrastare, da scalfire. Se un tempo esistevano sostanzialmente le categorie degli impegnati politicamente e dei disimpegnati, oggi esistono solo i famosi e gli invisibili; invisibili siamo noi persone comuni, non più solo i barboni. Oggi l’immagine è tutto. Se un tempo erano importanti i curatori d’anime, oggi sono importanti i curatori di look.

Secoli fa erano fondamentali nell’arte la forma e l’estetica, mentre oggi predominano gli artisti concettuali e conta soprattutto la kunstwollen. Ma al di fuori dell’arte, ovvero in gran parte del mondo l’apparenza è tutto. Eppure Rostand con il suo Cyrano e Oscar Wilde con il suo Dorian Gray ci avevano avvertito che  può esserci discrepanza tra apparire ed essere. Emanuele Severino in “Sortite” l’aveva scritto che tutti oggi sono sileni rovesciati: belli fuori e brutti dentro. Eppure sappiamo che è solo una correlazione illusoria ritenere buone esclusivamente le persone belle esteticamente. Oggi i contenuti da soli non costituiscono più l’identità di una persona e una persona non viene presa né premiata solo per i contenuti ma soprattutto per l’immagine e per il ruolo che ricopre nella società.

Questa è l’epoca del narcisismo di massa, del profitto a tutti i costi, dell’apparire. Non è più tempo di anime belle. Certo ci sono delle eccezioni ma sono molto rare.  Oggi si deve essere presentabili anche da morti, tant’è che la cosmesi funebre è diventata obbligatoria.  Ora  tanti vogliono un passaggio televisivo, vogliono diventare influencer, vogliono diventare delle celebrità.  Se un tempo la fama era un modo per diventare ricchi, oggi molti desiderano la visibilità fine a sé stessa; vogliono a tutti i costi la visibilità,  pur sapendo che con essa a volte non si mangia, perché non sempre si riesce a monetizzare per l’appunto la visibilità. Gianluca Vacchi ed Elettra Lamborghini potevano vivere di rendita, ma hanno voluto la notorietà, anche se poi ciò ha avuto un ritorno economico. La visibilità prima era un lasciapassare per l’agiatezza, oggi da mezzo è diventata un fine. Non a caso le persone cercano di arricchirsi per rifarsi i denti, per fare un trapianto di capelli, per farsi ritoccare dal chirurgo estetico, per iscriversi nella migliore palestra della città. Ci sono persone che si rivolgono a dei professionisti, ai social media manager per crescere su Instagram. Essere famosi è molto piacevole perché la gente ti riconosce e ti ferma per strada e guadagni tanti soldi con le pubblicità. Essere un personaggio televisivo o una star del web significa essere ammirato da noi comuni mortali: significa avercela fatta, aver svoltato, essere arrivati. Per alcuni la ricerca della notorietà è vista come una scorciatoia, un modo per fare soldi facili, non calcolando le mille insidie e i mille pericoli insiti nel diventare vip. Insomma ci sono onori e oneri. Web e televisione ormai sono sempre più due vasi comunicanti: i personaggi televisivi guadagnano molto con i social, le influencer diventano nazionalpopolari dopo aver fatto delle ospitate nelle reti televisive generaliste.

Ma è così brutto essere anonimi? Se essere anonimi è meno appagante a livello socioeconomico, anche godere dell’anonimato ha i suoi vantaggi. Chi non è nessuno, chi non ha gloria, né responsabilità non deve rendere conto a nessuno. Una persona anonima ha più libertà di azione e di espressione di un vip. Al mondo d’oggi si sanno vita, morte e miracoli dei vip. È difficile per un vip mantenere il riserbo su alcuni aspetti privati. Viene quasi sempre tutto fuori e viene dato in pasto a tutti. Tutti sanno debolezze ed eccessi dei vip. Ma molti, pur avendo degli scheletri dell’armadio, cercano comunque a tutti i costi la visibilità perché ormai niente alla fine fa più scandalo e niente fa più notizia. L’importante è apparire e solo chi appare esiste al mondo d’oggi. La gente dimentica in fretta gli scandali e le brutte figure. L’importante è essere dei vip. Sono lontanissimi i tempi in cui Coppi e la Dama Bianca facevano scandalo nazionale. Sono lontanissimi i tempi di Mina che venne cacciata dalla RAI perché era rimasta incinta senza essere sposata.

Oggi piccoli e grandi scandali si susseguono senza sosta, ma non c’è più il comune senso del pudore, non c’è più niente di osceno, l’asticella della rispettabilità viene abbassata sempre più e niente desta particolare interesse nel pubblico che oramai si abitua a tutto. In fondo nessuno si scandalizza più di niente. Un tempo Pasolini veniva processato per i suoi film. Negli anni Ottanta Tondelli venne processato, anche se poi assolto, per il suo primo libro “Altri libertini”. Oggi non esiste più alcuna censura.  Giovani ragazze creano contenuti porno su Onlyfans oppure diventano camgirl, strafregandosene completamente della reputazione. Molte di loro al massimo arrotondano lo stipendio, ma alcune riescono davvero ad arricchirsi e a lasciare il lavoro di barista, commessa, impiegata: magari finiscono per avere pure il loro quarto d’ora di celebrità su qualche trasmissione televisiva. Oggi niente fa più scandalo. Un tempo il sistema per le persone scomode azionava la cosiddetta macchina del fango. Oggi le crisi reputazionali sono passeggere e la peggior cosa per un vip è solo l’oblio.

La mia è una pura e semplice constatazione di fatto, senza alcun tipo di moralismo. Scandalizzarsi per questo andazzo generale significherebbe solo essere dei perbenisti d’antan. In definitiva oggi le persone sono divise sostanzialmente in due categorie: influencer ed esibizioniste oppure influenced e voyeur. Ma le cose vanno per ora meglio d’un tempo. Se nel Novecento il culto della personalità ha prodotto dittature sanguinarie, oggi in Occidente il culto dell’immagine dà solo troppa importanza a personaggi superficiali e privi di talento. Un rischio c’è comunque,  ovvero che l’intelligenza artificiale possa creare modelle bellissime, scrittori bravissimi, influencer con maggiore consenso, psicoterapeuti più preparati. Più che l’epoca della post-verità mi sembra l’epoca della totale indifferenza, perché niente ci tocca più nel vivo e nel profondo. E poi il vero scandalo sarebbero le guerre e chi muore di fame nel mondo, ma neanche questo ci indigna più, anche a questo ormai ci siamo abituati, rassegnati. Questo è il tempo dell’assuefazione totale. Il sovraccarico di notizie produce un caos indifferenziato e una memoria molto labile, non perché soffriamo di amnesia ma perché pochissimo è importante e prioritario da passare dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. Forse abbiamo perso per strada l’anima. Infine chi diventa famoso spesso non mette in conto che popolarità e guadagni non durano tutta la vita, che bisogna risparmiare, che è meglio non vivere nel lusso, che gli artisti non hanno grandi pensioni e che pochi riescono ad avere soldi con la legge Bacchelli. Insomma diventate pure famosi ma non vendete l’anima allo show-business e non vi fate inebriare troppo dalla fama.

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