Costume
Su come le narrazioni deformino la realtà
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Demopatìa, il bel libro di Luigi di Gregorio uscito oltre un anno fa, ci fornisce diverse chiavi di lettura per comprendere meglio il presente ed il funzionamento della mente debole del cittadino-elettore. Sempre più vittima di narrazioni semplificatrici, utili però a strutturare meglio il proprio difficoltoso rapporto con il reale.
Un reale che, ovviamente, non è tanto reale, quanto la proiezione che l’agone politico vincente compie per determinare la cifra e la forma specifica dell’immaginario collettivo. Ne è un classico esempio il dato presentato da Nando Pagnoncelli nell’interessante saggio Dare i numeri, di qualche anno fa, in cui si sottolinea come l’Italia sia il Paese europeo in cui, forse non a caso, è maggiormente distorta la percezione dell’immigrazione da parte dell’opinione pubblica.
Gli intervistati italiani erano, e lo sono tuttora, quelli che evidenziavano il maggior distacco tra percentuale reale e percentuale percepita. Convinti che gli immigrati extracomunitari fossero allora, nel 2015, oltre il 25% della popolazione (quindi circa 15 milioni), mentre in realtà erano poco più di 5 milioni, l’8,5% della popolazione complessiva, due terzi in meno di quanto si pensasse.
Non è dunque la realtà che forma le opinioni quanto il contrario, ci dice Di Gregorio: sono le opinioni dominanti che plasmano la realtà, almeno la realtà mediaticamente costruita. Ciò che è verosimile diventa vero, anche quando non lo è.
Ma i sondaggi, gli stessi vituperati sondaggi, possono a volte anche aiutarci a svelare l’inganno, se si sanno utilizzare al meglio. Prendiamo ancora il tema dell’immigrazione. L’andamento della preoccupazione degli italiani nei confronti di questo tema è significativamente ondivago, e riflette, da una parte, l’uso strumentale che ne fa le forze politiche e, dall’altro, la presenza o l’assenza di altri problemi più o meno urgenti da risolvere.
E questa evidenza la si può facilmente riscontrare considerando il livello di preoccupazione percepita dagli italiani nei confronti di questo tema su due ambiti territoriali (nonché “mentali”) specifici, quello nazionale e quello locale. Il problema dell’immigrazione, a livello nazionale, ha preso consistenza nell’immaginario collettivo in concomitanza con la consultazione elettorale del marzo 2018 e il periodo del governo giallo-verde con M5s e Lega. L’influenza di Salvini sul percepito degli italiani ha portato il problema dell’immigrazione a posizionarsi addirittura al secondo posto (citato dal 45% degli intervistati), dietro al consueto tema dell’economia e dell’occupazione.
Un dato che farebbe supporre che, nella loro vita quotidiana, molti si sentissero minacciati o impauriti o disturbati dagli immigrati che vivono tra di loro, che gli rendono complicata l’esistenza. Ma alla domanda successiva, su quale fosse il problema più urgente da risolvere sul proprio territorio, nel proprio comune, a casa propria dunque, il tema dell’immigrazione, della presenza di stranieri, subisce – allora come ora – un evidente ed eccezionale ridimensionamento. Soltanto il 15% lo riteneva una priorità, facendolo precipitare in classifica addirittura all’ottavo posto tra quelle avvertite dalla popolazione. Oltre un quarto degli italiani si lasciava dunque in quel momento condizionare, in maniera più o meno consenziente, dalla narrazione politica, da una realtà mediaticamente costruita.
È quasi possibile dunque “misurare” l’effetto mediatico-narrativo del distorto discorso sull’immigrazione: nel punto di massimo picco del dato nazionale, valeva più o meno 30 punti percentuali, la differenza cioè tra l’urgenza nazionale (lontana da sé, veicolata dall’opinione pubblica e dai racconti di una parte politica) e la reale urgenza locale (vicina a sé, veicolata dalla propria vita quotidiana, dall’esperienza personale).
Oggi, in assenza dello story-telling Salviniano e della profonda emergenza pandemica, il gap tra il livello nazionale e quello locale si è praticamente estinto: in entrambi i casi siamo intorno al 10-15% delle citazioni. Durante l’ultimo anno, dunque, i problemi percepiti e quelli reali non si discostano più così tanto, e l’urgenza sanitaria riesce a far considerare con maggior distacco le narrazioni precostituite.
Università Statale di Milano
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