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Sensuability: la prima volta siamo tutti disabili
Navigando su facebook, scopro la pagina di Sensuability, incuriosita dal motto “la prima volta siamo tutti disabili”.
Si tratta di un progetto di Armanda Salvucci – affetta come me da acondroplasia – che sta raccogliendo fondi per girare un mockumentary sul tema della sessualità e disabilità. Decido quindi di farle qualche domanda.
Andiamo subito al sodo: perché una persona che non ti conosce – e che non vuole farti stare zitta – dovrebbe finanziare il tuo progetto?
Per due motivi: Primo perché le sensazioni difficili che io ho provato, non voglio che le provino altri.
Immagina di convivere perennemente in un mondo in cui le persone ti fanno capire, alcune esplicitamente altre con i loro atteggiamenti assurdi, il loro vociare e le loro espressioni, che per il mio fisico non posso permettermi di fare l’amore, di fare sesso, di innamorarmi. Tutto questo non voglio che succeda e che continui a succedere a tutti quelli che, come me (e me, ndr) vivono una situazione fisica “diversa”.
Secondo, perché la sessualità è un argomento che tocca tutti, non solo le persone disabili; perché sempre più individui rischiano di sentirsi esclusi. Sempre più spesso il messaggio che arriva è questo: o sei bello, agile e prestante o non puoi fare l’amore, non puoi fare sesso.
Quindi, nell’immaginario collettivo, se non rientri in questi canoni, sei visto come un disabile.
Ecco il link per sostenere sensuability https://www.produzionidalbasso.com/project/sensuability/
Da quanto tempo lavori a questo progetto? Nei video di presentazione vedo molte persone coinvolte, sembra un progetto molto studiato e condiviso
Il tema ovviamente ha permeato tutta la mia vita e ad un certo punto ho deciso di espormi in prima persona per sfatare alcuni stereotipi sulla sessualità, e soprattutto per dimostrare che disabilità non fa rima con castità.
Così, due anni fa ho ideato Sensuability, un progetto culturale che parte dalla realizzazione di un cortometraggio e che entro il 2018 diventerà un mockumentary e, successivamente, una mostra di fotografia, e una di fumetti.
Ho avuto la fortuna di avere accanto una squadra davvero in gamba e mi sono lanciata in questa nuova avventura.
Nel frattempo, mi sono diplomata in Counseling Relazionale con una tesi su sessualità e disabilità.
So che per alcuni disabili è necessario ricorrere a sesso a pagamento, e, soprattutto per le donne, questo non sempre è semplice. Cosa ne pensi?
Non mi sento di giudicare chi sceglie queste soluzioni. Viviamo in un paese che si scandalizza e condanna i disabili che cercano sesso a pagamento ma che tace sul fatto che molto spesso sono le madri a soddisfare i bisogni fisici dei figli. E per quanto riguarda le donne disabili la situazione è ancora più difficile. Perché anche nel campo della sessualità sono discriminate.
La figura dell’assistente sessuale secondo te potrebbe aiutare?
L’assistente sessuale è una figura presente in altri paesi europei e credo possa essere importante soprattutto in alcune situazioni di disabilità molto grave, non in tutte. Ma attenzione, quello dell’assistenza sessuale è un tema molto delicato ed è necessario che se ne occupino persone competenti, senza escludere il punto di vista delle persone disabili. Io ho deciso di non affrontarlo proprio perché non mi sento abbastanza preparata, e rischierei di fare confusione.
Un’ultima domanda sulla sessualità: perché secondo te i nani sono molto presenti nella pornografia?
Non lo so, non frequento l’ambiente. Non ci trovo nulla di male, se è una scelta, anzi paradossalmente fa pensare a una situazione “non diversa”, “non discriminante”. Se esistono varie categorie – ad esempio bionde, more, formose, magre etc – e ci sono anche i nani, vuol dire che questo tipo di fisicità è entrata nella norma, se di norma si può parlare nella pornografia.
Questo non vuol dire che giustifichi e approvi la pornografia.
Forse perché sono stata e a volte sono ancora oggetto di pregiudizi e di etichette, non voglio addossarli ad altre persone. Chi sono io per giudicare e per dire che sbagliano? E non mi sento svalutata o messa in difficoltà perché hanno fatto questo tipo di scelta. È come se una donna rubass: solo perché è donna, di conseguenza anche io sono una ladra?
Tornando al progetto, come ti è venuta l’idea di realizzare un mockumentary? Non è ancora una forma espressiva molto usata.
In realtà, nel cinema è uno stile utilizzato più spesso di quanto si pensi. “The Blair Witch Project”, ad esempio, è un mockumentary.
Finora, il tema della sessualità nella disabilità è stato affrontato soprattutto attraverso documentario; il mockumentary invece usa il linguaggio principe del reale, il documentario appunto, per raccontare fatti di pura invenzione. È un prodotto di fiction e dà
indizi allo spettatore per dimostrare come, manipolando le immagini, sia facile ingannarlo e fargli credere che quello che gli viene proposto sia vero.
Un po’ come avviene con i pregiudizi e con le nostre credenze. Per questo mi piace e l’ho scelto per Sensuability.
Facendo le corna, se non riuscissi a finanziare del tutto il progetto, cosa farai?
Lavoro come consulente fundraiser da 10 anni e so che non ci si può basaresolo su uno strumento di raccolta fondi. Se la campagna di crowdfunding nondovesse raggiungere l’obiettivo sono state già attivate altre modalità diraccolta. Questo progetto è molto importante per me e farò di tutto per realizzarlo.
Trovate maggiori informazioni su Sensuability a questo link https://www.sensuability.it
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