Costume
Se non fosse morto, sarebbe ancora in vita
È un’impresa ardua, oggi, lottare contro l’ovvietà. Sembra che tutti si sentano in dovere di dire e fare cose ovvie, di produrre cose ovvie, di propagare le cose ovvie per forse raggiungere un’ovvia notorietà. Siamo assediati dall’ovvietà perché è la base della Semplificazione, la musa ispiratrice dell’attualità, spesso confusa con la Semplicità, che è tutta un’altra cosa.
L’ovvietà si mostra come il combustibile del futuro, altro che energie pulite come il sole, il vento, l’acqua. È l’ovvietà che oggi combure, producendo nella combustione l’illuminazione di certe menti che partoriscono banane incerottate o movimenti sardinisti. L’ovvietà è la fonte d’ispirazione costante di molti movimenti di dissenso, che dissentono ovviamente su posizioni indifendibili, come quelle di certi Capitani (ma non solo!), ma che hanno molto successo presso chi dall’ovvietà si fa imbambolare. Perché l’ovvietà, anche paludata da buon senso, il famoso buon senso di cui anche il Capitan de’ Capitani, altro utente compulsivo dell’ovvietà, si fregia spesso, è un carburante che costa poco, anzi, non costa nulla. È lì, sempre disponibile, assai facilmente rinnovabile perché le menti della maggior parte delle persone nell’ovvietà sembrano prosperarci. L’ovvietà è usata da tutti, indistintamente e con un successone.
L’ovvietà è comodissima. Permette di dire tutto e di non dire niente: non esiste più la mezza stagione, sono sempre i migliori quelli che se ne vanno, e così via, dove ovviamente il tutto e il niente si annullano a vicenda, lasciando le cose come stavano prima. È meglio lavorare poco e fare molte vacanze piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze, recitava il buon Massimo Catalano nelle trasmissioni di Renzo Arbore, quando l’ovvietà era usata ironicamente proprio per stigmatizzare la medesima, che già aveva iniziato a invadere e permeare perigliosamente la modernità.
L’ovvietà investe soprattutto gli attuali movimenti di massa, in Italia ma non solo. Prendiamo le cinque stelle, ovvia metafora di una qualità quasi de luxe, come fosse un ristorantissimo di Alessandro Borghese. Le cinque stelle si sono mosse in massa sfanculando destra e sinistra per ovvietà, e promuovendo l’ovvietà come paradigma: è meglio un governante onesto di un governante disonesto. Provate a trovare un difetto in quest’ovvietà. Non ne ha. L’ovvietà cancella le sfumature che forse potrebbero rendere l’ovvietà meno ovvia. Notare che non è stato detto: è meglio un governante onesto e competente di un governante disonesto e incompetente. Che è certamente un’ovvietà arricchita di profondi significati ma esprime già una qualità che gli ovvisti preferiscono mantenere celata, prima che la massa, così amante delle ovvietà, possa accorgersi che forse la competenza è una condizione indispensabile per un buon governo. Questo, paradossalmente, non sembra ovvio a moltissime persone.
Ma l’ovvietà è talmente facile da percepire e da spacciare da far elaborare – e anche digerire – la trovata del sorteggio dei parlamentari tra tutto il popolo, come fosse una riffa. Perché l’ovvietà recita uno vale uno, affermazione che, ovviamente, viene intesa uno vale l’altro. Ovvio, no?
Greta, poi, è una campionessa di ovvietà: è meglio un mondo che non cambi il suo clima piuttosto di un mondo che lo cambi, è meglio un mondo senza disastri piuttosto che un mondo pieno di disastri. Perché alla fine il succo è quello non avendo colei minimamente idea dei complessi meccanismi che regolano il clima sul pianeta. E tutti credono che questo sia un gran pensiero, perché è facile da concepire, perché fa sentire intelligenti pensare e sostenere una simile stronzata. Se ci arriva perfino una bambina “certificata” figurarsi se non ci può arrivare un adulto. Se in estate non ci fosse caldo farebbe freddo, alla fine.
Le sardine sono l’ovvietà fatta branco. Riescono a far apparire un dilettante dell’ovvietà perfino il Dott. Pangloss del Candide di Voltaire. È meglio essere apolitici e contenti di esserlo piuttosto che politici e scontenti della politica. È meglio non prendere posizioni politiche ma bisogna combattere le posizioni politiche di qualcun altro; sempre, ovviamente, non prendendo alcuna posizione politica. È meglio proclamarsi antifascisti e allo stesso tempo invitare tutti alle manifestazioni, fascisti inclusi. Anche se poi, ovviamente, arriva il nyet dei capi che, per una volta, forse perché ci hanno ragionato in tanti, si sono accorti delle trappole dell’ovvietà. Certo, comunque, quello di Ogongo era il capolavoro ossimorico dell’ovvietà. E, diciamolo, l’ovvietà affonda le sue radici ed espande le sue chiome nell’infantilismo. Volemose bene è uno dei molti paradigmi dell’ovvietà che, a dispetto dell’apparente unità, è ben differenziata nelle sue manifestazioni.
Per esempio è un capolavoro dell’ovvietà la banana (autentica) incerottata di Cattelan. Come se fosse una trovata, una novità assoluta, dimenticandosi che la banana come feticcio (pur senza cerotto) l’aveva già usata Andy Wharol sulla copertina di un disco di Velvet Underground. L’ovvietà non ha memoria e la composizione cattelaniana viene venduta per 120 mila dollari. Certo, se avesse accompagnato la magnifica opera con la colonna sonora di Sbucciami di Malgioglio in loop, allora sarebbe stato forse qualcosa di meno ovvio, arricchendo perfino la successiva “performance” di un altro “artista” che l’ha sbucciata e se l’è mangiata, la cosa più ovvia che si potesse fare. Una cosa meno ovvia, ma più divertente, sarebbe stato il pagamento in 120 mila banconote del Monopoly.
Ovviamente certa critica ovvia fa passare Cattelan per un genio. E non solo Cattelan ma anche personaggi che appendono altri manifesti dell’ovvietà come i gommoni alle finestre di Palazzo Strozzi o che tagliano le loro opere d’arte in striscioline dopo averle battute all’asta, mentre così il loro valore, ovviamente, aumenta. L’ovvietà è quel cambiamento climatico mentale che ha cambiato le connessioni neuronali nel cervello delle persone e la loro percezione della realtà, semplificandola al massimo e facendo loro credere che l’ovvio ottimismo o l’ovvio pessimismo o l’ovvia ovvietà tout court siano la chiave di tutto.
Ed è proprio a livello linguistico che l’ovvietà rende manifesta la confusione imperante. Lo scopo era trovare un linguaggio ovvio che riuscisse a piacere a tutti, la smania del secolo. Proprio per questa ragione l’ovvietà è diventata la lingua franca più diffusa del pianeta. Esempi nostrani? Il Capitano che nel giro di pochi giorni amat et odit et amat again la Nutella, riuscendo attraverso l’ovvietà, dopo una breve usurpazione sardinica, a risalire la china degli algoritmi che lo mettono in cima alle impazzite preferenze dei social. Oppure quando addirittura il ministro dell’istruzione spinge gli studenti a manifestare il venerdì per il clima (Come! Non manifesti per il clima? Allora sei un inquinatore!) perché, ovviamente, possono imparare molto di più da quell’esperienza piuttosto che a scuola, ossia l’istituzione che il ministro dell’istruzione dovrebbe potenziare e difendere, o quando le sardelle manifestano la loro ovvia apoliticità e vengono pure omaggiate da figure politiche di spicco come Mario Monti, ex presidente del consiglio che vi raccomando, e l’attuale Giuseppi Conte che le trova, ovviamente, “una cosa bellissima”, vuol dire che c’è un cortocircuito o che quest’apoliticità è un po’ farlocca o, quanto meno, che è un termine usato a sproposito. Ovviamente, se fai notare l’incongruenza non vieni compreso ma, anzi, classificato immediatamente come oppositore e quindi dalla parte che quei movimenti combattono anche se tu non approvi minimamente i famosi odî, razzismi, neofascismi capitaneschi e fratellitalioti e casapandini e li combatti pure, magari con argomentazioni non proprio così ovvie. Argomentazioni che, appunto, l’ovvietà rifiuta, perché l’ovvietà non ammette contraddizioni, l’ovvietà impone un’adesione totale al dogmatico postulato che professa.
Sono le sfumature decorative della modernità, che volete farci, il linguaggio come orpello, ormai senza più un significato supportato da un significante, rivelando pertanto una frattura abissale dominata dalla Legge Universale dell’Ovvietà.
Attraverso la Legge Universale dell’Ovvietà è molto facile prendere il potere, tanto le pecore, siano esse sotto forma di leghisti, sardine, stellette, forzini, fratelliditalialitaliasèdestra, sorellastredisanmarino, neoborbonici, neosavojardi, fatebenefratelliesorelle, archeocattolici, neocattolici, cattolicicosìcosì, postcattolici, pseudodemocratici o chi vorrete voi nell’apparentemente variegato zoo dove ci troviamo, seguiranno il cosiddetto e ovvio uomo forte, perché, ovviamente, dà fiducia e sicurezza. Unicamente perché tutto ciò è ovvio. Buona scorpacciata natalizia di ovvietà.
Se invece volessimo ancora provare ad accendere il cervello e ricuperare un minimo di dignità non dovremmo praticare l’ovvio e tanto decantato amore universale, perché così facendo saremmo costretti ad accogliere gli ovvii carnefici della democrazia e della libertà che stanno affilando le armi. L’amore universale è, ovviamente, una bella e ovvia trappola costruita sulla Legge Universale dell’Ovvietà. Non ci si può permettere di essere buoni con chi non lo è, con chi bara di continuo, con chi invoca protezioni mariane per l’Italia e per l’Europa e non si può essere buoni con chi strumentalizza l’amore, facendo bastardamente leva su ciò che resta ancora di mite nella società, penalizzando, ovviamente, un’autentica riscossa che necessita di una certa dose di veleno. Pertanto, per fare questo, bisogna ovviamente dimenticarsi di essere buoni e miti. I pesci grossi mangiano sempre i piccoli e non il contrario. Non come sardine bisogna riunirsi ma come vipere. Vipere che non devono cantare di sicuro Bella ciao, anche perché finisce male, né il Cantico delle creature, perché non porta a nulla, ma, ovviamente, Una vipera sarò. E che mordono, non è per presunzione ma solo per essenza. E questa è, clamorosamente, un’ovvietà.
© dicembre 2019 Massimo Crispi
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