Costume

Se ci ‘rubano’ il futuro, ci riprendiamo il passato

31 Dicembre 2016

Da qualche tempo – nemmeno poco a dire il vero – in tante città italiane spopolano pagine Facebook dedicate al passato. Molto ben fatte. Interessanti. Grazie a meravigliosi archivi fotografici – e alle immagini che vengono inviate anche dagli utenti del social network – regalano scorci spesso dimenticati. Affascinanti, talvolta incantevoli. Nella mia di città, Rimini, con i ‘mi piace’ schizzati alle stelle – le due bacheche più note ne sommano almeno 30.000 – tutti i quotidiani locali, cartacei e non, dedicano ampio spazio al fenomeno. Che, diventato virale, è impossibile ignorare. Tempo fa una tivvù ospitava addirittura una rubrica settimanale preparata dalla redazione di una di queste ‘vetrine’ online.

Attivissime. In un amen, c’è chi ha organizzato visite in luoghi storici ma dimenticati, facendo riaprire – per giornate dal taglio artistico-culturale – edifici privati solitamente chiusi al pubblico. C’è chi è riuscito a riportare in mare l’altalena, amatissima fino agli inizi degli Anni Novanta, scatenando un vero e proprio delirio. Spingendo all’Amarcord quelli che sull’acqua si dondolavano da mattina a sera e al desiderio irrefrenabile chi, troppo giovane, non c’è ancora riuscito e non vede l’ora di provare. C’è chi ha lanciato serate ‘Anni Ottanta’ nelle discoteche simbolo della Rimini di quel tempo, radunando nugoli di quarantenni, entusiasti e gaudenti. Felici di rivivere, almeno per una sera, le atmosfera dei loro anni d’oro. Quasi un remake, in salsa romagnola, dell’Anima mia’ dedicata da Fabio Fazio agli ‘Anni Settanta’.

Tutto molto divertente. E un po’ malinconico: allo scintillante ‘ieri’ fa da contraltare un ‘oggi’ sbiadito, insipido raccontato – quando viene raccontato – senza grande slancio e passione. Anzi, con il timore di un ‘domani’ ancor più in salita. Sfogliando l’album fotografico – ormai assai nutrito – di una delle diverse pagine, uno scatto di ‘Zanza’, celebre playboy della Riviera nei ruggenti ‘Eighties’ e salito più volte agli onori delle cronache nazionali, scatena l’entusiasmo degli internauti: tutto un rincorrersi di ‘che tempi, quei tempi’ e via discorrendo. Davvero curioso: negli Anni Ottanta, per tanti che lo esaltavano – di sicuro le decine e decine di scandinave finite tra le sue braccia – ce ne erano altrettanti che proprio non avrebbero voluto l’immagine della Riviera legata a un giovane con il capello lungo, gli orecchini, la camicia aperta fino a metà torace a lasciar intravvedere il petto villoso e la catenina. Oggi, invece, il commento è unanime: una leggenda, un simbolo.

Sarà l’effetto nostalgia, che fa luccicare le esperienze vissute, ma il successo del ‘vintage’ ad ogni costo sembra essere – paradossalmente – uno dei pochi motori di cambiamento dell’intera città. Avere riconquistato memoria, spazi e edifici storici, tradizioni è decisamente meritorio ma come è possibile che quel che si muove con maggiore entusiasmo debba arrivare esclusivamente dal passato?

Rimini, come l’Italia e forse l’Europa intera, pare muoversi in un limbo di incertezza. Scettica verso quello che può riservare il futuro tanto da rifugiarsi nei tempi andati e nel loro ricordo. Più rassicurante.
Qualche tempo fa, alla presentazione di uno degli ‘ultimi libri di Walter Veltroni – dedicato alla storia bizzarra dell’‘Isola delle Rose’ – i tanti riminesi intervenuti, si erano esaltati solo allo scorrere delle immagini in bianco e nero, solo a sentir parlare di quella città che ha segnato l’evoluzione della storia del turismo italiano. Neanche un sospiro per il presente e per quello che potrebbe riservare il domani.

Come dire, se ci rubano il futuro almeno ci riprendiamo il passato.

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