Costume
Scoppia l’attentato: e sui social è subito Commedia dell’Arte
In principio è Enrico Mentana.
Non importa a che ora accada il fatto, compreso il cuore di una notte afosa nei dintorni di Ferragosto. Mentana c’è, sempre, e posta la notizia prima di tutti, e a seguire gli ulteriori aggiornamenti come una sorta di one-man-Ansa.
E quando gli aggiornamenti finiscono, e la cronaca lascia il passo all’opinione, quella sensazione di sospensione del conflitto, di silenzio e vicinanza umana che aveva accompagnato l’arrivo della notizia svanisce. Ognuno prende in mano lo smart-phone e comincia a scrivere.
Molti attentati fa, le reazioni erano variagate. Si percepiva l’insicurezza, l’ansia da prestazione del momento. Tipo le ragazzine americane bruttine dei film, che davanti allo specchio sono indecise sul look con cui uscire al primo appuntamento.
“Oddio, Bill mi ha chiesto di uscire! E io che mi metto?”
“Oddio, X morti a [inserire nome città a caso]! E io cosa scrivo sui social?”
Poi, attentato dopo attentato, i ruoli si sono affinati, l’improvvisazione, via via, è stata progressivamente eliminata. Come la ragazzina americana, che alla fine del film si è tolta gli occhiali, ha acquisito fiducia in sè stessa ed è diventata bellissima, anche il commentatore da social ha capito come massimizzare gli effetti. Scoppia un attentato? Tempo zero, lui entra nei panni di uno di quei personaggi-fissi che sono emersi col tempo, cominciando a dare spettacolo sul grande palcoscenico di Facebook.
I ruoli, con piccole variazioni regionali (come nella migliore tradizione della Commedia dell’Arte), sono:
1) L’IO-NON-HO-PAURA
È quello che, con i cadaveri ancora in corso di identificazione, tiene a far sapere al mondo che a lui, i terroristi, fanno un baffo.
Scoppia una bomba al concerto di Ariana a Manchester? Non è importante sapere quanti bambini sono coinvolti: l’importante è far sapere che lui andrà in giro a cantare a squarciagola le sue canzoni, perchè appunto lui “non ha paura”.
Scoppia l’inferno a Barcellona, e le notizie sono confuse, e il bilancio è in aumento, e forse i terroristi avevano un piano ancora più terribile? Quisquiglie. L’importante è urlare al mondo che lui andrà a ubriacarsi di Sangria, perchè lui “non ha paura”.
Insomma: Ammaniti is nothing, tuttavia sorge il sospetto che se, mentre lui si scola la Sangria, noi sostituissimo a “io non ho paura” la frase “a me non frega nulla”, il risultato sarebbe esattamente lo stesso e nessuno noterebbe la differenza.
2) IL GUERRAFONDAIO
Senza Peppino, cosa sarebbe stato Totò? E lo stesso Ciccio senza Franco, Cochi senza Renato. Il Guerrafondaio è colui che rende grande l’Io-Non-Ho-Paura, in un rapporto simbiotico in cui uno giustifica l’altro.
Mentre l’Io-Non-Ho-Paura strimpella sulle note di Imagine, lui indossa l’elmetto tipo Sturmtruppen e comincia a maledire “i gessetti colorati”, le “marce della pace”, le “preghiere” (anche se il Cattolico dovrebbe essere lui: infatti l’altra cosa che lo fa incazzare è quando la gente scrive a favore dei matrimoni omosessuali).
Vorrebbe bombardare, raderli al suolo, farli sparire dalla faccia della Terra; ma chiedergli “chi, di grazia?” è inutile, perchè il Guerrafondaio non ha tempo da perdere. Nel percorso tra il frigorifero e il divano, che compie a passo dell’oca, ha già descritto sulla sua bacheca una drammatica escalation a base di risoluzioni Onu e missioni militari che – ove presa alla lettera – porterebbe dritti alla Terza Guerra Mondiale e alla relativa distruzione del Pianeta.
3) IL NARCISISTA
Di gran lunga il preferito dalla critica e dal pubblico più esigente.
Mentre l’Io-Non-Ho-Paura e il Guerrafondaio scendono subito in campo, il Narcisista prende tempo. Solo dopo aver osservato il mondo dall’alto, con un cinismo che spesso scivola nel disprezzo, ecco che scende dall’altissima montagna su cui vive, annunciando il suo disgusto per i social “cloache a cielo aperto” dove tutti, ma proprio tutti, “dicono la loro”.
Davanti a fatti come questi si dovrebbe tacere, afferma.
E però poi, invece che tacere, il Narcisista continua a parlare. Fa citazioni colte per attaccare gli avversari, cioè quelli che simpatizzano per un partito diverso dal suo. Continua a parlare degli altri, marcando sempre la differenza tra gli altri, corrotti, e la purezza che lui può vantare; di fatto, parla solo di sé stesso e col passare delle righe diventa chiaro che il fine del post è semplicemente quello di farci sapere che lui è vivo.
Dio è Morto, Marx è morto, altre persone sono appena morte ma lui sta benissimo e non smetterà di parlare fino a che non avremo messo il like.
4) L’ESPERTO DI GEO-POLITICA
A lui l’opinione non interessa.
Lui è un uomo di fatti, a differenza degli altri, “e guarda cosa mi tocca leggere, un’altra roba del genere e non rispondo delle mie azioni”.
È uomo colto, legge molto, Internazionale certo, ma non solo, i settimanali stranieri sono il suo pane e anzi, ha appena sentito la CNN che smentisce categoricamente certe sciocchezze che stanno dicendo in Italia.
Perché proprio li, perché proprio oggi, sono domande che per lui non hanno misteri.
Fargli qualche domanda è però un errore madornale, perché l’Esperto di Geopolitica comincia con una spatafiata da perdere quattro diottrie a leggerla tutta, si parte da Putin e Trump, per tornare indietro a Obama e le Primavere Arabe, e poi Bush e la Guerra in Iraq, Clinton e Camp David, Nixon e l’Opec, la Seconda Guerra Mondiale il caso Mattei e poi, verso le quattro di notte, l’analisi delle motivazioni che spinsero Carlo Martello a fermare i Saladini a Poitiers.
5) LA MUCCA DEL WISCONSIN
Mentre il mondo è col fiato sospeso, il bilancio sale e raggiunge cifre da incubo, mentre ci si chiede cosa ne sarà di noi e dei nostri figli, all’improvviso lui:
“Tranquillo Gigi, quest’anno a Kiev la Coppa la alzi tu, leggenda bianconera!”.
E tu sei li, preda di dubbi inauditi sul suffragio universale, che subito ne spunta un altro:
“Venticinque arrosticini e non sentirli! Buone vacanze a tutti dall’Abruzzo!”.
Impassibile davanti agli eventi del mondo come le mucche del Wisconsin davanti ai treni, questo è il personaggio più importante, che infatti entra in scena per ultimo.
E’ lui a dimostrare senza appello la follia alla base dell’atto terroristico, l’idiozia di un manipolo di stronzi convinti che sia possibile scuoterci dalla routine, svegliarci dal torpore culturale per cui, davanti ad ogni fatto, quello che ci interessa davvero è dire qualcosa di intelligente sui social, produrre un’altra prova che dimostri a tutti la nostra esistenza.
Comunque vada, domani è un altro status.
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