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ROUTE 21 e quelli che ben pensano
Scrivo di un libro che non è mio, eppure lo è.
Scrivo di uno scrittore insolito, di qualcuno speciale e scrivo “per qualcuno”.
Scrivo di getto, con slancio e determinazione, per qualcosa e contro qualcos’altro, di cuore e senza misura. Scrivo e penso che questa volta le parole servano davvero e trascineranno con sé altre parole e cambieranno le cose che devono essere cambiate.
Il libro è “ROUTE21” (strada, vita e cromosomi), lo ha scritto un mio amico che si chiama Gianpiero Papasodero e che ha scritto di sé, dei suoi amici e della loro splendida sfida.
Io ho provato a contribuire e ho scritto una postfazione, ma non potevo davvero aggiungere nulla a quel cammino perfetto.
Gianpiero racconta il viaggio in moto della sua “Route 21” che parafrasa l’iconografica “Route 66” simbolo della vita on the road e dei bikers made in USA, e intreccia quell’ideale di libertà con il numero 21 dei suoi ragazzi che convivono con la Trisomia e la Sindrome di Down.
Malattia, limite, rinuncia ?
No grazie !
La risposta di Gian (lo chiama così chi lo conosce) è semplice e non trattabile.
La sua prospettiva è come la sua vita, differente, come i suoi amici con un cromosoma in più, vari e speciali; in quel mondo la paura ha da tempo ceduto il posto all’amore.
Su quella sfida e su quel libro ho già scritto e ne sono orgoglioso come di nient’altro che abbia scritto prima e per questa volta posso ripetermi.
La storia della Route21 è la storia di qualcosa che non c’era, che pareva impossibile da fare e che qualcuno ha fatto diventare realtà. La storia di una magia.
Gian la racconta a modo suo, la disegna come l’ha vissuta, senza pause, senza tregua, senza risparmiare niente, neppure una sola emozione, successi e insuccessi, rettilinei levigati e curve difficili, sole amico e temporali ostili.
E’ difficile per chi si trova quelle pagine tra le mani resistere senza leggerla tutta d’un fiato, dentro ci sono otto anni di viaggio, di un viaggio iniziato molto prima e mai giunto a destinazione.
Un viaggio di libertà e coraggio, volontà e sofferenza, speranza e fiducia. In un mondo di regole già scritte e condizioni insuperabili i più fragili hanno la possibilità di misurarsi con se stessi e mostrare la loro luce, la forza nascosta e potente che nessuno aveva mai vista prima.
Sono banditi i luoghi comuni perché nel libro non ne troverete alcuno, è vietata la retorica, perché nella magia della Route 21 non c’è posto per i buoni sentimenti di facciata. C’è, invece, spazio per un realismo composto e senza accuse, tempo per le riflessioni oneste e un’autostrada aperta verso il cambiamento, di visione, di credenze e di obbiettivo.
Dalla prima pagina in poi scambierete i vostri occhi convenzionali con quelli coraggiosi di Gian e tutto quello che credete di sapere sarà diverso.
“Sono Luca e ho la sindrome di Down, con l’aggravante della Harley”.
Questa frase potrebbe essere la sinossi del libro.
Non appartiene a chi l’ha scritta, ma è lui che ha permesso che Luca la potesse pronunciare, è lui che ha fatto spazio a Luca e a tutti gli altri ragazzi in un mondo di pregiudizi, compatimento, protezioni posticce e barriere inutili.
Li ha amati dal primo momento, come si amano gli amici, i simili, i pari e li ha condotti senza esitare fuori dal loro mondo diverso, costruito da “normali” per lasciare intatta la loro diversità e nascondere l’impotenza e la frustrazione di chi non sa come cambiare un destino che crede ingiusto.
Gli occhi di Gian Piero non vedono nulla di tutto questo, non maledicono la sorte di chi è nato con un cromosoma in più, ma vedono la meraviglia che si cela dentro a questa differenza. Differenza, nulla di meno, niente di mancante, solo passi più lenti, percorsi più impervi e qualche pausa in più, per avanzare in un mondo che si rifiuta di cambiare sé stesso per accogliere la bellezza collaterale di questi suoi fratelli.
Gian corre veloce, su una Harley Davidson che rappresenta qualcosa in più agli occhi dei normali e su quella moto porta con se i suoi nuovi amici che diventano parte di quel mondo, di quella comunità e del viaggio che non finisce.
Nel racconto c’è tutto il mondo di chi vive sulla moto e per qualche speciale motivo è pronto a vedere oltre le convenzioni; ci sono amici che fanno posto a nuovi amici senza porsi domande.
Lungo il percorso accadono cose che non sono facili da vedere altrove. L’intenzione è buona e tutto cospira perchè l’obiettivo si realizzi.
Le difficoltà si dissolvono e arriva la risposta, sotto forma di accoglienza, ospitalità, donazioni generose, chi è pronto riceve il segnale e risponde, come può e come serve. Così la Route21 non si ferma, anno dopo anno e chilometro dopo chilometro diventa la casa di molti.
In tante pagine di quel libro leggerete questa parola, “casa” e sarà ovunque ci sono persone disposte ad accogliere i ragazzi che percorrono l’Italia sulla Harley di Gian.
Persone che vanno in moto, che accettano le incognite dell’asfalto, anche la morte che a volte incrocia la loro strada.
Accade, e chi resta e lo sapeva già lo impara ancora una volta, senza enfasi nè tragedie, con rispetto.
Rispetto, questa è la parola che unisce i ragazzi della Route21 ai loro nuovi amici e al loro capitano. Il rispetto mancato, quello voluto e quello guadagnato. Ogni anno si parte e si arriva e la partenza successiva è sempre molto più avanti.
Ogni anno qualcuno scopre di essere più di quello che gli altri hanno visto finora.
Oggi scrivo di Gian, dei suoi amici e della Route 21. Contro il mondo ipocrita e posticcio di quelli che ben pensano.
Pensano di poter giudicare e scegliere per loro e così mandano in mille pezzi le loro vite fragili e distruggono i sogni appena nati dopo migliaia di chilometri e anni sulle strade con Gian gli altri fratelli in Harley Davidson.
Andrea è uno dei ragazzi speciali che sono la Route 21.
Andrea ha una malattia rara, ci convive e ha cambiato le regole, sovvertito il pronostico, vinto il destino.
Andrea lavora e realizza sé stesso così, ha fiducia perché l’ha imparato sulla sella di una moto con Gian, ma adesso non può più farlo perché qualcuno ha deciso per lui, ha scelto come deve andare a finire la storia appena iniziata, qualcuno ha scritto su un foglio che la sua meta non esiste.
Una “Commissione socio-sanitaria” ha il compito di dire ad Andrea e al mondo intero che la sua “potenzialità lavorativa” è “quasi abolita” e che lui è “…adatto per attività manuali semplici e ripetitive con finalità socio-riabilitative…”.
Qualcuno che non sa nulla di Andrea e della sua sofferenza, del dolore che rende ogni azione durissima e ogni passo avanti meraviglioso, che non ha visto il miracolo di quando ha fatto da solo un gesto semplice per chiunque altro e che mai avrebbe potuto fare per la conoscenza dei suoi giudici. Qualcuno che non sa delle lacrime trattenute a stento da un suo amico grande e grosso quel giorno.
Oggi quelli che ben pensano hanno esercitato il loro potere e hanno messo fine al sogno di Andrea.
Senza volerlo hanno vinto, o così credono.
Questo mondo non mi piace, non mi piacciono i suoi padroni arroganti e lontani, non mi piacciono le sue regole ciniche e senza cuore.
Questo mondo deve essere ribaltato e le sue regole devono essere riscritte.
Da uomini e donne come Gian e i suoi ragazzi, da chi leggerà il loro libro e da ognuno di noi che abbiamo visto il sogno realizzarsi ed essere distrutto.
Solo per adesso…
Il viaggio continua.
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