Costume
Quello che si capisce dell’Italia andando da Milano a Roma in bicicletta
Ogni anno da cinque anni a questa parte attraverso con mio figlio, oggi 17enne, una regione italiana, prima a piedi, oggi in bicicletta. Visto che l’adolescenza chiama, le usuali due settimane sono diventati una concessione di 5 giorni a inizio luglio, trasformati in un’attraversamento dell’Italia in bicicletta da Milano a Roma, da porta di casa a porta di casa. Un massacro di quasi 700 km e tanto dislivello, idealmente lungo la via francigena, testosteronicamente concluso proprio in 5 giorni in luogo dei 7 preventivati.
Le tappe sono state: Milano – Salsomaggiore – Massa – San Giminiano – Roma. Siamo passati da Milano alla montagna al mare alla campagna, dalla polpa di Milano e della via Emilia all’osso degli Appennini, dalle località del turismo di lusso a quelle di nessun turismo, attraversando quelle che erano turistiche in passato. Una bella cosa che non farò mai più, come diceva David Foster Wallace.
Si capisce qualcosa tagliando l’Italia lentamente ma di corsa e con il falcetto? Forse sì, e provo ad argomentarlo, non facendo un diario, ma per sommi capi, grandi astrazioni viste e rimuginate mentre le gambe andavano.
Pieni e vuoti. Allontanandosi da Milano per la campagna lodigiana che arriva al Po, certamente non aree interne, ci si rende conto che i paesi sono vuoti, la vita altrove. La presenza turistica è pressoché inesistente se non in pochissime zone e al di fuori della sera, quando i residenti tornano a dormire, tutto tace, nella canicola estiva mancano solo i tumbleweed, gli arbusti spazzati dal vento che rotolano nei film western. La Provincia, anche quando non è area interna, luogo eroico del conflitto con la modernizzazione che violenta la nostra fragile biodiversità, è dormitorio. Non solo borghi agricoli semi-abbandonati, ma teorie di villette a schiera un po’ americane, e nessuno in giro. Ci si chiede se torneranno.
Turismi. Il turismo industrializzato, su cui sarebbe urgente una riflessione critica di sostenibilità che non verrà, ha come tutte le cose standard poca fantasia. Quei posti di mare, quei posti di montagna, quelle città d’arte, tutte piene, stop. Finché non diventano troppo piene, invivibili, pollai senza senso in cui ci si dimentica perché si era venuti. Soprattutto, si abbandona quello che sfugge alle logiche industriali, i modelli che non vanno più. Vale per le terme, uccise non dal video ma dalla fine dei contributi delle USL alle cure termali. Salsomaggiore è da questo punto di vista una fascinosissima nobile decaduta. Soggiorniamo in un albergo che ha visto tempi migliori, passiamo di fronte ai ruderi di costruzioni di enorme fascino, virato al seppia. Eppure ci sono amministratori locali che ci provano, paesaggi gentili ed eleganti, un tartufo (bianco e nero) che varrebbe il viaggio. Anche la mezza montagna, lo vediamo a Berceto, soffre. Per una scelta eroica, come la famiglia di Milano che abbandona la pianura per aprire un pub e b&b, Le Spine, c’è la macelleria che chiude e la piazza che si svuota. Manca la fantasia, altrimenti non si spiegherebbe il successo di un posto sostanzialmente inutile come Forte dei Marmi. Eracliteamente bagnato dalla stessa acqua delle ben meno quotate spiagge circonvicine, il Forte non ha nulla di interessante, se non la riproposizione incafonita di come si andava in vacanza 60 anni fa. Ho fatto vedere a mio figlio, a cui il Forte piace, “Sapore di sale”, che nel 1983 celebrava le vacanze al Forte di 20 anni prima e mi ha confermato a denti stretti che è ancora tutto così. Se un minimo di fantasia ci fosse, si seguirebbero magari gli itinerari che la cooperativa di comunità SIGERIC propone ai turisti nell’entroterra, in Lunigiana e Garfagnana. Sono tutti giovani, guide e naturalisti, e da Filattiera, vicino Pontremoli, portano chi vuole uscire dalla calca, dai lettini vergognosamente costosi e dalla riproposizione con la c aspirata di via Montenapoleone, tour in bicicletta, a piedi, in canoa, esperienze gastronomiche in una zona crocevia di ben tre regioni, insomma tutto quello che una persona in minima salute potrebbe fare senza spegnere corpo e mente.
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