Costume
Prostituzione. Il racconto di una ex del ‘supermercato del sesso’ d’Europa
Dal 2002, in Germania, la prostituzione è una attività legale. Nei bordelli tedeschi, ogni anno, vengono spesi 14,5 miliardi di euro. Circa 1,2 milioni di clienti frequentano, ogni giorno, gli oltre 3.500 bordelli aperti nella diverse città del Paese. A mettere in fila i numeri del fenomeno – proprio nelle settimane in cui in Italia è tornato in auge il dibattito sulla riapertura delle ‘case chiuse’ – è una ex’ ‘sex-worker’ originaria di Stoccarda invitata dalla comunità riminese Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi – il parroco dalla ‘tonaca lisa’ – a raccontare la sua esperienza in quello che è diventato, anno dopo anno, il ‘supermercato del sesso’ in Europa dove una donna è libera di prostituirsi iscrivendosi in un registro, pagando le tasse e usufruendo dell’assistenza sanitaria.
Ora attivista di Space International, organizzazione internazionale che riunisce donne sopravvissute alla prostituzione provenienti da Francia, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Germania, Stati Uniti e Canada – Marie (nome di fantasia) Merklinger ha raccontato alla platea romagnola, lunedì sera, il suo percorso di vita. Dagli anni dei bordelli e dell’illusione che “quello più antico del mondo sia un mestiere come un altro”, fino al passaggio tra le donne che lottano perché ovunque venga attuato il cosiddetto ‘Modello Nordico’,che prevede la punizione del cliente. Disegno condiviso dalla stessa Papa Giovanni XXIII che, nei mesi scorsi ha lanciato, al riguardo, la campagna ‘Questo è il mio corpo‘.
Alla “metà dei miei quaranta anni mi sono trovata in una situazione di estrema fragilità economica – ha raccontato Marie – e sono stata, in tutto, tre anni nel mondo della prostituzione. Non sono stata costretta da un uomo, né sono stata vittima di tratta, sono stata vittima delle circostanze di vita in cui mi sono venuta a trovare”. Per fare fronte alle difficoltà finanziarie, ha aggiunto – “ho tentato tutte le strade, poi mi sono detta: c’è una cosa che ancora non ho fatto. Ho pensato, è un lavoro come un altro, è legale, dopo tutto ho avuto storie di sesso da una notte, lo posso fare. La prima esperienza è stata una ‘gang bang’ con otto uomini. Non ha niente a che vedere con il sesso di una notte, non ha niente a che vedere con il soddisfare la propria sessualità: tutto si basa sul soddisfare la domanda degli uomini, tutto soggiace ai loro bisogni e alle loro depravazioni”.
Nel frattempo, ha chiarito, “non ho mai smesso di cercare un altro lavoro: uno lo ho anche trovato ma, dopo un anno, lo ho perso e non ci ho messo molto a ritrovarmi nel dramma. Perché non è un lavoro come un altro: dovevo subire uomini di cui non sopportavo neppure l’odore che si servivano del mio corpo, molti volevano provare l’esperienza della ‘fidanzata’. Una finzione continua, ancor più che una dissociazione: le fantasie degli uomini non hanno limiti”.
Fantasie che hanno spinto Marie verso attacchi di panico e depressione, prima di riuscire a raccogliere le forze, “la mia terapia è stata la rabbia”, e abbandonare il mondo del sesso a pagamento. Per poi diventare un’attivista di Space International. Ora “giro tutta la Germania – ha argomentato – vado nei quartieri a luci rosse, vado nei bordelli. Incontro le ragazze. Mi dicono ‘va tutto bene, non ti preoccupare’, ma poi ammettono che è difficile. La situazione in Germania è fuori controllo. La Polizia ha le mani legate perché può fare indagini solo se viene denunciato qualcosa ma l’80% delle prostitute arrivano da Romania, Bulgaria, Ungheria, Paesi europei più poveri e non denunciano perché resterebbero senza tetto e senza lavoro: si usa dire che il lavoro viene scelto ma per queste ragazze non è una scelta”.
Sul mercato del sesso tedesco, ha sottolineato Marie, ci “sono circa 400.000 donne che si prostituiscono”. In condizioni, benché legali, spesso difficili: ci sono catene che hanno lanciato, sulla scia dell’’All you can eat’, ossia del mangi tutto quello che riesci a un prezzo (basso) fisso “l”All you can fuck’, con pubblicità che dicono, più o meno,’‘Salsiccia, birra e scopate quanto volete per 50 euro'”. Tariffe forfettarie, ha raccontato ancora, che fanno sì che ci siano casi in cui le “donne devono servire fino a 60 uomini al giorno. 12-14 ore, sei giorni alla settimane tanto che, di fatto, le ragazze vivono lì dentro, nello stesso posto, nella stessa stanza dove si prostituiscono, dove hanno rapporti sessuali” che vengono richiesti loro, “spesso senza protezione, senza preservativo”.
Per uscire da questa situazione, in attesa di un ‘Modello Nordico’, ha concluso l’attivista di Space International, “occorre avere uguaglianza tra uomini e donne, uguaglianza di condizioni tra i Paesi perché se si è in una situazione di disuguaglianza non si può scegliere”. Anche se così viene detto.
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