Costume
Pamphlet su una nota sola, in modalità Requiem
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Siamo diventati un paese dove a ribellarsi sono i minchioni e i capricciosi di ogni risma. A scendere in piazza per noia e passatempo è gente che non ha nulla da rivendicare, se non la miserabile possibilità di sfogare il proprio assurdo, schifosissimo e inaccettabile dissenso per i sacrosanti diritti degli altri.
Siamo diventati un paese dove l’ipocrisia è stata messa al centro dell’azione politica dei parlamentari, della vita pubblica, delle relazioni private. Ognuno si muove, dà e ottiene attraverso una rete di conoscenze e non mediante il meccanismo vitale di un percorso ambizioso, fatto di esercizio e rinunce, sacrifici e studio.
Siamo diventati un paese analizzato da filosofi di punta, che negli anni della maturità sfoggiano un cretinismo di maniera, superficiale e pericoloso, in controtendenza col passato, quando i senex della filosofia indicavano percorsi morali.
Siamo diventati un paese dove gli scrittori e le scrittrici sono muti e mute, curvati e curvate sul loro privatismo, sul loro biografismo, sul loro fanatismo. Ismi di ritorno e di tendenza, da preferire a qualsiasi articolata invettiva, per qualificare scriventi senza nessuna peculiarità caratteristica che possa distinguerli e collocarli all’interno di una tradizione popolare, da cui prende origini la letteratura di ogni genere.
Siamo diventati il paese, pertanto, degli elettori per finta, dei politici per finta, dei lettori per finta, degli scrittori per finta, delle passioni per finta, della solidarietà per finta. All’apice di questa colossale falsità, un odio vero, un settarismo vero, uno scadimento vero.
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