Costume

La nomofobia e le nuove ansie: la pessima sensazione di sentirsi tagliati fuori

26 Luglio 2019

La nomofobia è la dipendenza da smartphone, dall’inglese no-mobile-phone-phobia, ed è strettamente collegata alla dipendenza da social: è una dipendenza così diffusa e così temibile che per alcuni è la dipendenza del secolo, paragonabile alla dipendenza da sostanze stupefacenti.

Secondo uno studio della Royal Society for Public Health, la dipendenza da social presenta vari sintomi, alcuni tra loro correlati: ad esempio, l’uso dei social aumenta i livelli di ansia sociale perché i social addicted sono costantemente preoccupati di cosa pensano gli altri delle foto postate online (ne ho parlato qui qualche giorno fa).

Tale indizio è strettamente correlato all’ossessione relativa al come si appare: ci sono milioni di foto caricate ogni momento su Facebook che rappresentano una fonte sterminata di confronti fisici per persone dotate di bassa autostima e connessa dipendenza da social. Nella mia piccola esperienza empirica posso annoverare diversi contatti (ragazze giovani, anche se non più teenager) che, pur non ammettendolo esplicitamente, mostrano evidentemente questo tipo di comportamento sui social.

Depressione e ansia sono causate anche dal cyberbullismo, causato a sua volta anche dalla diversità rispetto ai canoni fisici socialmente accettati.

Infine, se non si riesce mai a staccare nemmeno di notte per controllare i messaggi social, il sonno (e la produttività diurna) ne risentono fortemente: è il fenomeno del «vamping», per cui i ragazzi come i vampiri vivono la propria vita sociale nelle ore notturne non dormendo affatto o dormendo molto poco, con evidenti ripercussioni durante il giorno.

La novità sull’argomento è che in questi giorni è stata depositata alla Camera dei Deputati una proposta di legge (a prima firma Vittoria Casa, M5S), che prevede l’istituzione di corsi di recupero in strutture socio-sanitarie, di campagne informative e riabilitative e di misure di sostegno per chi è affetto da questa patologia.

Quello che ho sempre sostenuto, e che pare adesso sia nelle intenzioni della proposta, è che primariamente si deve agire sull’educazione dei ragazzi, poiché la scolarizzazione ora deve anche educare alla consapevolezza dell’uso della Rete e dei social network: non va sottovalutato, tuttavia, che l’educazione deve essere rivolta non solo agli studenti quanto ai genitori che poi saranno coloro che dovranno anche sorvegliare e indirizzare i giovani.

Le intenzioni sembrano buone, il principio di base anche. Resta da vedere che ne sarà della pratica applicazione.

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