Costume

Nelle scuole di Grosseto il presepe diventa obbligatorio

18 Dicembre 2019

Si bemolle. A Natale puoi. Mi bemolle. È Natale e a Natale si può fare di più.

Mentre le folle protopanettoniche si mobilitano per ammirare e acquistare merci con qualche variazione sul tema della credenza, si può fare sicuramente di più. E, per dare un po’ di concretezza a questo “si” o a questo “di più” impersonali, basta catapultarsi dalle parti di Grosseto.

Dove anziché intendere lo spirito natalizio come una miscela stantia di luci colorate su cui dibattere (3D, stroboscopiche, tradizionali, eleganti, pacchiane, spartane, ecc.), babbi natali depressi e grassi saturi, si è preferito un ritorno all’ordine.

Con il presepe al centro dell’iniziativa politica. Talmente al centro da diventare obbligatorio. In virtù di una mozione presentata da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, e approvata dal Consiglio comunale grossetano, il cui testo impegna il sindaco e la Giunta ad “attivarsi affinché all’interno di ogni scuola comunale e all’interno del palazzo comunale sia allestito in vista delle prossime festività un presepe, ben visibile e di consone dimensioni”. Ma non finisce qui. Le scuole meno fortunate potranno usufruire di una quota di 500 euro messa a disposizione dal comune per l’acquisto di statuette e addobbi.

Troppo poco? Beh, ci rendiamo conto che in un periodo dell’anno avvezzo ai prodigi questo provvedimento può sembrare una roba non così eclatante. Tuttavia, non avendo il sindaco Vivarelli Colonna il talento idraulico di Mosè, né le skills dei preti sulla panificazione mistica, ne dobbiamo apprezzare lo sforzo. In fondo, un ente pubblico capace di promuovere il presepe dell’obbligo ancora non l’avevamo visto.

Che il primo cittadino e i suoi seguaci abbiano beneficiato del cardiofitness mariano made in Medjugorje?

Difficile stabilirlo. Per avere una risposta definitiva dovremmo interpellare il guidatore di preghiere italiche per antonomasia. Colui che ha dato una grossa mano alla disseminazione della Teologia Sovranista facendo strame dell’auditus fidei e dell’intellectus fidei, proponendo, in cambio, il cum cazzo canis fidei. Colui che, pur esibendo la medesima spiritualità di una mazza da golf, ha conquistato gli italiani a forza di spacconate simil-profetiche senza cedere alla ballabilità facilona di certi suoi colleghi delle seconda ora (“Sono una donna, sono una madre, sono cristiana…”). Colui che ha capito meglio di chiunque altro che alle criticità ormai strutturali del quadro macroeconomico tocca rispondere, per il bene del “popolo”, con istanze religiose che diano sollazzo al disagio sociale. Insomma, il futuro premier Matteo Salvini. Purtroppo per noi, non interpellabile.

Rispetto a certe battaglie intelligenti, siamo condannati a non poter recuperare il ritardo. Inutile bestemmiare.

Banalmente, eravamo rimasti al “libera chiesa in libero stato”. Che avrebbe dovuto sancire, in teoria, il divorzio tra politica e religione. Impedendo a cose come i presepi “di consone dimensioni”, quando si tratta di scuole pubbliche, di entrare in un consiglio comunale.

Ma occhio, è qui che arriva la sorpresona: in questo caso, in base al magistero sovranista, la rappresentazione della natività imposta da un ente pubblico, laico fino a prova contraria, non andrebbe intesa come l’ennesimo ripescaggio di una stagione bellicosa a tinte islamofobe. Anzi. “Di fronte all’intolleranza, al fanatismo, alle reciproche chiusure razziali e religiose, si vuole trasmettere la convinzione che, pur salvaguardando l’identità di ogni gruppo, nazione o religione, in realtà ci sono molti aspetti che condividiamo con gli altri”, parola del sindaco.

D’altronde, l’imposizione di un simbolo religioso all’interno di un contesto pubblico (finalizzato all’educazione) da parte di un ente pubblico sarebbe considerata sintomatica di una lotta al fanatismo da qualunque ragionamento serio, giusto? Un notevole, eppure impercettibile, cambio di strategia. Chapeau!

Logiche superiori. Epifanie da Papeete.

Come quella che ha visto boicottare, in un asilo della provincia di Pordenone, un presepe a tema “migranti”. Reo di aver adottato un bambinello nero iconoclasta. Sicuramente anch’esso poco “consono”, da diktat leghista, per sconfiggere il fanatismo religioso.

Come quella nel barese, di cui scrivemmo.

Come quella, in fine, della natività di Gauguin, contrario alle conversioni forzate, in auge tra i missionari dell’epoca, e alla ricerca di un contatto sincretico, primigenio, col senso del sacro. Perdonateci, quello era un altro Papeete…

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