Costume
Né di venere, né di marte non si sposa né si parte, né si dà principio all’arte
È veramente scoraggiante l’evidenza che la maggior parte degli adulti non riesca a elaborare un atteggiamento critico a proposito del fenomeno Greta Thunberg. Per codesta gente l’analisi si riduce a chi è a favore e a chi è contro la fanciulla. E, senza approfondire assolutamente nulla, né dal punto di vista fenomenologico, né da quello psichico, né da quello scientifico, nemmeno da quello umano, si proclama che chi è contro Greta è di destra e chi è a favore è di sinistra, chi è contro è un oscurantista e un negazionista, chi è a favore è un illuminato e un progressista. Non si arriva ad andare oltre la visione manichea della realtà. La semplificazione che oggi, in un mondo sempre più molteplice e complesso, viene usata sempre e da tutti come via di salvazione dalla complessità, investe anche la maniera di interpretare dei gesti di protesta infantile in maniera erronea, volendoci vedere ciò che non c’è e non ci può essere per innumerevoli motivi tra cui l’inesperienza, l’inconsapevolezza, l’afflato similmistico che caratterizza molti dissensi della giovinezza.
La complessità è diventata angosciante perché ben pochi hanno veramente gli strumenti per comprenderla e, spesso, anche a chi ne ha i mezzi sfugge qualcosa e l’ignoto provoca sempre angoscia. Lo vedo anche in persone che reputavo accorte, critiche, puntuali, che spaccavano il capello in quattro prima di prendere posizione per qualcuno o qualcosa. Oggi, invece, la semplificazione vince sempre sul ragionamento e sull’analisi e l’uso del simbolo Greta investe metonimicamente tutto, non si può più prescindere dal cambio climatico senza riferirsi alla pulzella di Stoccolma. Frutto della semplificazione anche tutto ciò.
Che cosa insidi la semplificazione lo vediamo in molti campi della vita quotidiana. Prendiamo la medicina, per esempio, dove la semplificazione è una conseguenza del suo opposto, apparentemente un paradosso. Oggi i medici sono iperspecializzati, viene mostrato come possibile, nientedimeno, fare operazioni a distanza coll’intelligenza artificiale e direttamente dal telefono mobile mentre il chirurgo è al matrimonio del nipote nell’incantevole chiesetta di Portovenere, come fosse il Dr. Strange, poi c’è chi mette a tutti i costi protesi dove forse non ci vorrebbero e chi non ambisce ad altro che chiudere lo stomaco col bendaggio a tutti gli obesi senza calcolare le conseguenze. Sarà molto difficile trovare qualcuno che riesca a capire il malato nella sua globalità, cercando di indagare su ragioni che possono venir fuori da dettagli raccontati dal paziente o da qualche valore alterato nelle sue analisi. Accadeva e forse accade ancora che quelli colla chance di vederci meglio erano i medici generici, quelli della mutua, che avevano una visione meno specializzata ma avevano l’intuizione che si potesse trattare di qualcosa e non di qualcos’altro, proprio perché erano più abituati a considerare la globalità e non la specialità e quindi di non perdere dei dettagli che allo specialista potevano sfuggire o, peggio, non dire assolutamente nulla. Anche perché può accadere che chi sia specializzato non ricordi più che, oltre alle malattie che lui cura, ne esistono altre che possono concorrere e avere sintomi simili. Così, si… semplifica. È successo a me con degli iperspecializzati e iperosannati medici alla Clinica Universitaria di Pisa, ciechi programmati e motivati unicamente a squartare un certo numero di pazienti all’anno, forse un giorno racconterò l’intera vicenda occorsami, sono ancora troppo arrabbiato. E quell’altra aquila del sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, nel precedente governo, voleva abolire i medici di famiglia perché li riteneva superati e inutili. L’iperspecializzazione fa anche sì che degli storici dell’arte esperti di Botticelli e del Bronzino, mettiamo, ignorino i misteri della pittura impressionista, oppure che dei musici specializzati nella musica barocca ignorino chi fosse Stravinskij o Bernstein, cosa che, nella preparazione totale dello storico o dell’artista dev’essere assolutamente inclusa. Capita che la specializzazione non faccia vedere l’importanza della globalità.
Si adotta pertanto, a volte, il metodo della semplificazione che apparentemente risolve l’angoscia e, escludendo tutto il resto, fornisce una lettura più facile della realtà, non importa se lacunosa, tanto chi se ne frega.
Alla stessa maniera gli adulti, anche quegli adulti genitori di cui sopra, sedotti dalla semplificazione, non possono che rimanere avviluppati nella ragnatela psico-emotivo-mediatica tessuta dalla ragazzina, l’attrice principale, la medium, e da chi la manovra, gli sceneggiatori e i registi, perché l’argomento è certamente appassionante e risulta essere l’unica cosa degna per cui combattere dopo la morte delle ideologie, della religione e della politica.
Ricorda qualcosa?
Per dare forse un significato a una stolta esistenza, quegli adulti, anziché mettersi a studiare e capirci meglio, anche per poi arricchire la propria capacità critica e scegliere di conseguenza, preferiscono dare sempre la colpa agli altri e difendere senza se e senza ma la ragazzina svedese e i suoi metodi emotivi di diffusione del verbo. Buona parte di coloro che difendono Greta e i suoi metodi sembrano essere genitori che si sentono in colpa verso i figli e provano al contempo un’orgogliosa gratificazione per avere dei figli così intelligenti e sensibili da aver capito meglio dei grandi il problema dell’ambiente. Si sentono in colpa, quei genitori, per non essersi troppo presi cura dell’ambiente in precedenza (o dei figlioli), probabilmente? Non essendosene occupati prima e non avendo il tempo o la voglia di farlo adesso, anziché approfondire e comprendere se i loro figli (e quindi anche loro stessi) siano presi in giro da una nuova religione laica e ugualmente dogmatica – ma poi non così tanto laica se ci si concentra sui fatti -, quegli adulti genitori aderiscono perdutamente alla battaglia e stanno dalla parte degli adolescenti in sciopero. E arrivano pure a dire che Greta ha dei meriti, che pur nella menomazione la combattiva Greta ha la forza della gioventù, che meno male che Greta c’è e che ha svegliato le coscienze, che senza Greta non ci si sarebbe mai resi conto che il clima sta distruggendo il mondo, che i sogni e le aspettative degli adolescenti, come la piccola grida enfaticamente ai quattro venti, sono sfumati per colpa delle generazioni precedenti, e così via, in un percorso disagiato e infermo dettato dai comportamenti psicopatologici dell’eroina svedese. Come se le ciclopiche sciocchezze proferite da Greta, lo ricordiamo per onestà, fossero il frutto di studi approfonditi da lei stessa e dal suo management. Come se non ci fossero da decenni studi continui di scienziati che monitorano il clima ovunque e che confrontano dati, li incrociano, li scambiano, e che, spesso non semplificando affatto (a volte sì), esprimono dubbi com’è giusto che la scienza debba fare. Come se gli storici del clima, che avvertono di non trarre conclusioni avventate solo perché i ghiacciai si sciolgono, memori delle gaffe scientifiche del 1970, quando fu predetto da esimi scienziati all’unanimità che il futuro del mondo, entro il 2000, si sarebbe espresso in una colossale e istantanea glaciazione, fossero solo degli sciocchi negazionisti. Altro che governi state a sentire gli scienziati, l’atteggiamento di Greta e dei discepoli è quello di prendere a schiaffi, colle corbellerie che le escono di bocca, proprio quegli scienziati. Quest’ossimoro della logica è abilmente dissimulato attraverso la mimetizzazione della giovinezza e della sua presupposta purezza. Quegli adulti si irritano moltissimo quando viene ricordato che la piccola è, forse contro la sua volontà, una scioccherella menomata e che, a causa della sua menomazione, è istericamente attaccata all’unica cosa che le dà una ragione di farsi notare a dispetto della sua disabilità, e qualcuno, per incoraggiarla, ha avuto la geniale idea di convincerla che la sua sindrome è in realtà un superpotere. Dando così ulteriormente un carattere magico al tutto e relegando a una futura illusione la poveretta, perché quando crescerà, probabilmente in un barlume di lucidità, se ci sarà, forse si renderà conto dell’inganno. Cioè, ci può stare se la piccola la tieni a bada e circoscrivi il suo mondo, ma se la proietti nel pianeta e la investi di questo enorme carico emotivo le fai un danno permanente che manco te lo immagini. È criminale nei suoi confronti e ancor più criminale non volerlo riconoscere e sfruttarlo.
Soprattutto quegli adulti si irritano quando vien fatto notare il management e il marketing accurato ma non troppo, segnatamente nei dettagli che sfuggono ai superficiali e miopi occhi di quegli stessi che la difendono come cavalieri templari a guardia del Graal: Greta come il sacro calice che contiene la salvezza, la purezza, la santità della naïveté. Alla fine quegli adulti mostrano di essere degli adolescenti fuori corso che mai giungeranno a una maturità. E se coloro hanno dei figli non c’è assolutamente da sperare nulla di buono da quelle generazioni assecondate da genitori incompetenti – sia come genitori, sia come adulti, sia come cittadini, sia come elettori, sia come qualunque altra cosa perché non ragionanti – poiché non saranno mai in grado di capire cosa succede loro intorno. Unicamente per assenza di metodo.
C’è arrivato persino Cacciari a dire che se si dovessero affrontare i problemi col metodo antiscientifico e puramente emotivo di Greta staremmo freschi. E siccome Cacciari, che passa per uno dei pochi intellettuali potabili in Italia, è uno che coi media ci lavora e si presenta sempre a brontolare nei salotti televisivi, per arrivare a dire questo pubblicamente sulla piccola rompiscatole svedese vuol dire che ne ha i coglioni pieni perfino lui. Inoltre non si può dire certamente che Cacciari sia uno di destra, a dispetto della narrazione corrente che vorrebbe i detrattori di Greta come dei fascisti oscurantisti, solo perché è principalmente oggetto di dileggio da quelle parti.
La stoltezza di quegli adulti, soprattutto genitori, sta diventando veramente insopportabile per vari motivi, oltre a quelli già delineati. Uno dei tanti è che, come per mille altre cose mai veramente analizzate e sviscerate, seguendo l’onda del sentimentalismo e delle smancerie, si finisca per giustificare il pressappochismo e l’ignoranza, sdoganandoli come genuinità. Un po’ la stessa filosofia delle costellazioni al governo, meglio onesti che competenti, tanto la competenza si può costruire (secondo loro e secondo milioni di cittadini), non è una qualità da possedere in partenza per amministrare e governare: l’onestà, pur grande e rara virtù, sostituisce la competenza, non si affianca ad essa. Ecco la grande mistificazione. Se si costruisce in questa maniera, soprattutto come mostra di voler fare il neo ministro dell’istruzione, che ogni giorno sforna concetti di dubbia razionalità, come dice Cacciari, siamo fritti.
Per carità, il fatto che delle masse giovanili siano galvanizzate dal tema dell’ambientalismo è, da un lato, un fatto estremamente positivo. Si resta, però, di stucco quando si vuole istituzionalizzare la protesta facendola diventare parte dell’ordinamento scolastico, perché è proprio ciò che il ministro propone. Sarebbe come se degli operai scendessero in sciopero per le ragioni più varie nei confronti di una qualsiasi azienda che li vessa e che il titolare dell’azienda prevedesse che ogni venerdì i suoi impiegati anziché andare a lavorare se ne andassero in giro a protestare e li giustificasse pure. Non so se vi torna.
Ciò che invece dovrebbe preoccupare è la sostanza di questo ambientalismo ossia la mancanza quasi totale di consapevolezza dei temi che appoggiano gli ecologisti in erba del venerdì. Lo spreco di energie in direzione dell’accettazione priva di luce di dogmatici slogan che non hanno alcuna valenza scientifica come: avete rubato i nostri sogni, ci restano solo dieci anni per tentare qualcosa, ormai è troppo tardi ed è colpa vostra e amenità simili, non formano coscienza critica ma solo rabbia. E la rabbia può anche degenerare, anzi lo fa spesso, perché è rabbia e basta, contro una generica generazione, anziché considerare che le vittime dell’inquinamento (e non del cambio climatico contro cui non si è mai potuto far nulla) sono tutti, non solo i giovani, ma anche i meno giovani e gli anziani. Perché le colpe non sono degli adulti ma solamente di alcuni, pochissimi adulti, ma questo nella narrazione non viene detto. Io non ho rubato alcunché ai giovani d’oggi e come me miliardi di altri adulti sono innocenti. Sono gli effetti della semplificazione di cui parlavo prima. Il senso di colpa globale funziona meglio per galvanizzare le masse e dominarle, il cristianesimo lo ha fatto per millenni e lo continua a fare, è un ottimo modello. La piccola svedese non la fanno andare in Cina o in India ma negli USA, perché se andasse in Oriente probabilmente la prenderebbero per ciò che è, una squilibrata, e, forse, la deriderebbero assai più che nel resto del mondo. Credo che non la farebbero nemmeno entrare. Altro che veganesimo. Sarebbe costretta a rendersi conto del sistema di produzione dei suoi anacardi vegani o della quinoa o della soia, di tutti quei cibi insoliti che lei consuma solitamente, di quanto tutto questo faccia parte di un gioco assai più grande di lei e dei suoi venerdì di sciopero climatico. Sarebbe un duro colpo per la piccola Cassandra che potrebbe cadere in una crisi irreversibile perché le sue convinzioni subirebbero un arresto e una successiva regressione, magari fino al mutismo. È molto meglio manovrarla in ambienti più simili al suo di origine, dove si parla inglese e dove lei può sfoggiare il suo inconsapevole snobismo da bambina nordeuropea, una privilegiata che può permettersi di viaggiare nei carissimi treni superveloci e in barche a vela da regata sponsorizzata e scortata da principi monegaschi come fosse Cenerentola.
Si potrebbe ricordare a quei molti giovani (e adulti) manifestanti che sono convinti che l’anidride carbonica sia velenosa, che noi la produciamo colla respirazione, quindi noi produrremmo un veleno dentro di noi e che, a seconda del grado di patologia respiratoria – perché ognuno di noi ne ha almeno uno, di vario grado -, o di attività fisica, metabolica, o quant’altro, ne rilasceremmo costantemente in maggiore o minore quantità nell’ambiente. Gli obesi e le persone con fisico più grande, gli sportivi e chi lavora col corpo ne rilasciano quantità maggiori di una persona a riposo. Non siamo un motore che si spegne e non bruciando non consuma nulla. Noi respiriamo anche nel sonno ed emettiamo quell’osceno gas foriero di catastrofi, lo canta ironicamente perfino Francesco Gabbani in Pachidermi e pappagalli: Lo sai che ogni tre respiri sciogli due ghiacciai. E siccome siamo già un bel numero di miliardi d’individui e raddoppieremo entro il secolo, le nostre emissioni strettamente organiche e individuali di anidride carbonica raddoppieranno. Se coloro si sentono in dovere di azzerarle perché dannose comincino a programmare di non respirare più, che equivarrebbe a un bel suicidio di massa. Anche se poi ci sarebbe il problema dei gas di decomposizione, come il metano, che gonfierebbero la già pericolosa schiera dei gas serra… Mamma mia, forse meglio di no, complicherebbero la faccenda dei buchi dell’ozono e farebbero morire tutti di radiazioni. Ecco, andassero a colonizzare Marte o altri pianeti, così si renderebbero utili alleggerendo il pianeta di sciocchi. Ahi, però come si fa? Se un aereo inquina mortalmente e fa sciogliere dieci ghiacciai immaginiamoci quanto inquina un razzo che parte da Cape Kennedy. No, no, troppi inquinanti. E poi il problema del disfacimento dei corpi e quindi del rilascio di metano e altri gas si porrà perché raddoppiando la popolazione raddoppierà anche quello, papà non vuole Greta nemmeno come faremo a fare all’amor? Siamo sempre e comunque destinati all’estinzione!
Insomma, se anziché l’ora di religione, ossia l’ora di magia, ci fossero più ore di biologia e astronomia, la consapevolezza degli allievi, forse, migliorerebbe. E, chissà chi lo sa, potrebbero imparare a manifestare per qualcosa di veramente serio come la coscienza urbanistica, la consapevolezza alimentare e non scegliere una certa alimentazione solo perché è di moda, o il corretto uso dei materiali, il giardinaggio e l’agricoltura, o il ripristino della Forestale.
Ministro Fioramonti, come direbbe la Cieca de La Gioconda di Boito-Ponchielli, “a lei questo rosario”, per utilizzare un gadget tornato assai di moda, prima colla misericordina di Santa Faustina Kowalska riportata in auge in pompa magna e con novelli mezzi di marketing da Bergoglio e poi dal salvinistico e plateale utilizzo dentro e fuori dal Parlamento. Sfati l’impressione che il rosario “che le preghiere aduna” non si muova dal Parlamento, come l’ora di religione resti immobile nel regolamento scolastico. Così come la visione magica di Greta e dei genitori e figli di lei fan, purtroppo, non si sposterà così facilmente manco di un centimetro dall’immaginario collettivo. Non è un film dell’orrore è la realtà.
P.S. A proposito di venerdì. Si può dire che Greta, genitori, studenti, ministro etc. sembra che non abbiano a posto tutti i venerdì?
© Settembre 2019 Massimo Crispi
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