Costume
Masquerade
La carnevalesca sfilata di maschere e carri allegorici alla quale assistiamo ogni giorno nei media mostra, credo al di là di ogni dubbio, come in Italia neppure la tragedia riesca oggi a conservare la sua tragicità. Tortura, mutilazione e morte effettuano piroette buffonesche e si trasformano in farsa senza perdere in orrore. E’ una farsa monca, però. Di cui non si riesce a ridere. Per praticare ancora un poco di ironia è necessario lavorare ogni giorno su se stessi, sorvegliarsi, non abbassare la guardia. E non si pensi che sia un lavoro gratificante. Se infatti si riesce, con grande fatica, ad esercitare ancora l’ironia ci si espone indifesi all’accusa di cinismo: ma come! si muore e tu sorridi?
Lo capisco. Ma è un rischio che bisogna correre.
Perché nella vene di questo paese scorre il dannunzianesimo e, al momento opportuno, si manifesta sempre. Bisogna fargli fronte e l’arma più efficace è quella in grado di rilevarne il ridicolo: l’ironia, appunto.
E con l’ironia il senso dell’umorismo che, per quanto in modo doloroso e dolente, sappia cogliere quello che in questa retorica ammorbante, in realtà, fa proprio ridere.
E poi, se non riderne, almeno sorriderne.
Anche se con amarezza.
A questo non vedo alternativa che non sia quella delle sberle e dei calci nel culo che, com’è ovvio, non è praticabile. Perciò, pur in piena barbarie e perfino nella consapevolezza della imminente catastrofe serve cogliere il ridicolo di questa pochade quotidiana di cui siamo spettatori involontari e, forse, anche involontari attori.
Un museo delle cere da fare impallidire Madame Tussauds.
Psicanalisti bonazzi con l’occhio di triglia e il cervello adeguato allo sguardo, seriamente persuasi di poter spiegare il mondo con i loro clichè da piccolo chirurgo della mente che ormai non hanno corso neppure nei cessi degli autogrill.
Attempati fantasisti appesi alle bretelle colorate con la loro cotonatura, proveniente da una parruccheria dell’Upper West Side, perennemente rintronati dal jet lag che sparano minchiate come se recitassero il primo emendamento.
Ex inviati speciali ormai in pensione per rincoglionimento, impiccati a cravatte inverosimili che indossano il doppiopetto come un sudario e declamano scemenze come fossero la Magna Charta.
Citrulli cosmopoliti che ti spiegano ciò che loro non sono in grado di capire ma in compenso non capiscono cosa stanno spiegando, però alla fine postillano: “Facciamolo capire al telespettatore”.
Conduttori accovacciati su sedie inverosimili, dietro banconi iridescenti che un minuto prima piangono lacrime di sangue per “il servizio del nostro inviato sul fronte” e al minuto successivo mandano in onda sorridendo la pubblicità dei croccantini per il gatto – e talvolta, hanno pure la faccia tosta di aggiungere che “è la pubblicità che ci permette di sopravvivere”.
Intellettuali da arrampicata che per tutta la vita hanno scritto pretenziose fatuità come se perennemente trattenessero una scoreggia e adesso possono mollarla, tanto in mezzo al bordello non se ne accorge nessuno.
E in questa quotidiana esibizione di culturismo irresponsabile, ridicolo come Michel Serrault quando faceva il macho nella “Cage aux Folles”, le donne – LE DONNE – sono in prima fila.
Lì: mascara, fondo tinta e giubbino antiproiettile.
Perché il progresso è una cosa seria e loro, ovviamente, dimostrano di essere pari agli uomini.
Le donne che, nella retorica del dannunziano di ritorno, dopo essere state “madri, amanti e mogli” avrebbero dovuto salvare il mondo ora mostrano le palle che non hanno ma si immaginano d’avere (ed è il peggio che possa capitare…) come bulli di quartiere.
Appresso a questa corte dei miracoli una spicciolata di minchioni e minchione da tastiera, pronti a battere sui tasti tutto i luoghi comuni preconfezionati all’uopo: l’aggressore, l’aggredito, l’invasore, l’invaso, la bambina stuprata, l’orco, il popolo ridotto in schiavitù, il satrapo orientale…
E questa macedonia di cretinismo aromatizzata al maraschino non è altro, poi, che la sintesi perfetta di quei VALORI DELL’OCCIDENTE per cui ciascuno degli imbecilli di cui sopra si mostra disposto, standosene dietro la tastiera, a fare ammazzare chiunque non sia lui.
I VALORI DELL’OCCIDENTE.
Questa indegna puttanata da retori del bigliardino, nata male e morta peggio quando in sala sono arrivati i flipper, viene condotta ogni giorno in processione come il cadavere del beato imbalsamato alla meno peggio.
Puzza.
Lontano un miglio, perché è già in putrefazione da almeno un secolo e gli officianti processionali lo spalmano di biacca per dargli un colorito passabile. Fino a quando – e il momento ormai è vicinissimo – il trapassato non esploderà catastroficamente per via dei gas fetidi accumulati nella pancia.
Uno schifo insomma. Certo.
Ma di cui come dicevo dobbiamo imparare a ridere. O perlomeno a sorridere.
Che forse non è l’aspetto meno doloroso dell’intera faccenda.
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