Costume
ma tu guarda… gli italiani non bastano!
La vicenda del calciatore Suarez ha destato scandalo per la facilità con la quale uno straniero milionario è riuscito a ottenere in quindici giorni la cittadinanza italiana, peraltro senza averne i requisiti (la conoscenza base della lingua italiana).
Trovo un po’ ipocrita stracciarsi le vesti davanti all’ennesima dimostrazione di un principio universale: chi è ricco e importante può ottenere agevolmente ciò che è precluso a noi “comuni mortali”, eventualmente forzando le regole o ricorrendo a qualche “furbata”. In questo caso, è stato fatto valere quello che Giulio Cavalli ha sagacemente definito lo ius soldi: una pratica che è perfettamente legale in molti Paesi, perché nessuno rifiuta la cittadinanza a chi porta denari e investimenti.
Della vicenda mi ha colpito un altro aspetto: la “patente di italianità” per il campione uruguaiano si è resa necessaria perchè la squadra che lo ha reclutato ha già raggiunto il numero massimo di giocatori stranieri consentito dalle regole del calcio; peraltro, dalle intercettazioni è emerso che la società si stava organizzando per ripetere la truffa con altri atleti. In poche parole: i calciatori italiani “non bastano” ma, invece di affrontare il problema alla radice (investendo nelle scuole calcio, integrando e “allevando” i ragazzi di origine straniera cresciuti in Italia, al limite cambiando le regole sul reclutamento dei giocatori esteri), il mondo del pallone preferisce chiudere un occhio sulle “via traverse”. Perchè?
La spiegazione mi pare solo una: è difficile ammettere che il nostro Paese non è in grado di produrre un numero sufficiente di calciatori di alto livello; è impopolare riconoscere che il futuro del nostro calcio è legato alle seconde generazioni di immigrati, ai quali manca solo un pezzo di carta per essere italiani a tutti gli effetti; così, si traccheggia.
Il tema, però, non riguarda solo il calcio. Il lockdown è stato l’occasione per ascoltare il grido d’allarme degli imprenditori: senza immigrati è impossibile mandare avanti le aziende, agricole e non solo. Anche qui, “gli italiani non bastano”: eppure si continua a sostenere che “ci sono troppi stranieri“, che dovremmo “rispedirli a casa loro” e così via. Invece di ammettere ciò che tutti gli studi demografici segnalano da tempo – e cioè che senza stranieri la nostra società rischia di collassare – preferiamo fare finta di nulla, costringendo i lavoratori che ci servono a vivere da clandestini o, se va bene, da ospiti mal tollerati e i loro figli cresciuti tra noi a combattere per anni per ottenere la cittadinanza, oppure a emigrare.
Finché ci rifiuteremo di guardare in faccia la realtà e di adeguare ad essa le nostre norme, l’unica strada possibile sarà aggirarle. Almeno, evitiamo fingere di indignarci quando qualcuno viene scoperto…
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