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Lettera al figlio che non avrò: da un libro ai Childfree
C’è un libro che nel 2010 inquieta la Francia moderata. È Lettera al figlio che non avrò (Edizioni Clichy, traduzione di Tommaso Gurrieri), presa di posizione sul tema della maternità di Linda Lê, scrittrice vietnamita, trasferitasi a Parigi negli anni Settanta. Il testo è una lunga lettera dell’autrice al figlio che ha scelto di non concepire. Beninteso, non siamo davanti al doppione di Lettera ad un bambino mai nato della Fallaci. Quest’ultima affronta in maniera critica, tra aspetti pubblici e privati, i temi della maternità, dell’aborto, delle rinunce inevitabili, sebbene non definitive, della donna madre. Linda Lê parte da un assunto differente: sente di non essere la persona più adatta a diventare genitore, nonostante le pressioni di S., il suo compagno, che l’accusa di essere immatura e di precludersi le gioie che un bambino le darebbe. La differenza delle loro vedute li inghiotte. Linda accusa S. di volere un figlio come diversivo, S. le rimprovera di essere egocentrica, incapace di mettersi in discussione, di smarcarsi dal suo esistenzialismo stantio.
È l’autrice a spiegare i suoi no a S: “Non ammettevo più che intravedesse qualcosa di meglio nel momento in cui saremmo stati genitori (…). Voleva un figlio come un bambino vuole un giocattolo”.
E ancora: “S. puntava il dito sulla carenza affettiva che aveva segnato la mia infanzia, suscitando dei riflessi di difesa”.
Linda sa bene quel che fa. È una scrittrice squattrinata, che volente o nolente, ha scelto uno stile di vita precario, che non contempla, per buona pace di tutti, la nascita di un figlio. In più ammette di essere ancora sensibile ai giudizi sprezzanti di sua madre, una donna bigotta che ha sacrificato se stessa sull’altare delle apparenze. I suoi ricordi di figlia sono dolorosi, pieni di risentimento. Il suo sguardo disilluso, disgiunto dai sogni, dalle favole. Con estrema consapevolezza spiega di non essere adatta ad educare pargoli e al contempo di non volersi sentire inferiore a nessuno, perché non è restando incinta che la donna si realizza. Non sarebbe sbagliato dire che Linda è una Childfree.
I Childfree (i Senza figli) sono una comunità di donne e di uomini che non desiderano concepire bambini e lo gridano al mondo perché stufi di nascondersi o di essere giudicati. Il fenomeno è in rapida crescita. Complici forum e social network, prende forma quella che i gestori della pagina Facebook Childfree Italia definiscono una filosofia (“la prima pagina Facebook dedicata alla filosofia di vita childfree e che riunisce tutti coloro che non vogliono avere figli”).
Le ragioni? Sono le più svariate (nessun istinto materno o paterno, voglia di viaggiare, poca propensione ad immolare serenità di coppia, abitudini e tanto altro). Spiacevole dirlo: la caccia ai peccatori, agli egoisti e chi più ne ha più ne metta è già iniziata. Ma i Senza figli si difendono e rivendicano la loro libertà di scegliere, ribadendo di nutrire sentimenti positivi per la vita e quanti, invece, genitori vogliono esserlo a tutti i costi. Un outing collettivo che dai libri ad internet dà voce a una parte della popolazione, tra diatribe sociali e libere manifestazioni di volontà.
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