Costume
L’erba voglio
La cosa che più salta agli occhi, se solo si volesse aprirli un po’, è l’egoismo dilagante e dilagato in cui siamo immersi. Non c’è manifestazione umana che non ne sia infettata, è questa la pandemia più evidente da molto tempo a questa parte.
L’egoismo è associato all’egocentrismo, uno è conseguenza dell’altro, potremmo dire, si rincorrono con voluttà e competizione per il primo posto sul podio, spesso fondendosi nel trionfo del sé.
Tutto spinge l’uomo moderno, oggi più che mai, verso quest’attitudine autoreferenziale, quasi che fosse necessaria per il raggiungimento della propria felicità, e anche sul concetto di felicità ci sarebbe da soffermarsi parecchio, andando a vedere cos’è veramente e perché viene tanto inseguita e poco raggiunta. Poche persone possono dichiararsi felici. Forse, veramente, nessuno. L’egoismo è considerato uno dei mezzi fittizi per raggiungerla.
Sebbene l’egoismo sia considerato negativamente secondo la morale in generale e quella cristiana in particolare, lo vediamo fiorire come se fosse regolarmente concimato proprio in funzione della sua vegetazione rigogliosa, è indispensabile per emergere, per farsi strada, per raggiungere l’agognata felicità.
La scarsità di conoscenza che oggi caratterizza più che in passato la maggior parte dell’umanità, colpevolmente, perché oggi i mezzi d’informazione ci sarebbero anche, riguarda soprattutto la consapevolezza idiomatica.
Nei giorni scorsi mi sono soffermato a pensare al significato di “sviluppo” e “progresso” e di come i due termini vengano spesso confusi, senza capire le analogie e soprattutto le differenze che esistono tra le parole, spinto alla riflessione da José Ortega y Gasset, uno dei più grandi filosofi del Novecento che dovrebbe essere insegnato fin dalle elementari, a fumetti, col linguaggio LIS, in dialetto, in tutti i modi possibili.
L’attenzione che, soprattutto oggi, sarebbe necessaria porre quando si pronunciano determinate parole viene considerata inutile. Parlare, parlare, parlare, in una logorrea spesso insensata, che non comunica niente se non riempire il silenzio, stato di inerzia vocale assai temuto anziché essere apprezzato, soprattutto quando non si ha nulla di intelligente da dire, è diventato il must, un’attitudine pestilenziale che ammorba l’attualità.
In questa logorrea schiacciante il valore delle parole viene annientato. Così l’egoismo viene scambiato per amore di sé stessi, che invece è tutt’affatto un’altra cosa.
L’amor di sé, anche detto amor proprio, è un’attitudine sana, che implica il rispetto di sé stessi e, una volta coscienti di questo, anche degli altri. Nell’amor proprio succede una cosa diversa rispetto all’egoismo: le proprie “esigenze” sono messe davanti ai “desideri” altrui. E qui è importante definire, per quello che si può, “desiderio” ed “esigenza”, soprattutto nei vari contesti. Nell’amor proprio il soggetto pensante, e sottolineo pensante, si pone in un atteggiamento di umiltà nei confronti di sé stesso e riflette su quali siano le reali esigenze piuttosto che i desideri. Non che i desideri non siano importanti, per carità, anzi, spesso, i desideri possono essere proiezioni stimolanti per il raggiungimento di un equilibrio, di una serenità interiore, che poi è, forse, la cosa più appagante.
Ma ciò che oggi viene confuso con “desiderio” è l’ “erba voglio”, che, come tutti sanno, non cresce nemmeno nel giardino del re.
L’erba voglio è esattamente la manifestazione più evidente e volgare dell’egoismo, ossia del pensare unicamente a sé stessi come centro dell’universo, un individualismo tossico che porta a considerarsi gli unici degni di attenzioni e dell’esaudimento di quel desiderio esasperato che va contro qualsiasi realtà.
Ne abbiamo manifestazioni evidenti un milione di volte al giorno, gli egoisti professionali non perdono occasione di esprimere il proprio ego sopra le righe, incuranti del valore delle parole, così spesso umiliate nei loro limiti, travalicati da un uso improprio e da un’incontinenza che viene esasperata dai mezzi di diffusione della “Parola”.
Esempi eclatanti sono i personaggi pubblici, politici, attori, cantanti, presentatori, personaggi televisivi, giornalisti, calciatori, sportivi, il cui ego ipertrofico è talmente debordante da risultare repellente, almeno a me. Poi, invece, ci sono persone che di quell’ego altrui riescono a nutrirsi, forse immedesimandosi in coloro e prendendoli come modello. Forse perché sono state incapaci di crearsi un proprio modello secondo le proprie “esigenze” e non i propri “desideri”. Per questo ricorrono al modello proposto dagli egoisti pubblici, considerato da esse come vincente.
Accade spesso che le uscite egoistiche di quei personaggi non vengano riconosciute da molte persone, un po’ perché molte persone non conoscono più o forse non hanno mai conosciuto il valore delle parole, un po’ perché l’ “erba voglio” manifestata dai personaggi in questione è talmente attraente per il suo potere evocativo che i meno attrezzati intellettualmente ci cascano in pieno.
Facciamo un esempio con un personaggio locale che tutti conoscono e che si è messo in evidenza per le sue baggianate egocentriche ed egoistiche. Gli amici stranieri che leggono potranno riportare le analogie coi personaggi di casa propria, perché pure altrove l’egoismo mi pare ben rappresentato.
Noi abbiamo attualmente una folta rappresentanza di egoisti al governo. Se la giocano un po’ tutti, diciamo, spesso fanno a gara tra loro per mostrare il lato peggiore di sé, forse convinti che sia il lato migliore. Più probabilmente, invece, consci che quel lato peggiore è quello che fa più presa su un pubblico non attrezzato criticamente e che quindi non riesce a distinguere la malizia delle loro intenzioni.
Non c’è politico della compagine governativa che non ne sia esente.
Una delle conseguenze di quest’egoismo, accoppiato a un narcisismo più che patologico, che caratterizza i politici di questo governo, è il deserto che si fanno intorno. Le rivalità tra egocentrismi ed egoismi, pur facendo parte della stessa maggioranza. L’ipocrisia è talmente evidente che chi ha un po’ di testa si rende conto di quanto siano finti, tutti.
Questa finzione a cui si sottopongono volontariamente i politici può portare a soddisfazioni elettorali, senza alcun dubbio, che, però, sono momentanee.
I due più evidenti sono Giorgia e il Capitano. Il capitano in senso addirittura peggiorativo.
Non c’è frase proferita da Salvini che non sia una manifestazione dell’egoismo più profondo, di un amore deformato verso sé stesso, dove gli altri sono un puro sfondo, forse necessario a far risaltare le sue idee geniali, dove manca assolutamente l’armonia.
Quest’egoismo che lo sovrasta gli fa dire cose che non hanno senso ma, soprattutto, non gli fanno rispettare nessuno perché lui è l’unico detentore della verità. Chiunque lo contrasti è un nemico assoluto, anche se dice cose sensate, ma non quelle che vorrebbe sentirsi dire lui, che vorrebbe essere acclamato e basta. Lo stesso desiderio antidemocratico dei “pieni poteri” per sé che lui avrebbe auspicato è insano, non ha basi, è un delirio di onnipotenza.
Con buona pace di quel mio cugino salviniano pure innamorato di Giorgia, anche lui caduto nella trappola idiomatica, le argomentazioni di Salvini su qualsiasi sua proposta sono talmente ridicole da mettere in evidenza la sua patologia. Lui segue la logica dell’egoista, che è accecato da sé, non riesce proprio a vedere dove stanno le falle dei suoi ragionamenti. Forse anche perché non è disposto al contraddittorio.
E i magistrati, che tentano di spiegarglielo, a lui e a chi lo difende, diventano delle zecche rosse. A lui non viene mai in mente, di contro, di essere una zecca nera, nerissima, che più nera non si può.
Hai voglia di spiegargli che le leggi europee sono superiori a quelle nazionali, nel contesto di un’unione. Lui, che proviene dalla convinzione radicata e profonda che il Nord Italia è meglio del Sud Italia e basta, altra forma di egoismo diffuso ed erroneo, non vuole rendersi conto dell’evidenza. Così la sua erba voglio pretenderebbe una giustizia a misura per lui, un po’ come voleva Berlusconi per sé stesso. E anche quando va dritto per la sua strada sul Ponte sullo Stretto non sente ragioni. Nemmeno quando dall’Istituto di Geofisica e Vulcanologia gli annunciano che il progetto del Ponte ignora volutamente una serie di fattori geologici fondamentali da tener presente per la costruzione di un’opera così colossale in aree segnate da altissima sismicità. Nulla, il suo egoismo/egocentrismo non glielo consente. È così perché lo dice lui, pur non avendo alcuna competenza specifica in geologia. In niente, a dire il vero, perché le minchiate che spara su tutto indicano una mancanza di consapevolezza su tutti i fronti. È il tipico psicofascista, profilo che abbiamo analizzato nei miei articoli precedenti.
Il suo egoismo/egocentrismo, che si potrebbe anche accomunare alla mala fede, sempre a proposito del Ponte sullo Stretto, gli ha fatto commettere delle azioni assolutamente improprie.
Accade, per esempio, che per Pietro Ciucci, oggi ad della società Stretto di Messina, sia stata richiesta una condanna a quattro anni dalla Procura di Palermo per un’opera pubblica, un viadotto, lo Scorciavacche, sulla statale che collega Palermo ad Agrigento, capitale della cultura 2025. Il viadotto Scorciavacche, inaugurato l’ultima settimana del 2014 e chiuso per crollo dopo sette giorni. Allora Ciucci era ad dell’ANAS. Perché crollò il viadotto? Perché non era stato collaudato. Nonostante il passato torbido di Ciucci, Salvini, incurante di tutto e di tutti, soprattutto della salute pubblica, lo ha voluto ai vertici della Società dello Stretto. Lui segue il suo “desiderio”, non dà retta a nessuno, è accecato da sé stesso.
Possiamo immaginare come Ciucci, che ha autorizzato l’utilizzo di un viadotto stradale senza collaudo, sapendo benissimo il tipo di terreno instabile su cui era stato costruito, possa creare problemi con un’opera mastodontica e ben più complessa come il Ponte tra Villa San Giovanni e Messina. Ma l’egoismo di pochi scavalca l’esigenza di molti, che poi sono i molti che pagano per questa struttura, ricordiamocelo, i soldi sono i nostri, anche gli egoisti di turno vengono pagati da tutti noi.
Però i colpevoli sono sempre i magistrati, le zecche rosse che si mettono di traverso ai “desideri” dell’egoista Salvini.
Ovviamente, Salvini è solo uno degli infiniti egoisti che la mamma degli egoisti sgrava in continuazione.
Propongo un esercizio: provate a fare attenzione a tutte le minchiate che dicono Salvini, Meloni, Mollicone, Donzelli, Pozzolo, Lollobrigida (ricordo, tra le centinaia, la sua fatidica frase: “per fortuna la siccità ha colpito il Sud e la Sicilia”) Tajani, Renzi, e compagnia cantante, e poi stilate una lista degli egoismi, andando confrontare i “desideri” espressi da coloro colla realtà dei fatti. Se volete potete postare la lista sotto il mio articolo in modo da arricchire il panorama degli egoisti per individuarli più facilmente.
L’esercizio si può benissimo estendere anche all’estero, dove sono pure assai evidenti casi di egoismo/egocentrismo patologico, come Trump, Putin, Musk, Netanyahu, i vari mullah, Orbán, Erdogan, Assad, i vari emiri, sceicchi, eccetera. Anche a ritroso nel tempo, Thatcher, Johnson, Sarkozy, e così via.
Può essere un ripasso produttivo che induca alla riflessione sulle persone a cui si è dato il voto o per cui si fa il tifo.
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