Costume
lasciate in pace la scuola
Ieri, a Rimini, un gruppo di genitori di ragazzi delle scuole superiori ha inscenato una protesta contro la didattica a distanza. Non è un caso isolato: in tutta Italia si moltiplicano le petizioni, gli appelli e i flash mob di mamme e papà preoccupati per i loro pargoli e anch’io ho ricevuto più di un invito ad aderirvi. Peccato che i pargoli in questione siano come minimo quindicenni: ma così va il mondo, abbiamo adulti che si sostituiscono ai propri figli adolescenti persino nella protesta e poi si convincono che la causa dei loro problemi educativi siano le lezioni on line…
Quando a protestare per i problemi di una categoria è qualcuno che alla categoria non appartiene, il più delle volte c’è da sentire puzza di bruciato. La mia impressione, in effetti, è che “la scuola chiusa” (cioè, in realtà, la scuola superiore in didattica remota) sia diventata una bandierina da agitare per scopi politici, cavalcando la sacrosanta esasperazione degli studenti e la comprensibile stanchezza delle loro famiglie. Durante la prima ondata abbiamo sentito rimproverare al governo il fatto che “il nostro Paese è stato l’unico a tenere chiuse le scuole”, ma adesso che a tenerle chiuse è la Germania nessuno si chiede il perché; per tutta l’estate abbiamo sentito demonizzare la DaD, col risultato che si è fatta la scelta ideologica di riprendere da subito la frequenza in presenza al 100%, pur sapendo che i mezzi pubblici erano insufficienti a garantire la sicurezza; ora abbiamo una ministra che delegittima gli sforzi dei docenti sentenziando che “la DaD non può più funzionare“, senza avere alternative praticabili da offrire.
La malafede della gran parte degli attacchi contro la didattica a distanza viene rivelata proprio da questo: chi si straccia le vesti (non parlo dei ragazzi, ma di adulti, intellettuali, esponenti politici) spesso non fa il minimo sforzo di elaborare una strategia realistica per risolvere i problemi, ma si limita al lamento o, tutt’al più, butta lì qulache richiesta impraticabile, tanto per far montare la polemica. Dopo il raddoppio delle aule e i turni di sera e nel weekend (senza però assumere nuovi insegnanti, per carità), ora è il turno della fantastica trovata di vaccinare insegnanti e studenti prima delle categorie ancora più vulnerabili: ottimo nuovo argomento su cui polemizzare e inscenare l’ennesima guerra civile, fingendo di non capire che la procedura sarebbe così lunga da renderla inutile (ma per i campioni da tastiera nulla è impossibile: basta “reclutare i veterinari per fare la puntura e vaccinare H24“!)
Eppure sappiamo benissimo che cosa si dovrebbe fare “per il bene dei nostri ragazzi” (e, per inciso, anche per quello di noi tutti): dichiarare immediatamente un lockdown rigido come quello di un anno fa, per ridurre drasticamente la circolazione del virus (e in particolare per stroncare quello della pericolosa nuova variante B.1.1.7); dopodichè, riprendere il controllo del contagio con il tracciamento dei contatti e l’isolamento degli infetti, essendo pronti a mettere in quarantena e, se necessario, a isolare con le “zone rosse” ogni nuovo focolaio. Siamo perfettamente consapevoli che, ogni giorno che passa, la necessità della chiusura totale diventa più impellente; ma continuiamo a protestare vacuamente, sia contro le limitazioni peraltro insufficienti che contro le conseguenze epidemiche della loro insufficienza. Perchè ci piace atteggiarci a paladini dei diritti dei nostri ragazzi; ma poi, la settimana bianca a Carnevale è sacra…
Vorrei che ci rendessimo conto di quanto enormemente dannosa è la nostra ipocrisia proprio per loro, i nostri figli. Stanno crescendo in una situazione di enorme difficoltà (quale nessuno di noi, loro genitori, ha mai vissuto prima), ma da questa difficoltà potrebbero imparare molto: la solidarietà sociale, che spinge a sacrificare la propria libertà per il bene di tutti; la responsabilità verso i propri cari più fragili, che induce a rinunciare a qualche gratificazione lecita, per minimizzare il loro rischio; la capacità di adattamento (ovvero la fantomatica resilienza), che servirà loro per tutta la vita; persino la sana protesta, che però deve essere spontanea e auto-organizzata (e, ripensando alle manifestazioni dei Fridays for Future, dovremmo riflettere sul fatto che gli stessi ragazzi non stanno riempiendo le piazze contro la DaD, forse perchè sono più saggi di molti di noi).
Ci sono moltissime ragioni per riaprire subito tutte le scuole superiori e altrettante per tenerle chiuse; ma, per prendere decisioni sensate, bisogna avere come obiettivo il bene comune, non la visibilità da polemicuccia sui social; e bisogna avere esperienza e competenze vere, non qualche opinione poco autorevole letta qui e là. Lasciamo che siano gli esperti a dirci quando e come gli istituti secondari potranno riaprire i portoni; facciamo del nostro meglio per collaborare a renderlo possibile. Nel frattempo, sosteniamo i nostri figli e i loro insegnanti nello sforzo di portare avanti la loro formazione nel miglior modo possibile; incoraggiamoli e, sul resto, facciamo un po’ di silenzio.
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