Costume

L’amore ai tempi del poliamore

29 Gennaio 2018

Sono passati ormai cinque anni da quando, sulla rivista Softrevolution, ho affrontato per la prima volta il tema del Poliamore. Al tempo si trattava di un fenomeno poco conosciuto dal “grande pubblico” in Italia, anche se all’estero – in particolare nei paesi del nord Europa e negli Stati Uniti – il dibattito era ormai attivo da anni. The ethical slut (La zoccola etica, edita in Italia proprio nel 2014 da Odoya), era stato pubblicato infatti nel 1997 e aveva rappresentato un primo tentativo di tratteggiare un profilo delle relazioni non monogame di carattere etico, ovvero di tutti quei rapporti (affettivi, sessuali, di amicizia, familiari) dove la “non esclusività” rappresenta – di consapevole comune accordo – una delle caratteristiche della relazione stessa.In Italia però, nel 2014, erano ancora pochi i “casi” di poliamorosi che avevano deciso di fare coming out e siti come Rifacciamo l’amore e Poliamore.org cercavano di dare spazio a questo “nuovo” genere di rapporti.

Al tempo, per approfondire in modo diretto la questione, avevo deciso d’intervistare due ragazzi poliamorosi che, con grande disponibilità, mi avevano aperto la porta (o meglio le porte) del loro mondo relazionale. Sono tornata, circa un anno dopo, sul tema, cercando di identificare un percorso possibile per le relazioni non convenzionali contemporanee ma, nonostante in questi anni i movimenti per i diritti civili e le comunità LGBT hanno ulteriormente stimolato la discussione (arrivando ad ampliare lo spettro dei possibili orientamenti sessuali e relazionali da loro rappresentati fino all’acronimo LGBTQIAPK), soltanto oggi ho pensato di tornare sul tema andando a cercare chi, cinque anni fa, aveva avuto la pazienza di rispondere alle mie domande.

Trascorsi cinque anni, dopo diversi passi avanti – anche dal punto di vista della consapevolezza dell’opinione pubblica in materia – che cosa è cambiato? E il poliamore è stata solo una “fase” esistenziale oppure rappresenta davvero un modello relazionale stabile e un orientamento individuale definito e strutturato?

Ne ho riparlato con Alex, che – ovviamente – ringrazio ancora una volta

 

Sono passati quattro anni dalla prima intervista sul Poliamore per Softrevoution e sono cambiate molte cose, sia nella percezione dell’opinione pubblica che nell’universo delle lotte per i diritti ad esempio. Ancora una volta però io vorrei partire non tanto dalle “tesi” ma dalla vita concreta. Ti va di raccontarci com’è cambiata la tua vita in questi quattro anni? Come vivi oggi il tuo essere poliamoroso?

Quattro anni di vita non-monogama, roba da aprire il cassetto dei ricordi.
Nel mio caso, ho continuato a vivere all’estero, tra Barcellona e Berlino. Da 12-13 anni una delle mie priorità è stata abitare dove posso essere il più libero possibile, soprattutto a livello relazionale, quindi la scelta di queste città. La cosa mi rende un po’ esterno al percorso italiano, probabilmente: ho fatto la mia gavetta anni fa e di recente mi sono principalmente dedicato a “come facciamo funzionare questa cosa?”, perché un conto è l’idea, un altro è la pratica.
A livello personale, ho convissuto, ho cercato di trovare una strada possibile tra apertura, attivismo e crescita relazionale.
Ho partecipato a varie comunità non-monogame, o per lo meno “sex positive”, e ho contribuito alla creazione di un gruppo molto attivo a Berlino. Ho preso molte cantonate, imparando parecchio in cambio di “sudore e sangue”.
Ormai, la maggior parte delle persone a me vicine praticano una qualche forma di “alternativa relazionale”: non per forza non-monogama, ho amici che hanno provato un po’ di tutto per poi decidere a ragion veduta che per loro, ora, è meglio concentrarsi su di una singola relazione. Una coppia si presenta come “inclusiva”, perché “esclusiva” non suona bene.
Addentrandoci nella mia esperienza personale, ho avuto un periodo “monogamoso” con una forte relazione primaria e poche altre, quasi nulla, tanto che ci siamo per un po’ definiti “poliamorosi non praticanti”. Al momento ho invece alcune compagne più impegnate, tutte tendenzialmente attiviste, tutte impegnate in workshop, attività, vita personale.
Diciamo che, come altre persone che conosco, nel personale ho smesso di insegnare, e cerco persone che già sono convinte e praticano. Non cerco di convincere nessuno.
La non monogamia non è meglio. Come essere omosessuale non è meglio in generale. Ma, per certe persone, è decisamente meglio delle alternative, o forse l’unico modo di essere.

Rispetto al tuo percorso personale quali pensi siano state le difficoltà maggiori?

Probabilmente non è una sorpresa, ma le rotture sono state le cose più difficili.
Viviamo in comunità piccole, a loro modo coese, e basate su relazioni multiple. Non sempre le cose vanno come vorremmo: a volte le relazioni smettono di funzionare, per una ragione o per un un’altra (e, nella mia esperienza, le relazioni non monogame non esplodono a causa della non-monogamia, ma a volte esplodono lo stesso), e gli effetti sulle comunità possono essere pesanti. È davvero duro avere persone che prima erano inseparabili e poi non solo non si parlano, ma implicitamente ti chiedono di scegliere. Succede.
Nel mio piccolo, visto che organizzo eventi su “come facciamo funzionare le relazioni”, quando devo ammettere che una relazione non funziona, è durissima. Avendo in un certo modo assunto agli occhi della comunità il ruolo di chi può dimostrare che “si può far funzionare tutto”, quando le cose non funzionano mi sento un po’ falso, un po’ traditore, un po’ un fallimento.
Spesso ci si può allontanare in amicizia, ci si può trasformare: ma non tutto funziona, non per sempre.

Quali pensi invece siano i vantaggi per coloro che hanno un approccio di questo tipo alle relazioni affettive?

Sono sempre meno ideologico: non credo esista IL modo giusto di stare in relazione. Esistono modi migliori per le persone coinvolte, nel momento storico in cui si trovano, nella società in cui sono.
Per cui il vantaggio principale è di essere in una forma relazionale il più possibile adatta a te e alle persone con cui sei, ora.
A volte, la forma relazionale più adatta può essere NON essere in relazione: “come convinco il mio compagno monogamo a lasciarci avere altre relazioni” non ha soluzione in assoluto, e a volte si tratta di scegliere cosa vogliamo.
In genere non esistono modalità relazionali senza problemi, ma alcuni problemi mi pesano meno di altri, e quello che è un problema per altri potrebbe essere qualcosa di positivo per me.
Per quanto mi riguarda ho ricche interazioni con persone interessanti, a cui tengo e che tengono a me. Ho la possibilità di crescere ed imparare. E, forse soprattutto, non devo vedere nessuno come nemico, come concorrente: ho sviluppato belle amicizie con chi ha relazioni con delle mie compagne, partendo da “abbiamo qualcosa in comune, e lei ha buon gusto, per cui devi essere un bel tipo”.
Stando sul piano generale…essere in una relazione è fantastico, ma è anche difficile. È un lavoro, nel senso che necessita di impegno, non nel senso di una forzatura, ma…è una pratica, una disciplina, come l’arte, lo yoga, la meditazione, le arti marziali.

Hai mai avuto “ripensamenti” rispetto al tuo approccio alle relazioni?

Non sono il tipo di persona che non ha mai ripensamenti, ma ammetto che questi ultimi 4 anni sono andati bene. Fino a forse 5-6 anni fa, mi chiedevo ogni tanto se fosse il caso di scegliere tra non-monogamia e una “relazione seria”, in cui crescere, in cui svilupparsi, e diventare in qualche modo famiglia.
Negli ultimi anni no, ho relazioni serie, impegnate. Ho varie famiglie.
Non è facile, ma non importa. Ripensamenti su questo non ne ho più.

Alcuni sostengono che il poliamore sia frutto di un meccanismo sociale: società liquida, come diceva Baumann, amori liquidi e quindi relazioni…multiple. Pensi che il poliamore sia frutto di un’evoluzione sociale o che, come per altre modalità relazionali, sia sempre esistito, ma solo ora sia emersa la necessità di parlarne?

Credo che, a livello sociale, la possibilità esplicita sia nuova, ma il desiderio no. Anche solo l’idea di monogamia contemporanea è, appunto, contemporanea. Ci consideriamo monogami se abbiamo avuto relazioni successive, se mentre non abbiamo una relazione giochiamo con altri/e, se ci baciamo, se flirtiamo. 100 anni fa era diverso, soprattutto per le donne. È diverso in altre culture. Tra 100 anni sarà diverso, non so come. Spero in “meglio”.
Sono stato a conferenze sulla creazione di comunità, e sulla non-monogamia. Mi sono confrontato, ho parlato.
Stiamo cercando di imparare, di sviluppare una cultura.
Come dico ai miei eventi, “i nostri genitori (per lo meno i miei) non ci hanno insegnato come comportarci in questi casi: il buon senso non arriva fino a qui, già facciamo quello che ci è stato detto non si fa. Come lo facciamo in modo sano, sensato, sociale?”.
Quello che spero, e per cui mi impegno, per me e per altri/e, è che la possibilità di viversi le relazioni nel modo più consono alle persone coinvolte sia sempre più accettata.
Fino a che non faccio male ad altre persone, vorrei la libertà di relazionarmi nel modo migliore per me.
Per ora. Qui. Con le persone con cui sono.

Pensi che il poliamore sia destinato a diventare una forma di relazione comunemente accettata nei prossimi anni o che sarà sempre una scelta riconosciuta da alcuni “gruppi” sociali e mai dalla società nel suo insieme?

Da quello che vedo, l’idea di una non-monogamia etica è ormai là fuori.
Se ne parla. Forse sarà sempre di nicchia, ma sarà una nicchia nota, per cui chi vuole unirsi alla nicchia, saprà di poterlo fare.
Perché, ripeto: non è facile. Per cui è meglio che solo chi pensa che ne valga la pena la pratichi. Se faccio fatica a essere una persona decente in una relazione, cosa mi fa credere di essere adatto a relazioni multiple?
Da ingegnere, preferisco poter imparare dagli errori altrui, per cui sono circa 3 anni che organizzo incontri semi-strutturati chiamati “ricettario relazionale” (relationship cookbook, relationship-cookbook.com), in cui discutere di pratiche, e dei problemi reali che incontriamo quando proviamo ad aprirci, a relazionarci con più persone, a relazionarci al resto della società.
Principalmente, ho iniziato per evitare che qualcuno possa dire “semplicemente non essere geloso”, ma anche perché, anche quando non abbiamo soluzioni, incontrare altre persone con problemi simili ci fa sentire normali, e possiamo cercare soluzioni o strategie di resistenza assieme.
Insomma, una specie di “mal comune, mezzo gaudio” per le relazioni.
(En passant, li porto in giro per l’Europa, se vengo invitato)

Alex vive tra Berlino, Barcellona, e la Romagna.
Lo trovi qui: body4brainiacs.com, aliosha.info e relationship-cookbook.com

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