Costume
La sindrome della cavia
Farmacia. Dopo il signore tocca a me. Sono a due metri.
Il signore racconta il suo problema, abbondantemente. La farmacista ascolta tutta l’escursione che porta all’epilogo: “Due giorni di continua diarrea.” Dietro di me altri due in attesa. Spettatori nostro malgrado.
“Vorrei qualcosa per questo mal di pancia, quindi” aggiunge.
“Le fa male la pancia? “
”Si, qui, lo stomaco” e mette la mano sotto l’ombelico.
“Lo stomaco è una cosa, l’intestino è un’altra”, ribatte cordiale la donna. L’uomo ridacchia, come se fosse un particolare di poco conto, e ribadisce il problema della diarrea.
Sprema un limone, risottino bianco, una patata lessa. E si levi dalle palle. Penso.
“Le posso dare queste bustine”, dice la farmacista mentre va ad aprire un cassetto ed estrae una scatola. “Una al giorno, per dieci giorni”, conclude.
“Ma cosa sono?”, ancora l’uomo, che ha un bermuda azzurro, le calzine a metà caviglia e una cinquantina d’anni.
Paziente, la donna spiega l’azione di queste bustine. Niente di che, una roba tipo ‘favorisce l’equilibrio idrosalino’, spiegata bene, facile.
“Non è che mi fa fare da cavia?”
L’uomo risponde esattamente così, con una domanda senza ironia. “Guardi,” e qui la dottoressa fa una pausa, che immagino utile ad ingoiare un ‘ma che sta dicendo?’, per poi concludere con un sorriso, “le vendiamo da parecchio.”
A quel punto l’uomo tira fuori il tesserino blu, poi il portafoglio, piega lo scontrino, lo mette via insieme il resto, chiude bene il portafoglio, lo mette nella tasca dietro dei bermuda, ciapa il sacchettino con la scatola medicinale, si scolla dal bancone, si gira, fa un passo, sembra riflettere, ne fa un altro, e finalmente prende l’uscita.
Eccolo, colui che ha la sindrome della cavia. Nuova categoria, figlia di questo tempo pandemico. Non sa nemmeno di avere due organi diversi, che hanno funzioni diverse (l’orifizio anale però lo usa e lo riconosce come interlocutore) ma sa che la scienza e la medicina vogliono approfittare di lui. Che però la sa lunga. E non si fa fregare.
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