Costume
La scuola ascolta il bisogno educativo delle nuove generazioni?
“Ma in quella galleria di baci dati e negati, rubati e scambiati, provocati e calcolati, ideologici o strategici, o politici, il posto d’onore spetta senza ombra di dubbio a Lisistrata, la protagonista dell’omonima commedia di Aristofane, che nel 411a.C. trasforma i baci in armi da combattimento, non per vincere la guerra contro gli uomini, ma per scatenare la pace”.
La scuola impone un modello, lo segue pensando che sia il migliore, ha buone intenzioni, assolve il suo compito: quello di educare. Del resto è per quello che gli insegnanti sono stati formati: trasmettere quanti più contenuti possibili e c’è chi lo fa con passione, credendo di far bene.
Un tempo, insegnare era più semplice, si faceva così come era stato già fatto. C’era un percorso da seguire, chiunque avrà avuto un buon insegnante di cui ricorda il metodo, quello era il nostro modello. Oggi, la complessità, il facile accesso alla conoscenza che ci consente la rete, rende il compito dell’insegnante arduo. I ragazzi trovano già da soli le informazioni che un insegnante potrebbe fornirgli in classe. La rete, inoltre, ha dalla sua il fatto che seduce, ammalia, consente loro di selezionare contenuti che li interessa, consentendo la possibilità di costruirsi un sapere da autodidatta. I ragazzi scoprono che il lavoro intellettuale è riproducibile da una macchina che non li obbliga a seguire ciò che a loro non interessa.
La scuola è soffocante, claustrofobica, concede poco spazio all’espressione della propria personalità, cataloga in base a standard e la devianza, intesa come interesse diverso da quello che propone, è stigmatizzata come una malattia. La scuola è autistica, ha il suo programma, e i programmi di vita, gli obiettivi, i sogni di uno studente vengono tacciati come fantasie.
Deve perciò proporre un modello di insegnamento che ascolti i loro bisogni senza però accondiscendere alla bulimia di immagini senza senso che la rete propone. Far passare l’idea che tutto è facilmente accessibile, a portata di mano, che non esista uno sforzo da compiere per giungere ad un obiettivo è quanto un mondo consumistico, fatto di vetrine e apparenza vuole farci credere. Scardinare questa convinzione è dura perché viviamo in un mondo in cui i lustrini sembrano coprire le falle di un sistema, convincere che il sacrificio è necessario a sovvertire un sistema in cui il clientelismo sembra avere la meglio, è compito che parte dalla scuola.
In tempi così difficili la scuola deve essere una finestra da cui i mondi possibili diventano realizzabili, una finestra sulla scoperta di realtà che ci erano sconosciute, di potenzialità inesplorate. Il ritiro nei mondi fantastici, emblematico l’esempio degli hikikomori, l’esplodere della violenza, spesso anche di gruppo, il filmarla come se si trattasse di un videogioco e la condivisione di immagini erotiche su gruppi di amici, altro non è che la realizzazione della pulsione di morte di cui parlava Freud. È la rappresentazione emblematica di un mondo senza anima, che si diverte a distruggere, uccidere, denigrare, offendere. Rimettere anima in quei corpi in cui la violenza esplode perché è l’unica forma di comunicazione con una società che non offre alternativa se non la legge del più furbo e del più forte, è la missione della scuola.
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