Costume
La quarantena da oggetto mistico a oggetto di discussione democratica
Fin dall’inizio della crisi nella quale siamo immersi alcuni hanno richiamato il rischio dell’instaurarsi di uno “stato di eccezione”. Tali letture mi hanno trovato e mi trovano molto scettico. Tuttavia, occorre riconoscere che in queste settimane è andata sviluppandosi una sorta di “Mistica della Quarantena” che produce effetti importanti, sicuramente dal punto di vista del come rappresentiamo questa crisi e forse anche dal punto di vista di come la trattiamo.
Primo sintomo della rilevanza di tale mistica è il fatto che di fronte a un non sufficiente rallentamento – rispetto a quello desiderato e atteso – del contagio la risposta più diffusa consista nell’affermare che il regime di quarantena non sia ancora rispettato e realizzato quando si dovrebbe. In questo caso, non ci si chiede se la quarantena sia sempre e comunque lo strumento più efficace – molte e qualificate sono le voci che indicano in Lombardia la necessità di altre, ben più sofisticate, misure – ma ci si interroga su come renderla ancora completa come se fosse divenuta un fine in sé, e come se fosse naturale che la causa del relativo insuccesso fosse quello.
Colpisce poi che la violazione più clamorosa del regime quarantena – ovvero il fatto che milioni di persone ancora lavorino, soprattutto nelle zone dove i livelli di contagio sono ancora sostenuti – non riesca mai a costituirsi quale oggetto della discussione pubblica. Questo avviene perché la posta centrale della “Mistica” è il rispetto delle norme di quarantena per come esse sono state stabilite, e non quanto le norme siano efficaci di per sé rispetto al fine che non è il distanziamento sociale, ma la lotta al diffondersi del contagio. E’ per questo che si può arrivare al parossismo dell’elicottero in picchiata sul singolo su spiaggia deserta – con relativa e spesso compiaciuta copertura dei media – mentre milioni di persone si recano ogni giorno in luoghi di lavoro la cui sicurezza è auto-certificata (di recente il governo ha annunciato controlli più robusti sulle attività produttive).
E’ poi evidente – e qui veniamo al ruolo dello Stato – quanto questa dinamica sia alimentata da una tipica modalità di funzionamento degli apparati dello stato specie in presenza di un mandato politico poco chiaro nella sua dimensione cognitiva e di senso. Questi apparati di frequente e in larga parte fanno ciò che sanno e possono fare – e lo fanno con il massimo dispiegamento dei mezzi disponibili – e non ciò che ha senso fare: l’uso di mezzi quali droni ed elicotteri per scovare singoli e isolati casi di infrazione dipende dal fatto che tali apparati dispongono di questi mezzi che possono essere usati per tale fine, non perché qualcuno sia persuaso del nesso fra individuazione di un singolo su una spiaggia e contenimento del contagio. Probabilmente queste (imponenti) risorse pubbliche potrebbero essere utilizzate con un’utilità marginale pari a dieci volte nella lotta al contagio. Ma se il legislatore e la classe politica nel suo insieme non sono in grado ci costruire questo “senso” e di aggiornarlo al mutare delle condizioni, con il passare del tempo tale meccanismo è destinato a rinforzarsi giorno dopo giorno.
E’ poi evidente che questa pletoricità della repressione corrisponde alle attese di una parte non trascurabile della società per la quale la quarantena rappresenta un grande e inaspettato momento catartico. Per questi settori sociali la quarantena si è sostanzialmente costituita in un fine in sé: il limitare a zero gli spostamenti ed il chiudersi ermeticamente nel proprio alloggio risponde evidentemente a bisogni profondi, normalmente repressi, che si esprimono in una sorta di millenarismo domestico. Per molti il distanziamento sociale è diventato un fine in sé e non uno strumento: un esercizio di auto-disciplinamento che ha un forte contenuto morale, che legittima poi chi lo coltiva a condannare anche in questo caso in modo pletorico i comportamenti “devianti” (peraltro, talvolta, anche se legali). A Milano di recente ci sono stati cori di approvazione per il fermo di una donna che “andava a prendere delle birre” da parte di chi dai balconi assisteva alla scena. E certo sono molti gli esempi di reazione iperbolica in questi giorni o di costruzione mediatica di infrazioni di massa che mai si sono verificate: circostanza che si spiega con l’esistenza in questi settori sociali di tale domanda di indignazione associata all’idea di un pratica perfetta e pura del regime di quarantena. Il rispetto completo e di massa di un regime molto stretto di quarantena è impossibile in un paese di sessanta milioni di abitanti, anche perché – come ovvio – l’impatto di tale regime è molto differenziato fra gruppi sociali, luoghi condizioni. Milioni di persone vivono in Italia in condizioni di sovraffollamento oppure di forte disagio emotivo nei loro nuclei familiari: per chi si trova in queste condizioni la quarantena è uno sforzo immane, dai costi psicologici pesantissimi, e limitate infrazioni per le persone coinvolte in queste condizioni possono essere in realtà i modi concreti per rispettare la quarantena nella sua sostanza rendendola sostenibile.
Queste note per dire che questa crisi – né tantomeno la risposta dello Stato – di certo non si spiegano con chissà quale disegno di instaurazione di stati d’eccezione più o meno permanenti. Ma che di certo alcuni settori della società – peraltro, trasversali alle collocazioni politiche – e una parte degli apparati dello Stato, senza che ne siano consapevoli, si stanno attivamente sperimentano una azioni e discorsi che hanno a che fare con questa “mistica della quarantena”. E che i decisori politici, di fronte ad una situazione senza precedenti, possono talvolta ed a certe condizioni alimentare questa mistica, che serve a rassicurare l’opinione pubblica aggirando così il problema fondamentale. Che non è il rispetto della quarantena, bensì quanto il nostro sistema sociale nel suo complesso è capace – mobilitando conoscenze e procedure: politiche pubbliche – a individuare e mettere in pratica le azioni più efficaci e socialmente sostenibili nella lotta al Covid 19.
La mistica della quarantena va quindi discussa e criticata, senza che questo implichi la critica alla decisione iniziale di introdurre norme così rilevanti di distanziamento sociale. In altre parole, e specie se questa crisi si inscriverà nel medio se non nel lungo periodo, la quarantena deve diventare un oggetto di discussione democratica. Per stabilire quanto sia efficace rispetto al fine (che è quello di combatter il contagio, non il distanziamento sociale di per sé), quali impatti differenziati ha su condizioni sociali e personali molto diverse e su come sia possibile mitigarli, e sull’effettiva utilità di forme di repressione spettacolare di fenomeni che come noto appaiono del tutto circoscritti.
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