Costume

La memoria scritta in corsivo

La perdita dell’uso del corsivo rischia di lasciare indietro pezzi di memoria. Dal privato delle lettere riesumate, ai documenti storici.

7 Febbraio 2025

Prendo appunti a mano, in corsivo, su un quadernetto da scuola elementare. Lo so, fa tanto boomer, però viene dal latino ‘corsivus’, correre, e cosa c’è di più adatto al futuro, se non la velocità?

Il quadernetto a righe è una mia madeleine: li compro dal vendotutto cinese, a righe, copertina a tinta unica; sono magri ma a pagina capiente, mentre i taccuini, più fighi e design, hanno fogliame più piccolo e si va troppo a capo. Quello che castra il flusso. Così come lo stampatello, che costringe a staccare la penna. Il corsivo invece rimane incollato, e produce forme sempre nuove; lo vedi nascere mentre lo fai, lo controlli, ti impegna a ripetere il segno, ma esce un po’ a modo suo. Non sono certo l’unico, che dopo il correre dello scrivere si ritrova in lunghe pause per decifrare che cassius abbia scritto: davanti alla domanda: sono stato io?

Leggiadra autoanalisi, il corso vivo della scrittura: ci svela, come un sogno qualunque, un gesto ripetuto, un rossore improvviso. Ma è anche un gesto atletico, che si distende e conclude nella mano. Brucia poche calorie, ma scalda parecchio.

In America, quella che va oltre gli squallidi istinti trumpiani, California e Kentucky hanno approvato leggi che impongono l’insegnamento del corsivo a scuola. Fatto salvo il frutto sano della pedagogia, che certifica i benefici intellettuali e psichici dello scrivere in corsivo, lo scopo degli USA è soprattutto pratico: dal riuscire a decifrare le lettere dei propri genitori riesumate da qualche imboscato cassetto, alla grande memoria nazionale, fuori dal tinello: l’Archivio nazionale ha lanciato un appello in cerca di volontari che sappiano leggerlo per trasformare in digitale i documenti storici scritti in corsivo. Tutti quelli che anticipano la macchina da scrivere. Milioni. Un lavoro urgente. Trattenere il passato per seminare il futuro. Come fu nel medioevo con i monaci amanuensi, e prima ancora nel mondo greco-romano con i copisti, schiavi che avevano imparato alla perfezione la calligrafia. Se libertà è partecipazione, la loro si consumava piegati su una pergamena.

Tornando al correre terrestre, il primo step del progetto americano, detto Citizen Archivist, sarà quello di trascrivere le quasi due milioni e mezzo di pagine dove sono cesellate a mano le pensioni dei soldati impegnati nella Guerra di Indipendenza americana. Le prime pensioni anticipate, per chi aveva pescato il jolly di uscirne vivo. E ha potuto mettere la sua firma.

La firma, unico corsivo al quale oggi siamo tutti obbligati. L’ultimo, resistente, lampo della nostra identità. Per un mutuo ho scritto nome e cognome su una ventina di fogli, e verso la fine dell’impresa mi sembrava che la mia firma stesse cambiando: proprio quando ero più sciolto, in teoria. È diventata quasi piatta, un elettrocardiogramma che sospira, da coma imminente. O, preferibile, da lento risveglio. Di chi ha appena preso vent’anni.

Immagino l’alzata di spalle di chi ha vent’anni oggi, circondato da tastiere, e non ha sbatta di questo vecchiume inutile del corsivo. E che se proprio servisse, se proprio fosse necessario, gli basterebbe cliccare la piccola icona in alto a sinistra del monitor. Vicino al grassetto.

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