Costume
La memoria, la transitorietà e la salvaguardia nel tempo lento di una pandemia
“Quando ero piccolo, giocavamo ai cowboy e agli indiani: noi eravamo i cowboy e uccidevamo gli indiani, e non ci vedevamo niente di strano. Ma per i miei figli le cose non stanno più così”
In un’intervista fu fatto notare a Noam Chomsky che Ground Zero era il nome del sito dell’attacco al World Trade Center e che ai giapponesi che hanno vissuto l’esperienza delle bombe atomiche di Nagasaki e Hiroshima, sentire l’espressione Ground Zero provocava sensazioni complesse. Chomsky rispose che la gente la ricordava e la ripeteva, ma ciò non significava che fosse la stessa storia che si ripeteva. Gli orrori che si compiono altrove non esistono, non li sentiamo.
La memoria è ormai parte di quella categoria di cose che vanno all’aria, che si sono dissolte nell’oscurità della notte. Se ai nostri giorni torniamo compulsivamente e ossessivamente sulla questione della memoria, lo facciamo perché dalla civiltà della durata e dell’apprendimento, siamo approdati a quella della memorizzazione e della transitorietà, in altre parole della dimenticanza.
Il meme della Senatrice Segre che caccia una spalla provocante per farsi vaccinare è un esempio disgustoso di come nulla sembra destinato a durare, tutto è sostituibile, tutto nasce con una data di scadenza che preannuncia la morte imminente. L’effimero e il precario è all’ordine del giorno, come quelle riviste patinate che raccontano un’unica storia: la storia per ricreare la propria personalità; si parte con la dieta, l’ambiente circostante, dalla casa, fino a ricostruire la nostra struttura psichica, una bancarella di mercato piena di bei vestiti e circondata da una folla di persone alla ricerca di se stesse.
Certo le memorie artificiali hanno migliorato la nostra qualità di vita, consentono un accesso più immediato ai dati, pensiamo soprattutto agli anziani. Per quanto riguarda la nostra memoria personale, il nostro cervello fa un continuo lavoro di pulizia, abbiamo una memoria selettiva: prediligiamo le informazioni che coincidono con ciò che crediamo o speriamo trascurando le altre.
Nella Costituzione americana, the pursuit of happiness è esplicitamente citata tra i diritti inalienabili conferiti all’uomo dal Creatore, al tempo stesso gli inglesi recitano Lessi is more. Cosa dimenticare, cosa è invece utile portare con sé e far si che sopravviva?
L’arte del levare con cui Michelangelo spiegava la sua tecnica scultorea, è sicuramente una conquista necessaria per vivere bene senza ansie, pensiamo all’esercizio fisico, all’eliminare sudore e tossine con lo sforzo, come ben sanno tutti coloro che vi si sottopongono considerandolo una ricompensa e non un sacrificio, una pratica che consente al corpo di produrre endorfine necessarie a farlo sentire vivo. Il pilates, ad esempio, ci mette strettamente in contatto col nostro corpo, “compos sui”, come dicevano i latini, padrone di sé.
Si sbaglia a pensare che fare pulizia consista solo nell’atto di buttare, bisogna chiedersi, pur non volendo negare l’importanza del progressismo, dell’evoluzione, cosa merita essere conservato della propria vita, dei propri affetti, delle strutture e dei costumi su cui si regge la nostra società. È necessario, per delineare un mondo a misura più umana, rimpadronirsi della facoltà che nel tempo abbiamo perso: saper conservare è, infatti, selezione attiva, non accettazione passiva.
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