Costume
Ipocriti di guerra
L’enfasi con cui ci si riferisce al “popolo ucraino” è almeno pari all’accuratezza con la quale si evita di interpellarlo. La cosa potrebbe infatti risultare imbarazzante e riservare sgradevoli sorprese ai nostri eroi d’avanspettacolo.
Il loro tormentone retorico recita “è il popolo ucraino che ha deciso di resistere fino all’ultimo sangue!”; come se quella “decisione” fosse stata presa da un popolo riunito in assemblea o consultato attraverso un referendum e non da una classe politica eletta da meno di un terzo del corpo elettorale e con precedenti consolidati nell’ambito della truffa, della corruzione e della ruberia.
Perciò una processione televisiva interminabile di eroi incravattati ed eroine cotonate ripete da quasi quattro mesi le stesse cose con le stesse parole e l’unica informazione seria che se ne ricava consiste nell’attestazione della loro levatura intellettuale e umana. Opinione stereotipate quanto le espressioni facciali, di cui si potrebbe stilare un catalogo: quella contrita – quando si parla delle sofferenze della gente; quella feroce – quando si tratta di bullizzare in branco chiunque la pensi in modo diverso; quella bonaria – quando si tengono bordone l’un l’altro confermando le rispettive fesserie come se si trattasse di dati scientificamente acquisiti.
Trattano la verità come si tratta un ricordo sgradevole che, quand’è necessario, si provvede a rimuovere.
Cambiano solo i nominativi: una volta ci si chiama Severgnini, un’altra Riotta, Rampini o Mauro, ma la canzonetta rimane sempre la stessa. Gli argomenti – uso un eufemismo – sono irrilevanti, importante è solo che, “senza se e senza ma” si caldeggi il massacro altrui nel nome di quei “valori occidentali” che – a loro – garantiscono, questo è certo, i privilegi di cui godono – compresi i compensi per dire il niente che dicono.
Le ragioni per cui questa guerra è odiosa sono dunque, ovviamente, le stesse per cui è odiosa ogni guerra ma ce n’è una in particolare che la rende particolarmente abietta: l’ipocrisia con cui i suoi sostenitori (che infatti, spesso, si autodefiniscono “pacifisti” aggiungendo “veri” per soprammercato…) ne avvolgono amorevolmente, come in un sudario, il cadavere.
Lavater avrebbe potuto stilare un’analisi fisiognomica da manuale dell’ipocrisia umana solo studiando le espressioni di Myrta Merlino nel corso di una qualsiasi delle sue trasmissioni giornaliere.
Perciò se è pur vero che nessuno oggi oserebbe definire la guerra “sola igiene del mondo”, come fece Marinetti, non è chiaro se di questo possiamo esser contenti.
Al posto di d’Annunzio abbiamo infatti Caprarica che, dall’alto del nodo delle sue cravatte futuriste, tiene cattedra sul Bene e sul Male.
Ovvero abbiamo di sicuro il peggio.
Va detto però che – nonostante la tempra necessaria a non dare di matto guardando la faccia di un Parenzo che “argomenta” quasi come se ne fosse in grado – questa guerra, come una cartina al tornasole, in fondo ci regala ogni giorno un po’ di verità.
Ci lascia percepire in quale imponente misura l’ipocrisia intrida in ogni fibra la classe dirigente del Paese: gazzettieri, politicanti, guitti, accademici e cantanti.
Se non certo pulizia, insomma, potrebbe servire almeno a far chiarezza.
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