Costume
Influencer, Uffizi, Lati B e altro
Oggi propongo una cosa insolita. Ascoltate bene questo brano. Questo vale per tutti, indipendentemente dall’età anagrafica o dai gusti o dalla preparazione culturale di ognuno. “Sì dolce è ’l tormento”, è una delle più belle arie di Claudio Monteverdi, uno dei primi inventori dello spettacolo moderno, quattro secoli fa; bisogna ringraziare lui se i melodrammi – e a, distanza di secoli, il musical e il cinema – si sono sviluppati in seguito, perché il salto in avanti dall’invenzione del primo melodramma fiorentino, di pochissimi anni prima, il salto nel delineamento dei caratteri, dei colpi di scena, della lotta dell’uomo con la sua psiche, lo compì lui, sui magnifici testi di Rinuccini, Tasso, Busenello.
Quest’aria non è tratta da nessuna opera, è una canzone da una raccolta di madrigali, ma per la sua modernità si potrebbe associare a una canzone d’amore della seconda metà del Novecento, cantata magari da Patty Pravo (dei tempi d’oro), Umberto Bindi o Giuni Russo. Affronta un tema molto comune nella canzone a sfondo sentimentale: l’amore non corrisposto e i tormenti che dà, allora come oggi.
L’interpretazione di quest’aria che v’invito ad ascoltare è forse una delle più belle in assoluto ma è una bellezza casuale perché non fa parte di una registrazione su CD, bensì è colta in una registrazione dal vivo, quasi d’archivio, perché questa cantante non ha avuto una carriera da superstar come Cecilia Bartoli o Nathalie Dessay che hanno avuto la fortuna di incidere in studio tutto ciò che hanno voluto. Ma è stata pur sempre una delle massime interpreti di questo repertorio (e anche di altro) e ha svolto un percorso, comunque, di alta dignità artistica.
Perché quest’invito a fermarsi pochi minuti ad ascoltare la bellezza? Per una riflessione che va molto al di là della pura fruizione del brano e della sua interpretazione magistrale.
Io l’ascolto spesso, perché l’ho scaricato da youtube e l’ho passato su un pennino che mi porto in giro per i miei viaggi in auto, e di tanto in tanto la funzione random me lo ripresenta. Oggi, mentre ero in giro a far spese, il brano si è manifestato inaspettato. Come ogni volta sono stato costretto a fermarmi per potermi lasciar penetrare da questa emozione infinita, perché nell’interpretazione di questa artista c’è il mondo, c’è il dolore e la proiezione di sé stessi nel futuro, va al di là del brano interpretato, ed è una riflessione che va ben soppesata. Dopo essermi sciolto per l’ascolto a motore spento, nel silenzio del mio abitacolo si è materializzata la riflessione.
E la mia riflessione, come sempre mi succede, vola rapida sui vari aspetti della realtà e li ricongiunge. Stavolta passa per gli Uffizi e per il coronavirus e per il gran scalpore che ha fatto la promozione di un museo attraverso l’influencer più influenzante d’Italia in questo periodo di influenze e di influenzati da virus inopportuni e anarchici. Non mi soffermo sui particolari funesti del caso perché non è la giusta sede.
A causa di questa epidemia globale, l’Italia e le sue città d’arte sono rimaste deserte di turisti. Soprattutto stranieri. E già, perché gli italiani che vanno nei nostri musei sono pochissimi. Certo, qualcuno dirà che ci sono altre cose a cui pensare rispetto al turismo e che la gente ha sempre meno soldi per girare. E invece no, perché le spiagge, le apericene e le montagne sono nuovamente affollate di gente del luogo, soprattutto giovani, che vanno a fare i turisti e a ubriacarsi con cinque o sei negroni in un’ora, mentre le città d’arte sono dimenticate. Né i siti messi a disposizione per le visite virtuali dei musei italiani sono stati così visitati come si sperava durante il confinamento forzato. Come se non esistessero. E forse proprio non esistono per la maggior parte degli italiani, che invece sono informatissimi sulle pisciatine dei divi del Grande Fratello o di altri influencer, addirittura ne seguono tutti gli spostamenti sperando un giorno di potersi fare un selfie con lui o con lei.
Il selfie se lo è fatta Chiara Ferragni davanti alla Nascita di Venere di Botticelli, negli Uffizi, appunto. Vista la diserzione degli italiani e non essendoci alcun turista straniero perché la pandemia in corso sembra stia colpendo nuovamente con intenzioni minacciose, il direttore del museo (o chi per lui) si sarà detto: vediamo, visto che in questa strana epoca si seguono le orme dell’influencer di turno, se Chiara Ferragni (che oggi esibisce un favoloso lato B sul suo profilo) va a visitare gli Uffizi anche i suoi influenzati potrebbero seguirne le orme. Chissà se emuleranno la foto del lato B di Chiara di oggi. D’altro canto anche influencer come Briatore o Lamborghini, ricchi sfondati, non hanno speso mai una parola sull’arte e sulla cultura (e francamente non saremmo capaci di immaginarlo, visto il tipo di autopromozione che fanno, il più puro trash). La loro cultura sono le palanche e il “successo”, “valori” che, inevitabilmente, influenzano i loro followers che vorrebbero riuscire a diventare ricchi come loro, probabilmente. Oggi l’influencer sembra avere questo potere che una volta apparteneva agli intellettuali.
Un tempo erano i genitori a portare i figli ai musei, approfittando anche della gratuità domenicale e festiva, per mostrare le bellezze che il nostro popolo ha ereditato da stagioni artistiche più felici dell’attuale, e che sono sopravvissute a guerre, a rapine, a catastrofi. Quand’ero bambino, a Palermo, mio padre la domenica portava me e mio fratello a vedere il Museo Archeologico, dov’erano custodite le metope dei templi di Selinunte, l’Ariete di Siracusa, i mosaici romani di una villa con Orfeo e le fiere ammansite. E mi raccontava delle cose su quegli oggetti, dicendomi dove quei posti si trovavano e che un giorno mi ci avrebbe portato. Oppure la Galleria Nazionale, dove stava l’Annunziata di Antonello da Messina e il Trionfo della Morte, o tanti altri posti magici come i monumenti arabo-normanni. Forse io sono uno dei pochi che ha avuto questa fortuna e, se continuo a frequentare i musei e le esposizioni, è anche grazie a quello. Mi faceva anche sentire le sinfonie di Ciaikovsky e Beethoven, in aggiunta.
Oggi molti genitori, da ciò che ho visto ieri in uno dei tanti video postati da una televisione su youtube – che farebbe controinformazione, secondo i fondatori – invece sembrano preferire portare i figli a manifestare contro i confinamenti e contro proroghe di emergenze, come se qualcuno stesse loro togliendo uno spazio vitale in nome di un fantomatico complotto che ci vorrebbe tutti schiavi e asserviti per chissà quale motivo. E tuonano contro la scuola del postcovid-19, perché i bambini devono giocare e abbracciarsi e basta, anche se fuori infuria la fine del mondo portata dai contagi. Senza capire che questa è un’emergenza, non sarà la regola perenne, e che ne va della salute di tutti, dei bambini, dei genitori e dei nonni. Proprio di quei nonni che spesso fanno le veci dei genitori, troppo impegnati col lavoro, spesso per necessità e non per scelta, e si prendono cura dei nipoti. Tralascio qui tutte le difficoltà effettive che si dovranno affrontare in una scuola talmente e brutalmente influenzata dal covid-19, con tutte le insidie e le idiosincrasie che si producono nel considerare una regola e la sua infrazione. Certo i banchi a rotelle del ministro sono una delle cose più ridicole che colei potesse partorire, perché mostra di ignorare il resto dei problemi della scuola. Che sono immensi.
Ecco, quei genitori che protestano per delle loro paure mai risolte, anche perché mai veramente analizzate, non hanno la più pallida idea della realtà e non sono capaci di spiegare ai figli cosa possa significare una pandemia. Quindi sono tanto meno idonei a spiegare il perché di una cautela, di una prudenza rispetto al pericolo che sovrasta, comunque, tutti. Quei genitori non sono capaci di spiegarlo nemmeno a sé stessi, figuriamoci ai figli. Probabilmente tra loro ci sono anche quelli che pensano che l’Italia sia un paese di vecchi e che codesti vecchi siano la palla al piede per il “progresso”. Senza immaginare che quei vecchi un tempo erano stati giovani e avevano contribuito a loro volta al mantenimento dei vecchi precedenti e che magari, adesso, potrebbero anche sentirsi in diritto di godersi la pensione. Quei genitori, probabilmente, non riescono a capire qual è il rapporto coi figli e vorrebbero mandarli a scuola solamente per liberarsene durante il giorno, ma vorrebbero pure che a scuola gli insegnanti premiassero solamente i loro ragazzi, senza poter loro dire che sbagliano, perché i giovani non si devono traumatizzare a causa dei loro errori, perché i propri figli sono sempre infallibili e nel giusto. E vanno tutti promossi senza fiatare, perché altrimenti resterebbero scioccati e si suiciderebbero. Non si può far loro notare gli errori di lingua, di scienze, di Storia, di nulla, perché i loro figli sono bravissimi sempre e comunque e sanno tutto perché “vanno su internet”. La Storia, poi, gliela spiegano meglio i genitori, che la sanno tutta, altro che libri. Molti di quei genitori, probabilmente, non sanno neanche cosa siano gli Uffizi (figuriamoci Monteverdi), come non hanno idea di cosa sia il paese in cui vivono. La scuola, organizzata da personaggi come i precedenti ministri e l’attuale, con regole assurde, una perdita di tempo per compilare carte su carte che nessuno leggerà mai, e con uno strapotere dei genitori degli allievi, è per lo più incapace di fornire ciò che dovrebbe fare, ossia istruire, alimentando generazioni sempre più disinformate, che magari sanno usare benissimo le tastiere dei computer ma che non sono in grado di decifrare la realtà perché il computer fa i calcoli al posto loro e non sono nemmeno padroni della lingua che dovrebbero saper parlare per comunicare. Si dimentica che la tecnologia è un mezzo e basta.
Eppure, dal balcone della casa dove sono rimasto confinato nel lungo periodo di sospensione di tutto, a Palermo, ho notato come la famiglia di vicini fosse unita ed efficiente. Nel giardinetto i genitori facevano i compiti coi propri figlioli, facendoli studiare e ripetendo con loro. E io li sentivo dal balcone di sopra, commovendomene. So di altri che invece a stare coi propri figli non ce la facevano proprio e che anche per i bambini, restare confinati ventiquattr’ore su ventiquattro, dev’essere stata una dura prova, vedendo litigare i genitori di continuo. Quante patologie ha scatenato il pur salvifico confinamento, soprattutto le ansie di costrizione e di percezione della prigionia, da molti sentita come un insulto, vedi le patetiche esternazioni pubbliche di qualche giorno fa in Senato di Andrea Bocelli, che ha perso un’altra occasione per tacere per poi dire di essere stato frainteso (!).
Il fatto che gli Uffizi siano vuoti di italiani, in un periodo in cui gli stranieri in Italia sono pochissimi, ha spinto probabilmente il direttore del museo a realizzare questa bizzarra promozione attraverso l’influencer di grido. Chissà se Chiara Ferragni mostrasse il link di quell’aria di Monteverdi sul suo profilo Instagram affermando che anche quello è un monumento della memoria dell’Italia e del gusto; altrimenti, senza una continuità, saremo gli ultimi a capire la bellezza di quella musica e delle nostre radici e, soprattutto, l’importanza dell’interpretazione di quella cantante che vi propongo. Perché ormai il cervello della gente è talmente piatto che si ascoltano solo gli influencer e ciò che suggeriscono, dal piatto esotico al cocktail di grido, dal foulard in e quello out all’acconciatura che spopola. O si riparte dall’istruzione, con investimenti umani e mediatici adeguati o la barbarie, che è già qui, se lo prenderà tutto, questo paese (capito, Azzolina? Seh, vabbè…). E allora passeggeremo, come si fa oggi in molti luoghi, tra pittoresche rovine come a Pompei, senza capirne nulla, pure scenografie da serie tv pseudostorica. Forse, nelle intenzioni del direttore del museo, si vuol far capire che la cultura può essere un valore. Di consumo, naturalmente. Ma, almeno, anche se una persona su cento si dovesse avvicinare agli Uffizi, potrebbe essere comunque un successo. E, forse, potrebbe anche succedere che uno su dieci di quei visitatori influenzati riesca a comprendere i significati e i misteri della Venere e della Primavera di Botticelli. Forse, eh, non è detto, ma è un tentativo.
Dai, Chiara, inserisci il link di Monteverdi che ti fornisco qui sul tuo profilo e dicci che Leone lo ascolta tutto il giorno andando in estasi. Potresti salvarlo dall’oblio, Monteverdi, prima che una cortina di ferro cada sulla musica dal vivo e sulla classica. Forse potrebbe essere più fondamentale del tuo meraviglioso, accattivante, poderoso, eccitante lato B.
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