Costume
Il silenzio è già una risposta
Ci sono detti che tutti sanno, e si pronunciano in automatico. Quello nel quale capita più spesso di imbattersi è: Chi tace acconsente. Una massima incline alla verità quando la comunicazione era live, guardandosi in faccia, e non c’era altro modo per conversare, scambiare opinioni, chiedere consiglio. E pure al telefono, ci poteva stare il silenzio assenso. Ma nella babele di messaggi scritti dell’oggi tutto connesso non vale più. Abbiamo avuto tutti l’esperienza di mandare un mail, un messaggio, insomma parole spedite in un qualunque veicolo online. Con proposta lavorativa, consulenza, invito. Lasciamo da parte provocazioni da social o addirittura insulti, tunnel nei quali si infila solo chi ha una certa perversione onanista. Restiamo ai contatti di stimolo, scambio, lavorativi e non. Inviamo la nostra, ma la risposta non arriva. Chi non accetta quella che ritiene maleducazione riscrive, ribadendo, chiedendo spiegazioni, magari dimostrandosi deluso, se non incazzato. E il silenzio si fa invece ancora più assordante. Perché chi non ha tempo per te, troverà una ragione in più per non averne dandoti del rompicolgioni. Il detto si è ribaltato: chi tace si nega. Chi tace fugge. Logica brutta, senza stile, ma alla quale abbiamo ceduti un po’ tutti, non solo il professionista affermato e sopraffatto dalle richieste di contatto. Siamo tutti immersi in un’abbondanza di interazioni. E per difendere il nostro tempo utile il silenzio diventa già una risposta. La più economica, d’energia e tempo. E a volte la più chiara. Perché nella sgangherata gestione della nostra sopravvivenza relazionale, ogni volta che scriviamo – o buttiamo lì emoticon per non dover pensare troppo o per liquidare con partecipazione – rischiamo la superficialità, o peggio ancora, il malinteso. Il disagio è comune, diffuso, e siamo diventati tutti più tolleranti alla mancanza di stile. Ci si accontenta di un livello più basso di comunicazione. Adeguati a questa fase triste dell’evoluzione umana.
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