Costume
Il mondo delle fiabe
Trattati sulle fiabe lunghi un post. Con tanto di spolvero delle 200 che Calvino ha scovate e tradotte dai dialetti nel libro Fiabe Italiane, un tomo che chiusi sfinito dopo venti pagine. Sono solo un libidinoso: se mi annoio, abbandono. Una valanga di social post col petto in fuori e il ditino ciondolo partoriti per dargliene tante alla Cortellesi, rea di aver fatto il botto, in primis, e poi pure cancel culture, meglio detta Correzione del mondo, sul bacino d’oro della Disney. Lo so che tali fiabe esistono da parecchio prima, ma la Disney ne ha fatto pane e pop.
Poi, ecco, finalmente, la versione integrale del suo discorso all’Università Luiss. E i titoli con virgolettato della povera stampa italica si rivelano vigliacchetti, morbosi.
La regista ha dato la sua esperienza, piazzandoci qualche battuta sulle fiabe, che se le guardi bene, da adulto, nei suoi personaggi, negli snodi narrativi, fanno ridere. Erano solo passaggi classici, il leggero, anche facilotto, a inframmezzare il discorso più ampio, serio, sentito. Identica operazione del suo film. Sospeso tra commedia cabaret e dramma. Con siparietti musical. In sostanza, ha fatto se stessa. “Costruendo però una storia che sta in piedi, con un paio di grandi intuizioni, e un messaggio che ha fatto breccia”. Il virgolettato è per il tono, da recensore di mestiere, ma l’io libidinoso non ha vibrato. L’emozione profonda che ha riempito le sale, non mi ha abbracciato. E sono uscito analitico. Su quel bianco e nero troppo patinato per farsi carne. E sui personaggi, che anche qui, come nelle fiabe dette, hanno zero, o quasi, sfumature. Quadrati nella loro cifra. Dal marito troppo ottuso, per farne un vero cattivo, al suo padre, becero esasperato. Quei due ragazzini vuoti, capaci solo di appiccicarsi e insultarsi ogni volta che entrano in scen o la probabile suocera, puzzona come stereotipo Vanzina. Per chiudere alla dottor Jekyll e mister Hyde del promesso sposo, tutto sorriso e gentilezza che si fa d’improvviso aguzzino. Personaggi finti, al dunque. Ma come cantava Bennato: Ogni favola è un gioco/ che si fa con il tempo/ ed è vera soltanto a metà. E quella è bastata.
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