Costume
Il feisbukiano riluttante
Tra tutte le stupidaggini che si scrivono “intorno” a facebook – e che spesso vengono scritte proprio “su” facebook – la più stupida è quella che la pretende territorio deputato alla stupidità.
E’, questo, un luogo comune a larghissima diffusione in quella mezza cultura che costituisce la spina dorsale intellettuale di questo paese e possiede la caratteristica della profezia che si autoavvera. Chi infatti se ne fa portavoce contribuisce, già solo per questo, proprio a quella stupidità che denuncia e lo fa in maniera particolarmente efficace.
Dovrei usare numeri a parecchie cifre se volessi contabilizzare approssimativamente le volte in cui – ovviamente su facebook – ho letto frasi come:
“E’ un argomento troppo complesso per affrontarlo su facebook”
oppure, cambiando l’ordine dei fattori:
“Facebook non è il posto adatto per discutere di cose così serie”.
Questo genere di epitaffi redatti in nome dalla più ritrosa delle intelligenze, trova posto sempre in calce a commenti che non si contraddistinguono per intelligenza – neppure pudicamente espressa – e che fanno riferimento a profili – se ci si prende la briga di indagarli – dai quali, insieme alla intelligenza latita anche la più elementare capacità di espressione.
Bacheche ridicole da cui tutto quello che emerge è o una coglioneria condita di spirito di patate oppure un narcisismo che della precedente ritrosia fa carne di porco.
Ma questo non è, poi, troppo contraddittorio.
Infatti ciò che dovremmo acquisire dalle pietre tombali di cui sopra è proprio che facebook non può essere altro che un parcheggio per imbecilli.
Una specie di Disneyland della minchioneria gratuita che loro, con nobile condiscendenza, frequentano…sì adeguandosi…ma con piglio filosofico.
Purtroppo, quando si tratta di dar di piglio e, quel piglio, manifestarlo si accapigliano con se stessi.
Mettono il broncio e fanno i ritrosi:
”oh! Caro…non è questa la sede…non è questo il momento…”.
Momento e sede sono sempre altrove.
Ma poiché quella sede e quel momento rimangono un perenne mistero allora, riguardo alla ritrosia di questi soggetti, non mi sovviene altra motivazione che un’assoluta incapacità di esprimere alcunché attraverso la scrittura.
Ora, non c’è nulla di male a non avere con la penna – o la tastiera – dimestichezza sufficiente a farti esprimere un concetto qualsiasi – semplice o complesso – in un numero di parole non strabocchevole.
Solo che non si capisce la ragione per non dichiararlo con franchezza:
“Caro amico, non so affrontare l’argomento perché non sono in grado di esprimermi in maniera adeguata. Mi dispiace ma devo rinunciare.”
Invece no:
“Facebook non è luogo adatto a…”
“Ciò che ho da dire è troppo complesso per…”.
Il fatto è che, se si è in grado di mettere in relazione cervello e scrittura, qualsiasi pensiero – perfino il più intricato – è esprimibile – fatta eccezione per ciò di cui non si può parlare…e di quello, come disse il filosofo, occorre allora tacere.
Ma è proprio questo, temo, il dramma del ritroso feisbukiano: egli non solo non sa scrivere. Non sa neppure tacere.
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