Costume

Il dopo elezioni, visto da un caffè di Atene

21 Settembre 2015

Il dopo elezioni, visto da un caffè di Atene. Insomma cosa è davvero successo in Grecia a queste ultime elezioni? Tsipras è stato coraggioso, od opportunista? Quanto rappresenta davvero i greci? Al Kafeneio Ta Kanária, nel cuore di una zona centrale, cool ma povera, di Atene, si incontrano opinioni diverse ma che un po’ di cose sulla Grecia di adesso le raccontano.

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La Grecia ha di fatto scelto il suo primo ministro. O meglio, la nazione intera ha lasciato che SYRIZA si confermasse primo partito, ma solo metà (il 55%, ricordiamo) dei greci ha parlato. L’altra metà ha detto che non sapeva o voleva decidere. Il panorama è molto chiaro, con SYRIZA e Nea Dimokratia che sono i due principali partiti. La differenza a favore di SYRIZA è ciò che soprende, perché il partito di Tsipras non mostra quasi di aver sofferto la débâcle d’inizio estate, il deteriorarsi delle trattative, il referendum etc.

Cominciamo da Dimitra, che Ta Kanaria lo gestisce e lo ha aperto nel 2008. Lei, circa 35 anni, non originaria di Atene ma della Grecia centrale, non ha votato. Non vota da anni, dice, perché non crede di poter veramente scegliere, e non si sente rappresentata da alcuno dei partiti politici. Dice anche che il suo bar, diventato subito molto popolare, non va male e non va bene; si fa fatica, eppure si sopravvive. Il bar è spesso pieno, di una clientela locale e varia, a maggioranza 25-35 anni, ma con anche persone più grandi. Per inciso, oggi ci ha detto che, ogni tanto, si vede qui anche l’ex ministro delle finanze Tsakalotos, il sostituto di Varoufakis. Vedremo se lo s’incontra uno di questi.

A., sui 40, dice di aver invece votato SYRIZA, non convinta, ma di aver votato perché non c’era altra scelta. Nonostante tutte le contraddizioni, interne ed esterne, ha preferito essere rappresentata da un partito meno compromesso con il rovinoso passato politico degli anni passati. Il suo amico Th. invece lavora qui. E quando ma non lavora, siede spesso al bar, fuma e beve. Circa 42 anni, lui ha votato KKE, il partito comunista greco. E non è certo la prima volta.

Un gruppo di ragazzi, 25-27 anni, dichiara tranquillo di aver votato, compatto, SYRIZA. Due lavorano per 500 euro al mese in un bar di Glyfada, un sobborgo benestante di Atene, in una gelateria. Una ragazza è senza lavoro, e ha studiato ingegneria. Un ragazzo, dall’aria un po’ assente, si occupa invece di impianti di aria condizionata.

Nessuno qui sembra aver votato Nea Dimokratía, e in ogni caso nessuno qui dichiarerebbe idee che non siano, pur con diverse sfumature, di sinistra. Ma nessuno si dichiarerebbe nettamente convinto da SYRIZA, e così il gruppo di ragazzi, simpatici e un po’ ingenui. Una di loro dice, con aria vagamente sognante, di voler aprire prima o poi un bar dove si fa (vera, dice lei) musica tradizionale.

Qualcosa di diverso ci dice N., 38 anni, lui pure cameriere in un bar del centro. Lui benché non un sostenitore convinto della prima ora, si dice molto deluso da SYRIZA, che aveva avuto il suo voto in gennaio. Dalle sue parole, si capisce che quel voto era dato credendo sinceramente ad una credibile alternativa politica, interna e soprattutto nei confronti delle controparti europee. Il referendum d’inizio estate, ammette, è stato una presa in giro, e ancor di più lo è stato la successiva ratificazione del terzo accordo. Ora pensa che Tsipras e co. appaiano semplicemente più “nuovi” rispetto agli altri, ma che nessuno abbia davvero interesse, né soprattutto la forza politica, di decidere alcunché.

M., 30 anni, madre di due bambini e commessa in un negozio del centro, concede un’altra opinione contraria a SYRIZA, ma più complessa: secondi lei, nel partito è in corso una vera normalizzazione, un processo attraverso cui il partito si unifica, si libera delle frange più radicali, e diventa il sostituto del PASOK, l’ex socialdemocrazia ellenica, ormai distrutta dagli scandali e ormai senza più spazio politico. La trasformazione di SYRIZA, e del sistema politico ellenico, si dirige verso un chiaro bipolarismo. In questo processo, il partito di Tsipras non potrà che normalizzarsi – in parte costretto dal fatto che probabilmente non avrà la forza politica di ritrattare nulla delle condizioni sottoscritte in agosto ratificando il terzo memorandum d’intesa.

Un’altra signora, forse quasi cinquantenne, ci dice che ha votato, ma non cosa. Lei dice che era sbagliato andare a votare, e che questo è stato perché per Tsipras era l’unico modo di non scomparire. Ma una volta che le elezioni si tengono, è sbagliato non votare. Tanti della sua famiglia non hanno votato perché, lavorando ad Atene, erano lontani dal seggio, e non volevano/potevano spendere soldi per il viaggio. Dice che Tsipras piace alle donne, che è giovane, e che questo conta nel suo successo. Ma dice anche che non dovrebbe prendere in giro i greci con parole poco chiare, e promesse di cambiare ciò che non può evidentemente cambiare.

Alcune delle voci al Kafé Ta Kanaria, nel giorno che segue immediatamente le elezioni. Gente di Atene con poco lavoro -e spesso non buono. Il tutto appare come un piccolo mondo, anche accogliente, lontanissimo dalle logiche della politica. Qui Tsipras ha certamente vinto. Non è però così ovvio sostenere che lui abbia avuto coraggio, decidendo di far votare la Grecia a così breve distanza dagli avvenimenti dell’inizio dell’estate. Credo piuttosto che il fattore decisivo l’abbia giocato un calcolo politico, certamente legittimo, e senza dubbio ben fatto. Ancora la Grecia non ha avuto modo di sviluppare un’alternativa politica né ideologica – e come poteva, ci sembra di dire guardandola dal Kafé Ta Kanaria, in queste condizioni, con questo timing degli eventi e delle scadenze europee, con il mondo intorno che cambia così rapidamente?

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