Costume

Evviva, i ragazzi ripudiano la religione (ma anche la politica)

20 Ottobre 2015

A tutti gli smarriti di stato, che strillano oggi dell’invadenza papalina sulle vite altrui, sulle famiglie che si allargano e si allungano, sui pericoli che il fantasma del gender si prenda tutto il palcoscenico, andrebbe anche detto che questo Papa ce la mena poco, assai poco, sugli stili dissennati di vita, essendo sparito dai radar del porno il Caimano che tutte le nostre perversioni comprendeva e che in qualche modo sollecitava per via competitiva. Smessa questa pratica porno-persecutoria che per qualche anno ha vellicato la nostra spicciola etica politica e magari ispirato qualche Boffo di complemento, ora le forze vaticane si rituffano su un evergreen come l’identità familiare messa a durissima prova dai tremolanti catto-sinistri del Pd che non metterebbero paura a un pretino di campagna e figuriamoci al Sinodo al suo completo con uso di Binetti. Ma ognuno deve pur fare il suo sporco mestiere, per cui assisteremo ancora per qualche tempo a un gioco delle parti di memoria antichissima (e per non dimenticare: Craxi come avrebbe risposto a monsignor Galantino, visto che Renzi ha incassato senza battere ciglio?), in cui i contendenti se le danno fintamente di santa ragione sino a definizione finale del nulla, come accadde già plasticamente per la fecondazione assistita.

Epperò. Basta mettere fuori il naso dai salotti parlamentari per accorgersi che mai come in questo momento la debolezza della Chiesa cattolica è lì da toccare e qui non si parla dell’endemico dissanguamento della fede che allarma gli economisti vaticani che inseguono i numeri come farfalle. In quel caso, cattolici che lo furono decisero un giorno di non esserlo più e le ragioni abbondano per non definirli nè avventuristi nè stolti. Fatto sta che il lavoro di Francesco è esattamente questo, riportare le pecorelle smarrite nel recinto malinconicamente abbandonato. Ma ciò che invece dovrebbe allarmare gli uomini più sensibili che gravitano intorno a Bergoglio, e al tempo stesso  preoccupare la politica impotente, è semmai il processo contrario, di chi in quella fede non desidera entrarci da subito, e cioè dal momento in cui si comincia a formare un pensiero autonomo, identificandolo con gli anni del liceo. La notizia, in fondo non così sorprendente ma clamorosa per la sua ampiezza, è che ai giovani non interessa, non appassiona, non fa battere il cuore il tema della religione (cattolica) e probabilmente delle religioni più in genere. Per cui le aule scolastiche, lo descrive Repubblica, si svuotano progressivamente nell’ora di religione e si svuotano di più, ovviamente, nelle regioni classicamente di sinistra Toscana ed Emilia, ma anche Piemonte, Liguria e Lombardia. E dove le classi sono praticamente deserte, magari con un solo studente o due che devono subire il prof di religione, il preside implora la Curia di accorpare. Ma niente, forte degli accordi con la stato italiano il Vaticano si oppone come salvifica punizione.

Di questo scenario in continua evoluzione, la politica dovrebbe idealmente rallegrarsi, come sarebbe logico pensare nel riposizionamento di interessi che spesso divergono. E invece, ripiegata su se stessa, anche la politica non ha nulla di cui sorridere, perchè in fondo la radice che allontana i ragazzi dalla religione è la stessa che non li avvicina alla politica. Se sono gli esempi che mancano, questo è il tempo amaro della dissoluzione etica, se è la fede che latita, questa è l’epoca che con un tratto di penna ha cancellato ideali e passioni politiche, se è la spiritualità che vo cercando, questo è il momento più alto dell’assopimento culturale di un Paese. Dove, di grazia, i nostri bravi ragazzi dovrebbero trovare la fede che manca?

Riportarli alla politica, è impresa che tocca alla stessa politica e nulla potrà fare perchè nulla è, perchè sotto questo cielo la scuola ha abdicato al suo dovere primario dell’educazione. Chiedete ai vostri figli se della vita che scorre fuori dalle aule, ne sapranno mai qualcosa dai loro professori che proprio in aula dovrebbero riportarla con la passione e la saggezza didattica che abbiamo sempre attribuito alla nostra grande scuola. Si segue pedissequamente il «programma» e se qualcosa di tragico accade nel mondo, nessuno tocchi il programma. Non lo si fermi per raccontare il mondo, non se ne consideri la modernità intrinseca per poterlo raccontare anche meglio di come possono fare libri prestampati. È così che tornati a casa, adulti e ragazzi sfiancati dal nulla politico non hanno più nulla da condividere.

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