Calcio
Gigi Riva: la maglia nel cuore
In questi ultimi anni la depressione lo aveva irrimediabilmente colpito.
Il suo sguardo era cupo ed il suo volto visibilmente sofferente. A stento, a malapena, riusciva a sorridere e nonostante l’affetto e l’amore che sempre tutti universalmente gli hanno tributato, lui si rintanava in casa.
Gigi Riva, dicono le cronache, e’ andato via anzitempo: poteva sottoporsi ad una normale angioplastica ed è rimasto indeciso, voleva parlare con i figli, ma è sopraggiunto un arresto cardiaco ed il suo cuore non ha più retto.
Ecco,vedere un campione, un guerriero, un gladiatore dei campi di calcio, in questa fragile dimensione commuove.
Gigi Riva ha vissuto una terribile infanzia e lo ha detto: “la vita mi ha dato tutto, ma nessuno mi può restituire un’infanzia che non ho mai vissuto”.
Sui campi di calcio era maestoso; aveva dell’attaccante ogni connotazione : elevazione di testa, scatto repentino, senso dello smarcamento,potenza nel tiro.
Ma era ieratico, composto, si muoveva come un soldato antico in battaglia: impettito, con una cassa toracica che sembrava la corazza di un guerriero.
Quando correva, per fermarlo, i difensori dovevano solo fare appositamente fallo, azzopparlo come avvenne una volta in una partita disputata con la maglia della nazionale, per la quale ha dato tutto se stesso, onorandola come nessun altro atleta.
Gianni Brera lo soprannominò “Rombo di tuono”: frase sontuosa che raccoglie l’essenza della sua personalità; perché il tuono squarcia il cielo, rompe il silenzio, porta la paura;si manifesta l’ira degli dei. Allo stesso modo di come Riva entrava in area: con veemenza, con forza indomita, penetrava le difese che nulla potevano per arrestare l’onda fragorosa delle sue galoppate: impetuoso, dirompente.
Brera lo scrisse il 25 ottobre del 1970. Non in Sardegna, ma a San Siro, la Scala del calcio. Quel giorno il Cagliari campione d’Italia compie l’impresa contro l’Inter: 3-1 per i sardi, due gol di Gigi Riva. “Il Cagliari ha subito infilato e umiliato l’Inter a San Siro. Oltre 70mila spettatori: se li è meritati Riva, che qui soprannomino Rombo di Tuono”.
Se si osservava la sua figura in campo aveva un magnetismo peculiare: come quella dei bronzi di Riace,di una statua di Fidia, di una scultura di Michelangelo.
Era bellissimo e,come un eroe tragico, silenzioso: non parlava o semmai parlava con i suoi silenzi.
Non era sardo, ma lo divenne e sposò di quelle terre il senso del sacrificio, della lotta, della battaglia.
Era schivo.
I sardi sono di grande ingegno e portano dentro l’immensità del mare ed il silenzio arcigno, aspro di terre bruciate dal sole.
E Riva ha rifiutato i soldi del calcio capitalistico, poteva giocare in una squadra del Nord, ma non ha voluto lasciare la sua terra, vincendo uno scudetto, che vale oro ed ha un sapore migliore, altro, perché è la vittoria dei poveri.
Con Riva scompare l’atleta che porta la maglia della sua squadra nel cuore.
Non ha prezzo: è bellezza immortale.
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