Costume
Fermatevi, vi prego!
Fermatevi!
Un tempo saremmo rimasti addolorati davanti alle immagini televisive di una bara avvolta nel tricolore e piatta nera con la fiamma posata a ricordo; avremmo ascoltato il cordoglio del capo del governo e del ministro della difesa, avremmo sentito le parole del comandante generale dell’Arma rivendicare il ruolo della stessa incarnato nella morte del vicebrigadiere, caduto tragicamente nell’adempimento del suo dovere in una calda notte romana, e affermare compuntamente che i presunti responsabili erano già stati assicurati alla giustizia. Un sostituto procuratore avrebbe formulato i capi di accusa e sarebbe giunto il messaggio di cordoglio alla famiglia, agli italiani e al governo dalla ambasciata di Palazzo Margherita.
Una liturgia fanée, potremmo dire, ma necessaria a razionalizzare il lutto, un protocollo comunicativo di immagini e parole dove ci saremmo sentiti rassicurati dal fatto che ognuno stava facendo il proprio dovere “secondo la legge”, come fece il povero vicebrigadiere, dove la legge avrebbe confermato di essere più alta e più forte della offesa subita. E in questo avremmo trovato la ragione della nostra civiltà e dato la dimensione corretta al fatto.
No.
La pandemia dell’odio, la indisciplina del frustrato, i tempi sconvolgenti nella loro scapicollante immediatezza della politica hanno stravolto il fatto, il rito, il diritto, la vittima; la verità fattuale e quella giudiziaria.
Prima l’accusa ai neri che porta dritta ai lavori forzati, un’altra perla in-giuridica, improvvida, da boato del goal di un ministro propagata come le onde di un sasso nello stagno dai suoi onorevoli deputati e senatori ormai tutti dimentichi del significato di una legge, del buon senso della giustizia; poi dagli haters sociali per i quali il ministro vive e vegeta, dalle mezzetacche della politica aspiranti alla carriera fino al bar sport dei paesi delle valli e nella immancabile Via Roma, memore dell’Impero, dei paesi della bassa cotti dalla calura.
D’improvviso pure quella, ecco la retromarcia: bianchi e americani. E una ricostruzione che i Carabinieri avrebbero dovuto (forse voluto) comunicare a indagini chiuse non solo per dovere ma per come serve a una indagine che invece viene stravolta dai dubbi di mezze parole magari interne e non autorizzate rincorse poi per mettere una pezza da quelle autorevoli che però vengono ri-travolte di nuovo dalla ondata di dubbi, complotti, collusioni, imperizie, spifferi probabilmente interni degli aizzati dalla voglia di giustizia spiccia contro le lentezze del processo che si sentono legittimati dalla politica che vede nella osservanza dei diritti un ostacolo, ignoranza delle procedure, ma avallate da indici sui tasti, fakisti, siti dei giornali che hanno i siti ma non più gli inviati sul campo e che non possono non riprendere un tweet dopo un concorrente e sprovvisti di veline devono a loro volta indicare i dubbi come se il farlo fosse una inchiesta vera e non le parole a sopracciglia alzate seduti in redazione. E poi, chi la tira su per primo la battuta dell’ANSA? Un tumultuoso rincorrersi di animi senza pietas.
E alla fine il tragico epilogo, che non è la condanna del colpevole ma il presunto colpevole fotografato di nascosto manco fosse a Guantanamo, pubblicato evidentemente con il sapore in bocca della rabbia assetata di vendetta esercitata tramite il ludibrio, la vendetta che rinnega la giustizia, anzi giustizia è fatta, a umiliante monito per gli altri
E poi non finisce perché ovviamente ci si divide ma non da quelli che inorridiscono alla vista di un uomo chino bendato e ammanettato (e che compassionevolmente e individualmente erano inorriditi davanti alle fotografie delle fresche nozze del vicebrigadiere) ma tra quelli che quella rabbia non la possono sentire ma vogliono viverla socialmente e quelli che, cinici irresponsabili, la sanno lunga e dicono che le “ripassate” in caserma sono la regola, qui e altrove, quasi a legittimarle essendo uomini di mondo.
Un mondo non abbruttito: un brutto mondo. Un mondo nel quale noi, inorriditi, e il vicebrigadiere saremo gli unici a non avere giustizia.
Fermatevi, vi prego.
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