Costume
Facciamola finita!
Tra i simboli che possono rappresentare la legge sul testamento biologico, vi è Beppino Englaro. La sorte gli ha sottratto l’unica figlia, Eluana, in un incidente d’auto nel lontano 1992, lasciandogli soltanto un corpo, in uno stato vegetativo permanente.
La battaglia ventennale per ottenere che quel corpo fosse lasciato andare alla sua morte naturale, come Eluana avrebbe voluto, secondo la testimonianza della famiglia e degli amici e come pietà sempre vorrebbe. Nel 2009, mentre il Parlamento discuteva un precipitoso disegno di legge per impedire la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione ai pazienti in coma, forte di una sentenza, porto a compimento le volontà di Eluana. Dopo nove anni dalla morte di sua figlia Eluana, finalmente una legge sul testamento biologico. Prima invece ci fù il deserto. La volontà di Eluana, una ragazza forte e determinata con le idee chiare sulla vita e sulla morte, era stata ampiamente espressa.
Un anno prima un suo amico, a causa di un incidente, cadde in coma irreversibile, lei aveva pregato perchè , non soffrisse ed affrontasse il trapasso con serenità. Sciascia diceva: «A un certo punto della vita non è la speranza l’ultima a morire, ma il morire è l’ultima speranza».
Il caso di Eluana Englaro diventò di dominio pubblico e fu normale per ognuno chiedersi che cosa avrebbe fatto in una situazione simile. La politica non affrontò “il problema”, anzi non sfruttò l’occasione che Eluana gli stava dando, per analizzare e discutere di un tema che oggi ci sembra definito e chiaro, anzi, in pieno dibattito parlamentare, la morte della ragazza fu tradotta in un urlò: “Eluana non è morta. Eluana è stata ammazzata!”. Un urlo che fu un offesa verso un padre che non poteva far vedere quanto grande era la sua coscienza di uomo e quanto grande il dolore che affrontava.
Arrivare a quei livelli era veramente impensabile, addirittura l’allora ministro della Salute, Maurizio Sacconi, giunse a ricattare le strutture nazionali sanitarie che si fossero prestate a far riprendere a Eluana il processo del morire, come aveva decretato la Corte di Appello di Milano.
Visioni differenti da quelle di Alcide De Gasperi che come cattolico, pensava che la vita non è disponibile o di Palmiro Togliatti, da ideologo comunista, credeva che la vita non è tua, ma è della società.
Oggi si parla di D.A.T. (Disposizioni Anticipate di Trattamento) quando un determinato soggetto, si trova a dettare le disposizioni in ordine ai trattamenti medici ai quali intenda o non intenda sottoporsi laddove si dovesse trovare nell’impossibilità di esprimere in coscienza il c.d. consenso informato, ovvero laddove non dovesse essere in grado di manifestare con lucidità le proprie intenzioni circa i trattamenti cui dovrebbe sottoporsi.
Il ricorso alla D.A.T. si giustifica soprattutto nell’evenienza in cui un soggetto subisca lesioni che lo conducano progressivamente a riversarsi nella totale inabilità nella gestione della propria vita.
l’Italia anche se ha emanato una legge specifica sul testamento biologico solo nel 2017, disciplinando il consenso informato e le dichiarazioni anticipate di trattamento, già nel dettato costituzionale tali tematiche trovavano qualche punto di appoggio .
La norma di riferimento è l’art. 32, il quale dispone così al comma 2:
- “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Il c.d. consenso informato, in virtù del quale nessuno può essere sottoposto a un trattamento sanitario contro la sua volontà (salvo che la legge non disponga altrimenti) e senza essere stato prima adeguatamente informato su tutte le circostanze rilevanti.
Come anticipato poc’anzi, il nostro ordinamento si è arricchito di un provvedimento normativo specifico sul biotestamento solo nel 2017, con l’emanazione della legge 22 dicembre 2017, n. 219. Tale provvedimento, in particolare, ha introdotto in Italia il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, le cure sanitarie (nonché di revocare il consenso precedentemente prestato, ivi compresa la nutrizione e l’idratazione artificiale considerati, appunto, trattamenti sanitari), prevedendo una disciplina specifica per i minori di età e gli incapaci, per i quali il consenso o il rifiuto al trattamento sanitario è dato, in linea di massima, dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore, salvo l’intervento, in casi particolari, del giudice tutelare.
Tra i punti chiave della legge 2019 vi poi è l’esenzione da responsabilità civile o penale da parte del medico che però, non può esigere trattamenti sanitari che si pongono in contrasto con le norme di legge, la deontologia professionale o le buone pratiche clinico-assistenziali, la volontà del paziente va rispettata anche nelle situazioni di urgenza ed emergenza e le strutture sanitarie sono tenute a garantirne la piena attuazione.
Il medico inoltre deve fare poi quanto nelle sue possibilità per alleviare le sofferenze del paziente, sempre, garantendo l’adeguata terapia del dolore. Nonostante ciò, la legge sancisce il divieto di accanimento terapeutico:
- “nei pazienti con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati”.
Quanto alle Disposizioni Anticipate di Trattamento, la recente legge prevede che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione della futura incapacità di autodeterminarsi possa esprimere le proprie convinzioni in materia di cure e trattamenti nelle D.A.T. indicando anche una persona di propria fiducia che lo rappresenti nelle relazioni con medici e strutture.
Ultimo punto saliente della legge numero 219/2017 è rappresentato dalla pianificazione condivisa delle cure, che può aversi in caso di patologie croniche o invalidanti destinate ad evolversi con prognosi infausta. A tale pianificazione è tenuta ad attenersi tutta l’equipe medica ogniqualvolta il paziente si trova in condizione di incapacità o comunque in condizione tale da non poter esprimere il proprio consenso.
Un precedente giurisprudenziale, Cassazione civile, sez. I, n. 23707/2012, che afferma:
- “E’ la dignità umana il valore fondamentale a base dei dettami riferiti e su di essa converge il coacervo delle fonti giuridiche interne e sovranazionali, rappresentate dagli artt. 2, 3 e 35 della Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, vincolante dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dai principi di cui agli artt. 5, 9 e 21 della Convenzione di Oviedo che impongono di tener conto, a proposito di un intervento medico, dei desideri del paziente non in grado di esprimere la sua volontà, dall’art. 38 del Codice Deontologico nella formulazione del 2006, che impone al medico di tener conto di quanto precedentemente manifestato dal paziente in modo certo e documentato, dalla Risoluzione del Parlamento Europeo del 18 dicembre 2008 che reca raccomandazioni alla Commissione sulla protezione giuridica degli adulti, dal documento del Comitato Nazionale per la Bioetica sulle c.c. D.A.P. del 18 dicembre 2003 che ammette “sia preferibile far prevalere le indicazioni espresse dal malato quando in possesso delle sue facoltà”, dagli arresti giurisprudenziali della Cassazione n. 21748/2007 sul caso di Eluana Englaro, della Corte Costituzionale n. 438 del 2008 in materia di consenso informato…
Tutto ciò pone l’attenzione alla tutela della persona tout court ed al rispetto della sua volontà, il valore della dignità riferito sia al soggetto capace sia all’incapace, si esprime nella autodeterminazione della persona attraverso l’atto di designazione.
La Corte Costituzionale, nel caso di DJ Fabo e Cappato, ha chiesto:
- “Il parlamento intervenga sul suicido assistito, faccia una legge entro un anno. Quella attuale ha vuoti di tutela”.
Una sorta di ultimatum alla politica assente, per non intervenire in temi etici come accaduto in passato.
“La Corte – dice Marco Cappato, dell’Associazione Coscioni- ha riconosciuto le nostre ragioni e dà un anno di tempo al Parlamento per fare ciò che chiedevamo da 5 anni. E’ un risultato straordinario, arrivato grazie al coraggio di Fabiano Antoniani e alla fiducia che Carmen e Valeria mi hanno dato per la mia azione di disobbedienza civile. Ora il Parlamento ha la strada spianata per affrontare finalmente il tema e per discutere la nostra proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale, come sta accadendo nel Parlamento spagnolo. Senza contare che nel contratto di governo si impegnano proprio a discutere le leggi di iniziativa popolare e quella sull’eutanasia lo è”.
La politica deve adesso affrontare lo spinoso quanto complicatissimo tema dell’eutanasia. Sino ad oggi sono più di 650 le persone che hanno chiesto aiuto, informazioni alla Coscioni per andare a morire in Svizzera dove il suicidio assistito è legale. Il comunicato della Consulta fa notare che “l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti”. Per consentire al Parlamento di intervenire, la Corte ha rinviato le sue decisioni all’udienza del 24 settembre 2019.
Marco Cappato, esponente dei Radicali e dell’associazione Luca Coscioni, accompagnò DJ Fabo in una clinica svizzera e poi si autodenunciò, finendo sotto processo a Milano dove i giudici dopo averlo assolto dall’imputazione di istigazione al suicidio hanno chiesto l’opinione della consulta sull’articolo 580, approvato durante il regime fascista, che parla proprio di istigazione e aiuto al sucidio, non più adatta agli interessi e ai diritti all’autodeterminazione.
“La Corte costituzionale – commenta il procuratore aggiunto milanese Tiziana Siciliano – sembra confermare appieno le valutazioni con cui la Procura di Milano aveva sottolineato come l’attuale normativa non consentisse un adeguato bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti”.
I giudici di Milano hanno analizzato con attenzione le sentenze sui casi Welby ed Englaro, le pronunce della Corte europea dei diritti dell’Uomo sul fine vita, la legge sul biotestamento, che hanno via via ritoccato il perimetro dei diritti del porre fine alla propria esistenza quale “libertà della persona”.
Sembrerebbe che nella loro visione futuristica, i padri della costituente avessero previsto anche questo, contrastando alla base quelli che erano i dettami del codice penale fascista e anche l’inerzia del legislatore, che per non assumere forse una posizione rilevante rispetto all’elettorato, nonostante le varie sollecitazioni, non si è mai determinato a regolare la materia dell’eutanasia medicalmente assistita.
Questo articolo lo dedico a Beppino Englaro.
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