Costume
Educazione sentimentale: l’amore contro la violenza di genere
Quasi tutti i giorni, ormai quasi sempre, si uccidono donne.
Mariti, conviventi, fidanzati, amanti, partner, ex-partner, ma anche padri e fratelli, diventano assassini.
Ma che cosa era la vita di queste donne uccise? Una vita “normale” o sono state a lungo ostaggio, sottoposte ad una violenza continua, pesante, feroce da cui forse hanno cercato di fuggire, hanno cercato un riparo?
Purtroppo le loro urla, le loro denunce, sono rimaste inascoltate. Vite che già portavano i segni di una fine annunciata.
Leggete ora con attenzione queste frasi sulle donne:
– «Ama essere presa con violenza».
– «È nell’ordine della natura che le mogli servano i loro mariti».
– «La donna è fatta per piacere ed essere soggiogata».
– «La donna è un maschio menomato, un sacco vuoto, un individuo castrato».
Possono essere frasi di ragazzi da bar, o tratte da uno delle centinaia di post che si leggono sui social network. Parole intrise di un disprezzo, forti, pesanti ma che è inutile negarlo, sono sentite e risentite e che fanno parte della nostra quotidianità.
Purtroppo non è così. La prima frase è di Ovidio, la seconda di Sant’Agostino uno dei padri della Chiesa, la terza di, Jean-Jacques Rousseau uno dei grandi pensatori della cultura europeo e l’ultima fu invece detta da Sigmund Freud, padre della psicanalisi.
Il filo conduttore è unico: la connotazione della donna come essere stupido, diabolico, inferiore.
Connotazione che plasma la mentalità di tanti uomini che, consciamente o meno, finiscono per assorbire i precetti di un pregiudizio vecchio come il mondo, che sfocia nella violenza e nel sangue.
Ma è un problema solo italiano? No, in Europa il quadro non migliora: anzi, il tasso di violenza in Italia è tra i più bassi del continente, nei Paesi del Nord Europa siamo a livelli pari al 50% dei casi di violenza rispetto alla popolazione femminile, anche se l’evidenza delle azioni violente ha un tasso “di tollerabilità” molto più basso è si denuncia più facilmente perché la consapevolezza del fenomeno è maggiore.
Abbiamo quasi sempre davanti vite fatte di soggezione e di paura, e poi di eliminazione e di morte, di disprezzo a cui queste donne sono state assoggettate. Una vita senza libertà, arrivando fino alla cancellazione fisica, a volte con alibi assurdi, come l’amore, la gelosia o il timore di perderle.
L’uccisione di una donna, corrisponda ad una pulsione identitaria profonda, quasi che la morte della persona più debole fosse un atto dovuto, liberatorio di un proprio se maschile messo in dubbio dalla libertà dell’altra. È evidente che la violenza sulle donne rappresenta l’ultimo tentativo di ristabilire con la forza uno storico potere degli uomini che di recente è stato eroso e compromesso dalle conquiste paritarie delle donne. È un errore ritenere che il femminicidio sia espressione delle classi più povere e deprivate. Un problema profondo che coinvolge e sconvolge una società, quella italiana ed europea, che piange e s’indigna ogni volta che salta fuori un nuovo fatto di cronaca, ma che poco si interessa alla prevenzione di questa ferita che ogni anno rischia di farsi più profonda. Bisogna trovare una cura, è necessario che il fenomeno patologico non diventi cronico, sopportabile, un dato statistico nulla più. Qualcuno ci prova. Dal quest’anno scolastico il Consiglio regionale piemontese e l’Associazione Filosofia in Movimento porteranno l’educazione sentimentale nei licei di tutto il Piemonte.
Un progetto che supplisce la mancanza d’iniziativa delle istituzioni nazionali e per dare un senso all’applicazione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne.
La convenzione chiede infatti agli Stati che l’hanno approvata, di introdurre l’educazione all’affettività, ha trovato applicazione quasi in tutte le scuole in Europa, eccetto che in Grecia e in Italia. Portare l’educazione sentimentale nelle scuole permetterebbe ai ragazzi di acquisire conoscenze e strumenti che gli consentano di diventare degli adulti in grado di avere una vita affettiva equilibrata.
Ma l’intervento legislativo deve esserci e deve perimetrare ciò che la cultura civile ritiene giusto e lecito.
Oltre a punire, c’è bisogno di una legislazione che si opponga alla cultura dell’ odio e della violenza diffusa contro le donne, favorendo il cambiamento delle mentalità, attraverso una educazione al rispetto dell’altro.
Un uomo violento che picchia abitualmente la moglie o la compagna, magari davanti ai figli ritiene che questo comportamento ri-educativo della partner, sia pure educativo per i figli e le figlie, insegnando loro, attraverso i comportamenti quotidiani quale sarà il loro ruolo in una vita futura.
Quell’uomo ha avuto esempi analoghi in famiglia e oggi ripete ciò che ha visto fare, gesti violenti, parole arroganti che ha ascoltato, acquisendoli come legittimi. Deve essere superata ormai l’idea perversa che la forza risolva i problemi, a tutti i livelli.
Bisogna assolutamente cercare percorsi diversi, nuove forme di dialogo, che creino una relazione positiva e simmetrica tra i sessi, ma principalmente che sia diffusa in tutta la società, a partire dall’educazione dei figli, dando uguale valore e chances ai maschi e alle femmine, deve partire dalle scuole in cui nell’insegnamento e nei libri scolastici sia presente un’ottica di genere, in cui nella normale prassi scolastica sia consentito alle femmine quello che è consentito ai maschi, dalla formazione di insegnanti consapevoli che il loro lavoro non si esaurisce nella didattica, ma va ben oltre anche con il messaggio implicito dei loro comportamenti.
La prevenzione si fa a partire dal mondo giovanile che cambia e si oppone alla violenza, si esercita dando asilo nei centri antiviolenza a donne e bambini in fuga dalla violenza, coltivando l’autoriflessione e la presa di coscienza da parte di uomini “malati” di violenza.
Ma la violenza viene perpetrata anche attraverso i social network, strumenti di cui gli adolescenti fanno larghissimo uso e che hanno, di riflesso, un grande effetto sul loro comportamento.
L’intermediazione dello schermo procura sempre più spesso l’incapacità di stringere rapporti affettivi profondi, diversi dai rapporti fugaci come quelli che si intrattengono in chat.
I ragazzi non sanno più come corteggiare ed entrare in relazione reale con l’altro, diventando aggressivi; le ragazze non riescono più a lanciare i giusti segnali, tutto ciò crea cortocircuiti affettivi.
Spiegare ai più giovani i cambiamenti nelle relazioni tra i sessi, superare culturalmente ogni tipo di violenza di genere, sfatare i pregiudizi sempre esistiti sull’inferiorità della donna, educare al rispetto reciproco: l’educazione sentimentale vuole e deve fornire ai ragazzi gli strumenti per vivere in un ambiente affettivo sano. Puntando sulla prevenzione e restituendo centralità alla scuola, una novità in un contesto in cui istruzione e cultura sono costantemente screditati.
La violenza di genere è una realtà che viene alla luce solo quando accade la disgrazia clamorosa. Solo allora le coscienze si smuovono, le persone parlano, si manifesta lo stupore e la contrarietà all’atto violento.
Queste sono reazioni impulsive, inefficaci, il problema non si risolve così, bisogna aggredire le cause all’origine, partendo dai giovani, partendo dalle scuole.
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