Costume
Della sottovalutata fragilità dei cabbasisi
Chissà perché, ma proprio chissà perché, si deve buttare il tempo a discutere se questo non sia un paese per giovani o per vecchi. Siamo sempre lì. Il peggior nemico dell’epoca in cui viviamo è la semplificazione. L’antico e sempre valido, demagogicamente, atteggiamento manicheo che consiste nel contrapporre i buoni e i cattivi ha sempre un certo appeal verso chi vuol trovare facili capri espiatori e dare le colpe a questo o a quello per trovare seguaci. Per esempio si lamenta l’eccessiva presenza dei vecchi, in questo paese, i quali, addirittura, secondo le trovate demagogiche del momento del Grillo parlante, dovrebbero smettere di votare perché il futuro non è più loro ma dei “giovani”. Giovani che, una volta al potere, abbiamo visto annaspare nell’inesperienza più totale, combinando un pasticcio dopo l’altro. Ma non perché giovani e basta. Perché non è neanche così, proprio per non seguire la corrente antigiovanilista. Ci sono giovani e giovani, come ci sono vecchi e vecchi, come ci sono uomini e uomini e donne e donne.
La contrapposizione di due entità favorisce, per l’appunto, la concentrazione dell’attenzione su dettagli, e nemmeno così importanti per la soluzione del problema che invece dovrebbe essere presentato nella sua interezza e che riguarda non l’età anagrafica, appunto, ma il grado d’istruzione e d’intelligenza che dovrebbe caratterizzare le Persone.
Si parla dei cervelli in fuga ma non si parla dei cervelli fuggiti dalle scatole craniche o rimasti inutilmente in quell’angusto spazio a non far nulla o, peggio, a far danni. E se si parla dei cervelli in fuga si tende a privilegiare i giovani, che emigrano in massa impoverendo il paese di risorse, senza mai specificare più di tanto che spesso alcuni veri cervelli che restano, restano per sopraggiunti limiti di età, perché, quando si è “vecchi”, si diventa non più buoni per nulla e si viene buttati via, quando non considerati, proprio da quei giovani che si vantano di saperla lunga, anticaglie da rottamare.
Questo è stato il messaggio grillesco e renziano. Si è visto come sia finito all’uno e all’altro. Entrambi prigionieri del proprio narcisismo e dell’autoreferenzialità hanno creduto di rottamare delle cose, buttando via il bambino coll’acqua sporca, ma in realtà ciò che hanno rottamato è l’intelligenza delle persone, la pazienza nel costruire qualcosa, un approccio razionale alle cose e non unicamente emotivo. Perché per costruire qualcosa di valido e duraturo ci vuole pazienza e perizia, soprattutto studio, uno studio continuo e programmatico, un adeguamento che non conosce giorni di riposo.
Pure la superstar svedese, ora tornata a casuccia sua, dopo les années de pèlerinage pel mondo su barche milionarie a propagare il suo verbo, ce l’ha coi vecchi, incolpandoli di averle rubato il futuro. In effetti chi le ha rubato l’adolescenza e il futuro sono stati proprio i suoi vecchi che l’hanno spinta in quest’avventura al di là della sua portata, segnandola irrimediabilmente, perché appena si esaurirà la moda del momento, Greta diventerà una statua del museo delle cere: ah sì, c’è stata anche lei… com’eravamo ingenui, allora, che pensavamo che fosse giunta tra noi per salvare il mondo. Però la rabbia, alimentata dalla sua sindrome, che la fa concentrare su idee fisse, è rivolta all’intera classe di adulti, colpevoli di non averle preparato il futuro, come se il diritto al futuro ce lo avessero solo lei e i suoi giovani adepti. E milioni di giovani (e meno giovani) le vanno dietro come i topi dietro il pifferaio magico, senza riflettere. Gli adulti, del futuro non devono neanche parlarne.
Ecco, se c’è un bilancio da fare a fine anno è proprio questo: fare il punto della situazione della propria intelligenza e della sua agibilità e fermarsi a riflettere per cercare di recuperare il recuperabile. E riguarda tutti, vecchi, giovani, donne, uomini, sardine, squali, stelle, asini, tartarughe, sorellastre e fratellastri, capitani e capitane, nutellomani e dietomani e tutte le corti dei miracoli di cui si circondano soprattutto i politici.
Io, come molti altri vecchi, ho i cabbasisi stracolmi dei luoghi comuni e della stupidità e, finalmente, dopo una vita passata all’ombra del cosiddetto politicamente corretto, posso permettermi di dire ciò che osservo senza timore di essere smentito o di essere accusato di scorrettezza.
P.S. Cabbasisi, nella mia lingua d’origine, ricca di influenze greche, latine, arabe, francesi, iberiche e teutoniche, significa “bella bacca” (dall’arabo habb aziz) e si riferisce non a bacche, che sarebbero frutti, ma a dei rizomi ovoidali di una pianta mediterranea, il Cyperus esculentus, var. sativus, noto comunemente in Spagna come chufa, zigolo dolce da noi. In Spagna viene coltivato per l’uso di quei rizomi, che sono triturati e fatti rinvenire in acqua. Si produce così l’horchata, che, se non per l’aspetto, non ha niente a che vedere coll’orzata, che a sua volta non ha niente a che vedere coll’orzo ma colle mandorle. L’horchata di chufa è, comunque, buona e dissetante, o, almeno, incontra i miei gusti. I rizomi ovoidali, naturalmente, sono assimilabili esattamente alle parti anatomiche che avete capito voi e in questo senso sono usati con gentile e botanico eufemismo.
© dicembre 2019 Massimo Crispi
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